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venerdì, gennaio 13, 2012

Cantar con gli interessi

Una frase ricorrente nelle testimonianze di grandi cantanti è quella che il professionista dovrebbe cantare sfruttando gli "interessi", senza intaccare il capitale. E' un'affermazione molto corretta e condivisibile, penso, da chiunque. Come al solito si tratta di vedere cosa significa e come applicarla. Senz'altro quando la dice uno come Gigli, possiamo prenderla come esempio fulgido. Un cantante che non possiamo certo dire che si sia risparmiato in termini di impegno canoro, sia sul piano del rendimento (nel senso che cantava in piena voce tutta la sera e non si faceva pregare più di tanto nel concedere numerosi bis), sia in quello repertoriale (ha fatto tutto ciò che si poteva dal lirico-leggero allo spinto, trascurando solo il drammatico più pesante), eppure è arrivato in eccellenti condizioni alla tarda età, offrendo ancora prestazioni rilevanti durante il corso della crudele malattia che l'ha portato a morte. Lo stesso dicasi per Schipa, Pertile, De Luca e tanti altri. Allora come possiamo differenziare un canto "di interessi" da quello "del capitale"? Si può forse differenziare un tipo di emissione da un altro e possiamo governarle? Ebbene sì, è possibile. Quando il fiato comincia ad essere disciplinato a dovere, noi abbiamo la possibilità di emettere una voce che possiamo definire "di pura vibrazione aerea", cioè che pare, a chi canta, senza corpo e senza peso, totalmente priva di ogni interferenza e legame muscolare e laringeo. Questa voce, che pare "vuota" e di una semplicità quasi disarmante nel centro, risulta psicologicamente impegnativa e non proprio facilissima nel settore acuto, dove si è portati a cambiare posizione e a mettere intensità. Invece tutto sta sempre e solo in quella vibrazione sul "bocchino", cioè come se fosse "appesa" al labbro superiore, piccola come una scintilla, ricchissima di armonici. Questo è l'interesse, cioè un voce "non voce", aria sonora, che essendo pura vibrazione si estende senza resistenza a tutta l'aria dell'ambiente, che entra in risonanza simpatica dando l'impressione a chi ascolta che il canto arrivi da ogni parte, come un "sorround"! Non è utopia o illusione, ma una straordinaria, magnifica realtà.

1 commento:

  1. Anonimo10:12 PM

    Stando a quanto racconta Gino Monaldi, pare che il modo di dire "cantare con gli interessi" risalga almeno al celebre tenore dell'Ottocento Giovanni Battista Rubini, il quale così rispose all'interrogativo del collega Gilbert-Louis Duprez, che gli chiedeva quale fosse il segreto della sua straordinaria longevità vocale:"Mio caro Duprez, tu hai perduto la voce perché cantasti con tutto il tuo capitale; io invece sempre cogli interessi".

    Francesco N.

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