Non esiste alcuna Arte "naturale". L'Arte è una condizione "soprannaturale", nel vero senso del termine, cioè va oltre quella che è la comune comprensione umana, e dunque viene intesa come qualcosa di "magico", di "trascendente". In effetti, pur senza entrare troppo in disquisizioni di natura filosofica, è necessario comprendere che l'Arte non rientra tra le condizioni animali, e dunque attiene la sfera del "divino", cioè di quelle particolarità non solo riservate all'uomo, ma limitate a un numero non elevatissimo di uomini, pur graduandosi a diversi livelli con una logica piramidale. Ciò che è comune a tutte le Arti è la necessità di superamento di una barriera fisica. Se accettiamo l'assunto che l'Arte è una valenza dello Spirito, il quale non può esprimerla in quanto privo dei mezzi fisici per ottenerla, è chiaro che il corpo è il "mezzo" tramite il quale lo spirito può realizzare il proprio livello conoscitivo; essendo il corpo predisposto per azioni "animali", quindi rozze e poco efficaci, la disciplina è l'unico tratto comunicativo possibile tra corpo e spirito, grazie al quale è possibile plasmare il corpo alle condizioni dello spirito, entro i propri limiti di tolleranza e senza far venir meno le sue esigenze. Questo concetto ci porta a considerare anche che essendo l'Arte una manifestazione "fisica", non può essere compresa "mentalmente", perché è l'azione fisica che può proiettarsi oltre ciò che la mente conosce, in quanto essa è attinente al corpo, non allo spirito, per cui ogniqualvolta il nostro fisico compie un'azione nuova, sconosciuta, si arricchirà di dati che potrà elaborare. Questo processo può continuare (ma non in tutti) fino al momento in cui il corpo termina le sue possibilità di progresso, e raggiunge il "non oltre". Questo "stop" non è da considerarsi come un limite, perché pur essendolo, è anche il raggiungimento della condizione "top", cioè della perfezione artistica, ovvero ancora del "non plus ultra", dell'insuperabile, dunque della Verità. Qualcuno può obiettare che la diversità tra soggetti umani può creare diversità anche di risultato. La cosa è vera solo da un punto di vista estetico; due soggetti, diversamente dotati, raggiungeranno un risultato che appare diverso in quanto uno ha mezzi più sviluppati di un altro, ma i loro concetti ed espressioni del vero, del giusto e del perfetto saranno identici, in quanto appartengono alla stessa tipologia conoscitiva in uno stesso tempo e spazio (cioè sono tutti soggetti appartenenti alla razza umana).
Il M° Juvarra, in uno scritto su FB ha commentato un mio rilievo sulla naturalità del canto paragonandolo alla potenzialità del bruco a volare. Non ho replicato in quella sede perché ritengo controproducente dibattere su una rete così eterogeneamente frequentata con persone con cui ci sono fondamentali punti di vista comuni, però qui ritengo di dover puntalizzare. Il paragone col bruco non ci sta, per evidenti motivi: intanto nessun animale o insetto o altro essere vivente si trova nella condizione di sviluppare un'Arte; in secondo luogo, nell'esempio riportato, è evidente che anche il bruco, come l'altro precedente esempio riguardante il camminare, si trova in una condizione di necessità esistenziale e istintiva. Se non capita niente di violento, la vità del bruco è destinata a evolversi in farfalla. Non è una volontà, non è una opzione, non è una scelta di pochi o tanti, non ha "pulsioni" spirituali che possono o non possono portarlo o meno a quella trasformazione. E' così e basta. Anche lo sport o l'atletica in genere, e in questo sono pienamente d'accordo con lui, non hanno niente a che fare col canto o l'Arte, anche se possono esserci situazioni in cui si può entrare nella condizione artistica (ne parlavo circa un anno fa in un post in cui citavo una frase dell' "eleganza del riccio"), ma perché è solo lo sviluppo (tecnico) di una condizione istintiva: saltare, correre, lottare, tirare, ecc., sono tutte prerogative dell'animale uomo, necessarie, in origine, per cacciare, difendersi, attaccare, ecc. Infatti una differenza fondamentale tra attività artistiche e ateletiche consiste nella necessità di uno sviluppo muscolare evidente, e quello del fiato nell'altro ("spirito"). In definitiva, l'accesso alla Verità è limitato non solo a chi frequenta e pratica l'Arte (quindi i filosofi, per quanto intuitivi e studiosi, non ci possono arrivare), ma la pratica mediante l'unica disciplina tesa al raggiungimento di quell'obiettivo; chi non crede sia possibile, si è già tagliato fuori da sé!
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