Potrà sembrare un paradosso, ma è fondamentale, a un certo momento del processo di formazione, liberarsi anche della volontà, che di certo ha un ruolo nelle fasi iniziali. Sappiamo bene, infatti, che non è con la volontà che si decide dove va messa la voce, quando attaccare, quando muovere gli intervalli, ecc. Raccomando sempre di leggere il libro "Lo Zen e il tiro con l'arco", e mi colpisce molto quell'esempio fatto dal maestro: pensa a un neonato che ti prende il dito e lo rilascia non quando la volontà lo impone, ma quando egli è attratto da qualcos'altro. Così non è la volontà che ti guida a rilasciare la corda dell'arco. Anche nel canto noi... lo sappiamo quando e come rilasciare la voce, ma abbiamo paura che non sia il momento giusto, che il maestro ci rimproveri, ecc. Noi lo sappiamo e in linea di massima sappiamo di saperlo, ma preferiamo seguire indicazioni esterne o interne ma in quest'ultimo caso non spontanee ma dettate da regole e, per l'appunto, volontà. Se è la nostra coscienza, la Conoscenza, che ci hanno spinto a seguire la musica e il canto, dobbiamo lasciare che possano agire guidando la nostra fisicità, come la nostra mente razionale non saprebbe assolutamente, essendo l'arte qualcosa di totalmente estranea alla nostra vita materiale. Però apprende! Se ci lasciamo andare e permettiamo alla Conoscenza di agire per noi, la mente imparerà che è possibile fare qualcosa che le era oscuro, o è possibile modificare dei comportamenti. Noi sappiamo che il settore acuto della voce è un residuo della "voce animale", cioè la voce primitiva che agisce per necessità (dolore, allarme, lotta, ecc.) e che è rimasta priva della capacità di articolare parole con la semplicità e facilità del centro. Questa è l'unica spiegazione per cui quando si accede al settore più acuto, per la mente si sta compiendo uno sforzo, come quando solleviamo un peso. Questo impedisce quella facilità che denota invece il settore centrale, dovuta all'unificazione dei tre apparati (respiratorio, produttivo e amplificante-articolatorio). Il diaframma tende a sollevarsi e la glottide a chiudersi per generare quella pressione che aiuta la muscolatura del busto a ritrovare la posizione eretta o collaborare nello sforzo. Ecco perché è fondamentale articolare il meglio possibile le parole man mano che si sale (come diceva e faceva Tito Schipa). La mente deve imparare che è possibile, che il settore acuto può essere "civilizzato" e dunque, a seconda dei casi, può essere utilizzato per vincere gli sforzi, ma anche per cantare senza che entrino in azione quelle forze endogene per cui diventa tutto molto, troppo impegnativo e di cattiva qualità, o ancora che necessitino di un continuo allenamento, per forzare la tolleranza dell'istinto, che però ben presto si riprende ciò che abbiamo estorto, se non c'è la coscienza di ciò che stiamo facendo. Lasciare andare e lasciarsi andare sono atteggiamenti essenziali. Voler padroneggiare, guidare, controllare, sono tutti comportamenti fondamentalmente errati. Meglio sbagliare e capire, che voler fare senza sapere cosa e come. Imparare da ciò che sentiamo e vediamo anche da noi stessi, oltre che dagli altri. Capire cosa stiamo facendo e imparare a valutare.
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