Forse l'esortazione più semplice ed efficace, è quella meno pronunciata. Non vale solo per il canto, ma per tutta l'Arte, per tutta la Musica, sia eseguita sia fruita. Lasciarsi andare vuol dire innanzi tutto spostare la concentrazione dall'esterno all'interno. Quando parlo di esterno ed interno, non alludo al "corpo", quindi non intendo dire che si sposti l'attenzione da fuori a dentro di esso (semmai sarebbe il contrario) ma dagli aspetti esteriori (superficie, materia) a quelli interiori, cioè spirituali, immateriali, e nemmeno intellettuali. Credo che uno degli aspetti più carenti del nostro tempo sia la fiducia e la conoscenza di sé stessi. Il problema più frequente che mi trovo ad affrontare con gli allievi è quello del canto "con la propria voce". Tutti vorrebbero "un'altra voce", sempre più bella, più forte, più estesa... e nemmeno sanno se la propria è magari assai più interessante e importante di quanto pensano, perché in realtà la maggior parte di essi sono già sfiduciati in partenza, pur senza rendersene conto. La coscienza è questo; renderla pura e trasparente, semplificando, imparando dalla realtà, abbandonando sciocchi velleitarismi, cammuffamenti, artificiosità, pompaggi, trombonismi. E anche giudizi. Lasciarsi andare vuol dire ascoltare con anima semplice (il fanciullo). Se cosa o colui che ascolti ti fa entrare nel regno dei sentimenti, non importa se è un grande professionista o un rozzo dilettante, ha adempiuto al proprio ruolo e "vi siete incontrati" nell'arte che condividete. Anche un grande professionista può non riuscire in questo compito, vuoi perché lui, pur anco famoso e tecnicamente superbo, è ignorante rispetto la sublimazione dell'atto artistico, vuoi perché tu sei distratto dal tuo voler giudicare. Chi giudica, il più delle volte preconcettualmente o pregiudizievolmente, è fuori, dunque non può stare nella musica, e non potrà "incontrare" nessun altro, sarà sempre distaccato e impermeabile. Noi dobbiamo ben chiarire che la musica e il canto esistono per l'uomo, per tutti gli uomini, non solo per i musicisti, dunque occorre differenziare ciò che è l'aspetto morfologico dal suo contenuto. Il fatto che i musicisti siano competenti ed esperti in tutto ciò che è la tecnica strumentale e il complesso teorico della semantica musicale, non significa che hanno più diritto di accesso di altri, anche se è potenzialmente in loro, avendo scelto questo campo, però il più delle volte il narcisismo, il volersi elevare al di sopra della massa, li rende ciechi e sordi alle vere ragioni della musica. E' quindi assai frequente, bisogna dire quasi normale, che l'artista sia ignorante quanto e più del fruitore, e per questo un cantante o un musicista popolare non è sempre un bravo musicista e soprattutto un bravo insegnante, perché va ad istinto, segue il talento, ma non ha alcuna coscienza di ciò che ha avuto in dono. Una qualunque persona: un operaio, un impiegato, ecc. che canta quasi soprappensiero, può fare arte, e seguire del tutto naturalmente ciò che la coscienza comunica, e in questo può conseguire risultati strabilianti, alle orecchie di chi magari è sempre alla ricerca di chissà che! Mi è capitato di sentire in piccoli cori parrocchiali, risultati di purezza, intonazione, fraseggio, del tutto assenti in cori animati dai più ambiziosi intenti. Ma c'è sempre il giudizio, il valore esteriore, per cui solo perché quello è un coretto parrocchiale diretto da un appassionato senza alcuna cognizione tecnica, i musicisti lo additeranno come squallido, mediocre...
Sento continuamente persone che additano questo o quel direttore perché è lento, perché è veloce, perché suona piano, ecc. ecc. Ma dico io: CON QUALE CRITERIO? E' vero che nel campo dell'opera la questione può andare un po' oltre l'aspetto puramente musicale, perché ci possono essere problemi legati alle caratteristiche dei cantanti: una tessitura acuta può rendere necessaria maggiore scorrevolezza per evitare di far morire il cantante dalla fatica; un cantante con un'agilità poco cristallina può rendere necessario un tempo più tranquillo per non metterlo in difficoltà. Entro certi limiti si può tollerare e comprendere, ma spesso questo genere di difficoltà nasce dalla errata scelta dei cantanti, perché se l'autore è uno che sa scrivere per le voci, è sempre possibile indivuare il tempo giusto senza metterli in difficoltà. Poi naturalmente c'è anche un "lasciarsi andare" decisamente fisico, che non può voler dire mollare tutto, ma evitare quella partecipazione dinamica muscolare che crea i noti difetti di spinta, di sollevamento e di partecipazione attiva alle reazioni istintive. Non collaborare con i movimenti muscolari, ma lasciare che avvenga ciò che deve avvenire, ovvero: fidatevi del vostro fiato!!
E' meraviglioso osservare quanti collegamenti e quante analogie si possano tracciare tra i principi di questa scuola di canto, e la fenomenologia musicale celibidachiana. La verità armonizza, coordina, unifica.
RispondiEliminaFrancesco N.
"Non collaborare con i movimenti muscolari, ma lasciare che avvenga ciò che deve avvenire, ovvero: fidatevi del vostro fiato!! ". Sante parole!
RispondiEliminaMa c'azzecca ;-) allora il fatto che prima i nostri Grandi vivevano una società più genuina, schietta, vera e quindi si fidavano un pò di più tra di loro, erano forse più disponibili, a lasciarsi andare, e quindi di loro stessi? Oggi forse ci fidiamo poco delle nostre potenzialità perchè in definitiva ci fidiamo poco anche degli altri, di questa nostra società (sempre pronti a criticare tutto e tutti? Ma qui entriamo in altri campi, forse...
Caro Francesco; da questo puoi renderti conto quale sorpresa e quale gioia ha potuto scatenare in me la scoperta di Celibidache, dopo quanto già avevo appreso nella scuola di Antonietti. E' un continuo "travaso" di scoperte e interazioni.
RispondiEliminaSalvo: certamente i cambiamenti della società influiscono non poco sulla nostra vita spirituale e di conseguenza sull'Arte. La televisione e i mass media hanno innescato processi di autoesaltazione, ben noti e riassunti dalla domanda: essere o apparire (e/o anche avere). D'altro canto la semplicità e la povertà di mezzi della vita d'un tempo rendevano le persone assai più forti e schiette, anche per un discorso di sopravvivenza e selezione naturale...! Comunque la diffusione del disco e della registrazione audio/video in genere, ha accresciuto la mitizzazione di fenomeni più o meno (sempre meno) meritevoli e quindi l'imitazione e il desiderio di emulazione, che abbattono l'autostima e la coscienza di sé.