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lunedì, gennaio 23, 2012

Non interpretare

Questo titolo potrebbe dare la stura a un articolo fiume, perché si può adattare sia alla musica che ad altri aspetti della vita. Per il momento non mi soffermo sull'aspetto musicale, che peraltro è già stato trattato diffusamente in questo blog, e vado invece a parlare dell'insegnamento del canto. Il M° Antonietti, anche con riferimenti filosofici, soleva dire che le parole sono tutte uguali, e dunque insegnare canto per iscritto è una pia illusione. Ciononostante ha scritto molto, ma sempre puntualizzando che si trattava di consigli orientativi. Anche il M° Celibidache mise mano a un trattato sulla fenomenologia, ma dopo qualche tempo abbandonò il progetto, credo per lo stesso motivo, e forse distrusse persino quanto aveva prodotto. Ora noi ci troviamo di fronte a una mole ingente di libri sul canto prodotti negli ultimi decenni, mentre possiamo contare su un numero ridotto di trattati dei Secoli scorsi, tutti più o meno celebri, e su cui si è tornati a studiare. Per molto tempo sono stati quasi dimenticati, poi, cominciando da Celletti e dalla Maragliano Mori, le citazioni e i riferimenti sono andati moltiplicandosi, e oggi sono numerosissimi gli insegnanti che dicono di ispirarsi a questo o quel maestro di un tempo o, più generalmente, all'antica scuola italiana. Ricordo che, comunque, già una trentina di anni fa molti insegnanti si riempivano la bocca con il trattato del Garcia, dove, di quella scuola, sinceramente non appariva quasi niente. Particolare nervoso mi suscitavano alcuni articoli della critica vociologica degli anni 70 e 80, che citava i trattatisti antichi, dopodiché partiva la fatidica frase "... intendeva dire...", cioè una interpretazione, che se è sempre discutibile, lo è a maggior ragione da parte di chi non ha una reale competenza ed esperienza vocale. L'Arte non è mai spiegabile a parole, anche parlate, ma il linguaggio scritto si presenta realmente limitativo. Me ne accorgo rileggendo spesso e ripetutamente gli appunti del mio maestro, che non solo fanno parte del mio vissuto, della mia esperienza, ma sono stati anche espressi e commentati direttamente dall'autore. Ebbene, ancor oggi scopro frasi, particolari, immagini che mi suonano molto più illuminanti e decisive di quanto non avvenisse anni fa. Purtroppo chi scrive è convinto sempre di essere chiaro, semplice e diretto, ma non è così. Mi capita di rileggere qualche mio vecchio post, e mi rendo conto, invece, di quanto possano apparire contorti, complessi, oscuri. Il mio stesso Maestro diceva: forse sarebbe meglio lasciare tutto com'è...! E anche a me talvolta viene l'impulso di eliminare molti scritti, anche perché l'esperienza porta sempre più a raffinare e sintetizzare le idee (spesso si dice di Celibidache che avesse ormai fatto un "distillato" della sua poetica) fino a coniare concetti e frasi "laser". Comunque, per tornare al motivo del post, l'esortazione è tesa a evitare di dar piena fiducia a chi si fa forte di insegnare secondo questo o quel trattatista (o, peggio, metodo). Anche conoscere a memoria le frasi dei grandi maestri non indica e non individua una competenza reale e concreta, perché, come sappiamo, due sono gli aspetti fondamentali: avere un orecchio sviluppato oltre le normali esigenze esistenziali, e avere quel bagaglio esperienziale personale tale da consentire di proporre l'esercizio o la serie di esercizi idonei a superare il problema individuato, ovviamente all'interno, comunque, di un percorso educativo teso al raggiungimento di un risultato artistico importante. Leggere i trattati è sempre utile e interessante, ma quando non si capisce qualche termine o concetto (non dimentichiamo anche che la lingua cambia), è meglio restare col dubbio che voler avere a tutti i costi una risposta. E comunque è sempre bene rendersi conto se la risposta ci convince sul serio o si dice "sì sì" per non far la figura degli scemi.

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