Nello strenuo sforzo di chiarire (ovvero aumentare il caos!!), prelevo alcune frasi da un sito di canto per commentare e precisare. Il fatto che sempre più persone si avvicinino al canto avendo nozioni di fisiologia e anatomia degli apparati fono-respiratori, rende sempre più difficile e complicato il rapporto col canto e con la verità dell'emissione belcantistica, in quanto ciò che viene scritto è assai verosimile e credibile, mentre risulta sempre più antiquato, e quindi ritenuto erroneo, il pensiero delle antiche scuole. Non solo, ma a molti appare quasi un vezzo sentimentale quello di rifarsi agli antichi, mentre è nel moderno rapporto scientifico che risiederebbe il corretto approccio. Perché le cose non stanno così lo abbiamo spiegato a volontà, e l'inganno determinato da questa visione ci porterà ancor più lontano. Su questo necessiterà forse un commento più puntuale.
"L’appoggio rallenta la spontanea risalita del diaframma, attraverso l’azione dei muscoli intercostali esterni. Tale funzione interviene prevalentemente nella prima fase dell’ espirazione, e va a ripercuotersi sul grado di pressione sottoglottica, facendo sì che il ritorno del diaframma si coordini alle esigenze dinamiche dell’ emissione fonatoria (piani, forti, acuti, gravi, ecc)."
Non è per niente chiaro, per non dire che è confuso. La prima frase può essere condivisibile: L'appoggio rallenta la spontanea risalita del diaframma. Ma l'azione degli intercostali esterni opera passivamente con la ricaduta delle costole solo nel caso della respirazione toracica, non nella diaframmatica. Ma a questo punto è un'altra la domanda: l'appoggio ha veramente QUELLA funzione? No, in realtà la funzione dell'appoggio è quella di trasmettere al fiato/suono quell'energia grazie alla quale esso può arricchirsi e trovare velocità ed espansione nell'ambiente; questa è un'operazione di "dare-avere", cioè è il fiato stesso a realizzare l'appoggio, cioè a rallentare la risalita del diaframma, senza alcuna necessità muscolare (questo è un equivoco che continuerà a permanere fin quando non ci si sarà resi conto che la respirazione vocale è fondamentalmente diversa da quella fisiologica!).
Sul resto della frase c'è parecchio da dire ed obiettare. Dallo scritto appare evidente che la fonazione è come divisa in due parti: una prima parte in cui si appoggia, una seconda in cui si "sostiene"; da qui emergerebbe che nella seconda parte di una frase non si appoggia più. Non è e non può essere così, perché il fiato ha la necessità di avere per tutto il tempo una costante pressione in uscita; se da un lato è vero che la diminuita quantità di aria impone una pressione addominale, dall'altro l'appoggio deve mantenersi per scongiurare che perda qualità e anche per evitare quanto viene detto successivamente, cioè che la pressione stessa si ripercuota sulla glottide. Uno dei presupposti del canto esemplare è che la pressione sottoglottica si riduca pressoché a zero, in quanto essa è artefice della funzione valvolare della laringe, una funzione istintiva che di fatto limita, e molto, la libertà necessaria al funzionamento strumentale di essa. Pur sembrando paradossale, ma qui entrano in gioco aspetti di elasticità e malleabilità di tutto l'apparatato fono-respiratorio molto importanti, potremmo arrivare a dire che il diaframma non dovrebbe risalire per tutto il tempo dell'emissione vocale. Comunque c'è un altro fatto: il suono, specie quando particolarmente acuto o intenso o scuro, ha l'assoluta necessità di appoggiarsi, per un semplice principio fisico, quindi se esso deve essere costante e uguale per tutta l'arcata respiratoria, è fatale che l'appoggio duri per tutto il tempo.
Poi c'è il fatale equivoco del sostegno. In realtà il diaframma non ha alcuna necessità di essere sostenuto, perché il suo sollevamento è istintivo, non solo nella prima, ma anche nella seconda parte dell'espirazione. Ciò che oggi pochi prendono in considerazione è la ricaduta del petto. Gli antichi ben conoscevano questo aspetto e parlavano proprio di "sostenutezza del petto", significando che occorreva mettere in moto la muscolatura non solo addominale, ma anche dorsale e dentata (laterale) che, sostenendo il busto, impedisca che esso si adagi sul diaframma impedendone la libertà e la giusta postura. Contrariamente a quanti molti credono, infatti, il diaframma non è un muscolo unico e i suoi movimenti non sono univoci, ma possono (e diciamo pure devono) essere differenziati per zone permettendo, proprio grazie a quell'elasticità cui accennavo, la possibilità di mantenere l'appoggio anche in fine di frase, cioè con scarsità d'aria.
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