Urge fare una precisazione. In passato ho parlato di tubo spezzato intendendo che è possibile creare una sorta di tubo unico dal diaframma alle labbra (e oltre), mentre le tecniche più svariate non riescono a eliminare del tutto una parte della compressione sottoglottica di natura fisiologica. Ora non è che torno sui miei passi, il concetto lo ribadisco, però ritengo di doverlo meglio precisare, anche per non commettere troppe leggerezze sul piano della fisica. L'aria che esce dai polmoni al momento del canto, è indispensabile per dar luogo all'ondulazione o vibrazione delle c.v. E' una quantità ben definita, con determinate caratteristiche di pressione, quella che permette la nascita di un suono-base perfetto (suono base inteso come indifferente dall'articolazione che l'esecutore dovrà dare). Si può dire che quando esiste questo rapporto eccellente, l'aria incontra le c.v. e in un certo senso sparisce. Oltre le c.v. non c'è (o per meglio dire: non ci dovrebbe essere) più aria. Infatti è noto che anticamente veniva spesso posta una candela o uno specchio dinanzi alla bocca dell'allievo/a per verificare che la prima non ondeggiasse o il secondo non si appannasse. In pratica le c.v. "assorbono" l'aria trasformandola in energia meccanica. Quindi oltre le corde, in ambiente oro-faringeo, noi abbiamo suono, il quale suono non è più aria polmonare, ma è la vibrazione dell'aria già presente in questa cavità. Questo suono, in base alla caratteristiche volute, presenta anche una determinata pressione sonora. E' questa pressione sonora, precisamente, in grado di allargare la gola, sollevare il velopendolo e colpire l'arco mandibolare con tutte le conseguenze note. Questa è la condizione ideale, cioè la sensazione del "tubo unico", della "gola morta", ecc.
Se l'aria non è nella quantità e/o nelle condizioni di pressione corretta, noi abbiamo sicuramente uno o più carenze o errori e non sarà possibile la sensazione del tubo unico. L'aria di troppo potrà: passare oltre le corde, tutta o in parte, con effetto "soffio", e possibili ripercussioni patologiche a lungo andare; passare oltre sfruttando varie discontinuità nel flusso sonoro (ed è la conseguenza di gran lunga più normale, perché è ciò che succede normalmente parlando) e non presenta pericoli, ma impedisce il nascere di un canto esemplare; non passare, e accumularsi sotto la laringe (il già citato effetto "diga", che è comunque una pressione sottoglottica eccessiva), creando vari tipi di difetti e disagi vocali: suono "spinto", suono "crescente", erroneo atteggiamento cordale nel gioco dei colori e dei registri, fino a impossibilità di utilizzarli con proprietà. Naturalmente esiste frequentemente anche la situazione mista, cioè accumulo sottoglottico ma anche passaggio di aria insonora. Quest'ultima situazione nasce un po' come autodifesa o come inconscia liberazione dal peso fastidioso della pressione sottoglottica.
La realtà, scritta anche in libri di fisica, è che l'energia necessaria per mettere in vibrazione le c.v., è veramente modesta. Quindi la grande fatica, l'energia e il tanto tempo speso per educare la voce, sono in realtà necessarie a disciplinare l'istinto e il fiato, ovvero, ancora, a "sganciare" quest'ultimo, dalle incombenze fisiologiche, soprattutto di tipo valvolare. Metto l'accento su questo punto proprio perché è questo legame che impedisce il passaggio a un vero canto artistico. Quindi due devono essere gli obiettivi: far diminuire il più possibile la spinta, avendo a mente che la pressione necessaria è pochissima, e legare il più possibile le parole tra di loro in modo da creare quell'uniformità di alimentazione del suono che impedisce l'uscita di aria insonora.
Quando si inizia lo studio del canto, è assai frequente che la laringe si alzi. Tutti gli insegnanti sanno che il sollevamento della laringe è il segnale di spoggio della voce e quindi perdita di qualità. Il problema è che quasi tutti vogliono risolvere questo problema facendo premere sulla laringe dall'alto verso il basso, anche i "non affondisti". In realtà questa non è una soluzione, ma addirittura un raddoppio del problema, perché se è pur vero che il sollevamento della laringe è causato in gran parte dalla reazione istintiva, questa trova ottimo gioco nell'azione di spinta che ciascuno è tentato di fare e che, per l'appunto, si esercita verso l'alto. Quindi, lo avrete capito, noi abbiamo contemporaneamente nella stessa persona due spinte contrapposte: una verso l'alto, causata in parte dalla reazione istintiva e in parte dalla spinta inconscia per cercare di tirar fuori più voce, più suono, l'altra, verso il basso, volontaria, per cercare di contenere questa spinta. E' ovvio che è un gioco pericoloso, inutile, controproducente, faticoso e che porta a risultati modesti o comunque ben poco artistici. Se non sono in grado di ridurre la spinta, ogni altro esercizio risulterà fuori luogo, ed ecco quindi l'invito al parlato più semplice possibile, al sospirato, al falsettino, che sono mezzi che fanno decrescere la voglia di spinta e quindi le reazioni istintive.
Molto chiaro e utile. Grazie Fabio per questo lavoro.
RispondiEliminaF. Negrelli
Moooooolto illuminante questo post!
RispondiEliminaAllora...
"E' questa pressione sonora, precisamente, in grado di allargare la gola, sollevare il velopendolo e colpire l'arco mandibolare con tutte le conseguenze note": verissimo! Continuare a credere che si canta bene la lirica quando si fa di tutto l'inimagginabile per alzare il velopendolo (cucchiaini, ginnastica, polpetta,vomito e.... che schifo!)è una caxxata enorme! E' il giusto dosaggio di fiato e quindi la proporzionale pressione che crea automaticamente tutte le condizioni necessarie per la produzione di un canto artistico.
"La realtà, scritta anche in libri di fisica, è che l'energia necessaria per mettere in vibrazione le c.v., è veramente modesta. Quindi la grande fatica, l'energia e il tanto tempo speso per educare la voce, sono in realtà necessarie a disciplinare l'istinto e il fiato, ovvero, ancora, a "sganciare" quest'ultimo, dalle incombenze fisiologiche, soprattutto di tipo valvolare": sentirsi già il canto in bocca, quel tanto che serve ad essere amplificato e che viaggerà sicuramente senza spinte appunto perchè il motore (il fiato)sarà a regime ed avrà il giusto numero di giri, senza spreco di carburante...
Grazie Fabio.
A proposito del tuo videoesempio mi permetto di fare alcuni rilievi (scusami Maestro).
RispondiEliminaUn brano relativamente semplice che tu hai eseguito in estrema scioltezza e dove si può ammirare, in parte penso, ciò che la tua scuola propone e persevera: pronuncia costantemente sulla linea di "galleggiamento", estrema semplicità nella gestione dei fiati, correttezza musicale (ci mancherebbe...), perfetta e adeguata apertura della bocca (finalmente delle vocali pronunciate sul fiato e con la giusta intensità); insomma che dire è davvero un esempio da seguire soprattutto se poi al contrario si ascoltano esecuzioni per un simile brano, davvero orride. Da queste piccoli esempi si possono comprendere (mi auguro)concetti davvero grandi.
Grazie davvero per quanto ti prodighi e per quello che esprimi.
Grazie. Le condizioni non sono ideali, non sono pianista e quindi suonare mentre canto non mi permette una concentrazione ottimale, quindi la ritengo una esecuzione tutt'al più sufficiente, ma ho deciso di lasciarla perché comunque è esemplificativa di un discorso, se non altro, di tipo musicale.
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