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domenica, agosto 28, 2011
Il pallone elastico
In tutti gli scritti sul canto, anche presenti in questo blog, si focalizza il contenitore dell'aria come una struttura piuttosto rigida e con un comportamento prevedibile. Si fa riferimento quasi maniacale al diaframma come muscolo espiratore fondamentale, artefice e protagonista indiscusso del buon canto. Più volte, e fin di primi interventi su questo blog, abbiamo focalizzato la componente MECCANICA del fiato, per nulla secondaria, come speriamo di aver sufficientemente evidenziato nei post precedenti. Possiamo far riferimento al pallone, il cui funzionamento è identico. Nel pallone noi abbiamo un involucro ELASTICO, dotato di una valvola, che viene riempito d'aria ad una determinata pressione. Se il pallone è costruito correttamente, tutta la membrana esterna si espanderà leggermente durante il gonfiamento (inspirazione), e produrrà una ricaduta, ovvero pressione, sull'aria contenuta; aprendo la valvola, noi avremo una fuoriuscita d'aria proporzionale alla pressione, quindi maggiore nei primi secondi e via via meno, in quanto la membrana a un certo punto cesserà di esercitare pressione, anche se l'aria continuerà ad uscire finché la pressione sarà equiparata a quella esterna. (come spiegherò in un post successivo, i polmoni però hanno una sostanziale differenza col pallone, in quanto non sono "sacchi" di aria, ma assimilabili a spugne, con una struttura decisamente particolare). Nel corpo umano NON E', in condizioni normali, la stessa cosa!! Il perché è noto. L'istinto si ribella a un lavoro non necessario e anzi contrastante con il funzionamento fisiologico, e quindi invia stimoli al diaframma, in quanto muscolo più importante e quindi idoneo allo scopo, affinché l'aria venga espulsa e il peso "scrollato di dosso". In queste condizioni il canto non si può affermare artisticamente, perché gli apparati non sono equiparabili con quelli di uno strumento, quindi si può fare canto, fino a un certo livello, ma in condizioni "tecniche", cioè impedendo o forzando mediante azioni muscolari, i nostri apparati a permetterci un canto, che però "lui" continuerà ad osteggiare, e quindi a creare problemi, fatica, difetti. La disciplina che auspichiamo noi, invece, non crea bellicosità, ma va a superare le insidie istintive, annullandole, e, se sapute gestire, ci può far cantare in modo perfetto per tutta la vita. Nel momento in cui raggiungiamo questo "nirvana", noi ci troviamo anche nella possibilità di modificare sostanzialmente, nell'elasticità consentita dalle fibre, l'anatomia e la fisiologia degli apparati. In particolare adesso ci riferiamo all'apparato respiratorio, che nell'emissione belcantistica può andare a riflettersi nel funzionamento del pallone elastico. Se infatti il diaframma perde quella "animosità" impostagli dall'istinto, ecco che l'involucro polmonare non ha più comportamenti differenziati in varie parti, ma può comportarsi come un pallone, cioè espandersi leggermente in fase inspiratoria, e ricadere in fase espiratoria provocando quel flusso necessario alla fonazione senza più la necessità di appoggio, a meno di frasi eccessivamente lunghe. C'è però un punto su cui è indispensabile soffermarsi! Detto così può sembrare facile, ma quando parliamo di annullamento di azioni istintive non ci limitiamo all'azione sollevante del diaframma, ma includiamo la pressione sottoglottica, la quale è la principale artefice di ogni difetto vocale. Il passaggio a questo atteggiamento respiratorio, che identifichiamo col termine "artistico-costale", richiede senza possibilità di minimo equivoco, l'annullamento (sorta di "galleggiamento" della laringe) di questa forza. Se poi il "pallone" cui facciamo riferimento più che da calcio sarà da rugby, allora avremo qualche ulteriore vantaggio, come ho cercato già di spiegare nei precedenti post. Ma ripeto ancora una volta: queste notizie acquisitele mentalmente, rifletteteci, individuatele come obiettivo, ma non provate a farle, perché ne avrete delusioni e conseguenze.
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Carissimo Fabio trovo questi post davvero utili e come al solito interessantissimi! Grazie.
RispondiEliminaDa poco sono tornato dalle meritate ferie in Calabria. Terra bellissima e mare stupendo (almeno quest'anno). Ero un sub (ahimè tempo fa) ora scendo in apnea a pochi metri ma mi diverto tantissimo. Riflettevo di come la maggior parte degli italiani non sappia nuotare. Infatti il mare calabro dopo pochi metri diventa abbastnza profondo tanto che molti "nuotano" per così dire nei primi tre/quattro metri dalla spiaggia perchè subito dopo non c'è piede... non si tocca! Ho avuto il piacere di insegnare a nuotare al mio nipotino di 5 anni (ha il papà fifone). Con non poche ritrosie ho dovuto fargli comprendere, nel giro di una settimana, prima di tutto l'importanza del rispetto del mare e quindi di nuotare quando l'acqua non è agitata e sempre con la compagnia di qualcuno che vigili e poi piano piano lho portato a prendere confidenza con la "paura di non toccare": si è disteso nella classica posizione "del morto" che gli è servita a capire il rapporto tra corpo e fluido e poi passando piano piano alla posizione ritta: l'istinto portava ad annaspare perchè "devi" aggrapparti da qualche parte non avendo il terreno sotto i piedi... poi però ha iniziato a capire che bastava al contario non agitarsi e mantenere con l'ausilio di piccoli movimenti delle gambe e delle mani una posizione di galleggiamento così da "ingannare" l'istinto. Zio mi ha detto, è come pedalare...
Ecco. Quell'impercettibile linea di confine tra il suolo (la sicurezza) e il non toccare (la paura), quella piccola linea che ci divide dall'ignoto per alcuni affascinante per altri da non oltrepassare (perchè affrontare le proprie paure?)... in fondo meglio nuotare a pochi metri dalla riva dove si tocca.
Per il canto penso sia più o meno la stessa cosa. E' affrontare noi stessi, le nostre fobie, i nostri limiti oppure il voler a tutti i costi superare le paure dando peso maggiore a ciò che ci tiene in vita: l'istinto. Questo grande alleato che nel canto artistico diventa purtroppo nemico o meglio che deve essere compreso, assecondato, educato. Ciao.
Sì, Salvo, le analogie con l'acqua, il nuoto, il "morto", sono molte e forti. Mi pare di averne trattato in passato. E' particolarmente interessante notare come, quando si sta per le prime volte in atteggiamento "morto", galleggiante, il fiato non sia per niente libero e ampio, ma al contrario sia molto trattenuto e corto. E' il nostro istinto che prende le redini della situazione e fin quando non riceve segnali tranquillizzanti che non ci stiamo suicidando, impedisce al fiato di agire liberamente. E' esattamente ciò che accade durante il canto!
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