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giovedì, agosto 04, 2011
La voce animale
Moltissimi animali hanno una voce ma nessuno di essi è in grado di articolarla, non solo per motivi "mentali", ma anche fisici, infatti l'apparato umano si è differenziato da quello delle scimmie e di altri mammiferi, proprio per poter parlare (e questa è una trasformazione che già dovrebbe farci riflettere). La scimmia non potrebbe parlare nemmeno se il suo cervello possedesse questa possibilità. Però il fatto di produrre suoni ha la sua importanza nella vita e soprattutto nella sopravvivenza. Un cane abbaiando ci incute timore, quindi uno degli usi che questo animale fa dei suoni che riesce a emettere è di tipo "offensivo". Poi può "modulare" alcuni altri suoni per richiamare l'attenzione quando sta male, o per manifestare piacere quando vede un suo simile o l'uomo cui è affezionato o quando sta male. Sono suoni "disarticolati", cioè l'apparato oro-faringeo, che è preposto a questa funzione, non permette se non grossolane modificazioni del suono base. La "discesa" della laringe nell'uomo nel posto attualmente occupato, sopra la trachea, ha permesso la nascita e l'evoluzione della voce parlata. Quel suono "animale", povero di articolazioni e piuttosto difficoltoso da "ammorbidire", nell'uomo è continuato ad esistere, si è perpetuato nel tempo, e risulta, a livello di soggetti ineducati, staccato dalla voce parlata, a sè stante, anche se in qualche modo collegato, essendo prodotto dallo stesso apparato. E' quel registro di "falsetto" o "falsetto-testa" che tanti problemi comporta quando dalla voce parlata o di petto vogliamo passare a quell'altra. Quindi a livello iniziale, noi dobbiamo prendere atto che stiamo tentando di unire un tratto di voce "evoluta", articolabile, plasmabile dinamicamente, a una "involuta", molto meno ricca di possibilità nella sua conformazione apparente, e molto più a tinte forti, quindi povera di sfumature. Ci sono in questo anche aspetti di coscienza da non sottovalutare del tutto. Se è vero infatti che siamo sempre alquanto attratti dagli acuti, è assai probabile che in questo ci siano componenti ancestrali. Quando si dà del cane a un cantante, alla fine, non si va poi tanto lontani dal vero, perché è facile che il nostro istinto provi, nel sentire certe emissioni poco curate, quelle sensazioni animalesche di cui quel suono è "erede". E nello stesso senso si possono spiegare quei consigli, che considero orribili, ma comunque comprensibili dopo questa spiegazione, di molti cantanti e insegnanti di imitare gli animali (la mucca, l'asino, l'ululato del lupo...; capitò proprio a me quando entrai al T. Regio di Torino: diversi coristi mi consigliarono, in giorni diversi e senza che gli uni sentissero gli altri, di imitare diversi animali!). Si spiega anche un altro fatto: quando nei primi tempi di studio e senza particolari doti la laringe "schizza" verso l'alto, è sì dovuto alla enorme difficoltà di sostenere il peso del falsetto, ma implicitamente è dovuto al fatto che il suono "animale" veniva prodotto da una laringe posizionata molto più in alto, perché aveva il duplice scopo di chiudere sia l'esofago che l'accesso alle vie nasali. Quindi possiamo dire che la nostra natura, nell'affrontare la zona acuta, va a ricercare le condizioni primitive di emissione, e quindi quella posizione altissima. Dunque, se noi vogliamo poter cantare in modo divino, cioè umano in direzione artistica, dobbiamo fornire a quel settore della voce quelle caratteristiche che in natura non possiede, per cui l'esercizio fatto solo sul vocalizzo è assolutamente insufficiente e inefficace. Ciò che è necessario fare è articolare, quindi parlare, proprio per sviluppare quelle condizioni evolutive necessarie affinché i due registri possano veramente unirsi, altrimenti esisterà sempre una differenza significativa, vale a dire una voce "umana" nel centro e una voce "animale" negli acuti, che non si incontreranno veramente mai, tutt'al più, come capita nei casi buoni, i due registri saranno accettabilmente uniti, cioè ci sarà un passaggio poco avvertibile, ma non una reale unificazione della gamma vocale.
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Quindi se ho ben capito, la fusione dei registri ed il conseguente "galleggiamento" significa raggiungere l'equilibrio ideale tra la voce "primordiale" e quella "evoluta"?
RispondiEliminaE la perdita del falsetto è uno dei problemi che si è generato nel processo evolutivo?
Il recupero del settore acuto pertanto risulta più ostico proprio perchè dobbiamo risalire e ritornare in un certo senso "all'antico"...
Farò ulteriori precisazioni. Grazie.
RispondiEliminaScusa, rileggendo, mi lascia perplesso quel riferimento alla "perdita del falsetto". Attenzione, perché io qui sto parlando non di antichità artistica, ma di antichità umana, cioè migliaia e milioni di anni. La perdita del falsetto degli ultimi decenni, che poi è una perdita per modo di dire, è puramente culturale, artistica, ma fisiologicamente c'è sempre. O ho capito male?
RispondiEliminaMi sono espresso male...;-)
RispondiEliminaIntendevo dire la posizione altissima di cui tu parli è una "sensazione" che abbiamo perso? Ma mi sembra che possiamo riacquistare con l'esercizio della parola, della pronuncia, sul fiato e alle giuste e "naturali" altezze date dalle caratteristiche di ognuno di noi (dateci morfologicamente dalla natura)...
grazie.
Ancora non mi è chiaro. A quale frase fai riferimento?
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