Ci fu un'epoca in cui alcuni costruttori di strumenti, particolarmente popolari i liutai cremonesi e sopra tutti Antonio Stradivari, anche se forse non proprio il migliore, elevarono il loro lavoro artigianale ad Arte, intuendo, senza il supporto di quella ricerca scientifica a quei tempi quasi inesistente, forme, materiali, dimensioni, relazioni, che ancor oggi ci appaiono al limite del miracoloso. E infatti l'Arte, quando si esprime al meglio, può raggiungere risultati che la maggior parte delle persone, guidate da sentimenti che rientrano nella logica dei limiti istintivi di sopravvivenza, reputano trascendentale, cioè oltre i limiti dell'umano. E' anche per questo che si fa fatica a pensare a una scuola di canto che possa portare gli allievi a un livello di performance come quello di Schipa e persino oltre! E' la normale condizione di pensiero che l'istinto ci permette; per passare oltre abbiamo bisogno di azioni che proiettino la mente oltre l'intenzione, cioè ci facciano scoprire che abbiamo la possibilità di fare cose che non immaginavamo poco tempo prima. La mente elabora queste informazioni e si porta a un livello di conoscenza e percezione superiore. Naturalmente bisogna credere che quel risultato sia possibile, anche se sconosciuto in precedenza, altrimenti si mette un blocco, un lucchetto, alla nostra crescita. Questo, comunque, è legato indissolubilmente alla nostra potenzialità di sviluppo. In teoria tutti la possiedono, ma per molti resta una potenzialità. Quando Stradivari, o uno dei suoi colleghi, con tutta la concentrazione, la maestria possibile, sfornavano un violino al meglio delle loro capacità, quella era come una scultura di Michelangelo, cioè uno strumento perfetto, capace di esprimere al 100% quelle caratteristiche di bellezza e verità fonica che un grande violinista può sognare; e un violino così, se nessuno lo tocca (ma li hanno toccati...) è per sempre, non conosce decadenza.
Per analogia, è possibile che uno strumento vocale sia uno Stradivari? Certo esistono configurazioni foniche vocali che in natura si presentano con caratteristiche di eccezionalità: vedi Pavarotti, vedi Gigli, vedi Di Stefano... L'essere "Stradivari" però non è naturale. Come ho scritto poc'anzi, uno violino perfetto, se conservato convenientemente, non conosce tempo. Ecco che invece una voce straordinaria, forse la più bella in assoluto, quella di Di Stefano, solo per poco tempo ha potuto sfoggiare tutto il meglio di sé, e lo stesso possiamo dire di altri cantanti con timbrature strepitose ma che hanno conosciuto sempre decadenze vertiginose. Gigli già esce da questa casistica, ma si pone un'altra considerazione: alcuni cantanti non hanno una voce "bella", edonisticamente parlando. Dunque nella voce si pongono due aspetti: caratteristiche effettive e caratteristiche potenziali. Alcuni "materiali" ce li dà la natura, e consistono nella forme e costituzioni ossee, cartilaginee e muscolari, la "modellazione" la dobbiamo "forgiare" noi. In sostenza, i liutai andavano a cercare il legno più idoneo, a volte lontanissimo, noi dobbiamo prendere ciò che la natura ci ha dato, su quello non abbiamo scelta, per cui abbiamo cantanti con voci meravigliose, già talmente ricche di risonanze e screziature, estensioni, volume, ricchezza, da venire accolte e innalzate dalla maggior parte delle persone come stupefacenti e indiscutibili, indipendentemente dal livello, diciamo così, tecnico, sviluppato, altre le definiamo voci "meno belle", se non brutte, come Schipa, Pertile, persino la Callas, ma ciò non ha impedito a queste di diventare pietre miliari nella Storia del canto. In altri casi è il livello "funambolico" a costituire il dato fondamentale (lo vediamo oggi soprattutto nei pianisti e violinisti): più note si fanno al minuto, o più si va nei registri estremi, più si è considerati eccezionali, anche se non si dice assolutamente niente di comprensibile. Questo è sempre avvenuto e avviene anche in campo vocale, per cui da un lato le voci bellissime, dall'altro le voci funamboliche. Però non è detto che siano cantanti che passano alla Storia. La Natura ci dota di uno Stradivari potenziale; in alcune persone si evidenziano alcune componenti esteriori, ma perché si realizzi compiutamente lo Stradivari artistico, e non solo il modesto liutaio artigiano, o addirittura quello "di serie" o "di fabbrica", occorre la scuola, la grande scuola d'Arte. Non c'è alternativa. Lo Stradivari umano, però, al contrario di quello violinistico, è "temporale", cioè si compone, si UNIFICA, e dà il meglio di sé, una volta formato, nel momento in cui si canta, e torna ad essere una voce e un complesso articolato senza particolari qualità quando si torna nella vita quotidiana. Ma la temporalità cui accennavo, non è solo così a "interruttore". Come si saprà un grandissimo pianista, Arturo Benedetti Michelangeli, spesso andava ai suoi concerti con due e persino tre pianoforti da lui scelti (suoi), col suo accordatore, e non di rado è capitato che abbia mandato a monte il concerto perché nessuno dei tre rispondeva alle sue esigenze. Per molti questo è stato un atteggiamento criticabile, esagerato, incomprensibile, snob, presuntuoso. Nessuno può capire, se non è in quella dimensione, che un musicista che abbia sviluppato quel grado di perfezione dell'orecchio (insieme a quello di produzione), laddove non coglie QUEL risultato, soffre ed è incapace di esprimere l'insuperabile livello che ha raggiunto. Sarebbe tradire sé stessi, accontentarsi, accettare come valido il modesto per questioni mondane, di immagine, quindi narcisistiche e esteriori. Un artista non può accettare questo, ed è giusto si sottoponga anche alla critica delle masse che non possono comprendere, perché il primo confronto e giudizio è con sé stesso. Come nel pianoforte o nel violino o qualunque altro strumento, il primo problema è ambientale e sociale, per cui un malessere, un ambiente troppo secco o umido, un'acustica ingrata, o chissà cos'altro, possono minare una performance di alto livello. Chi non ha raggiunto ancora la costanza del perfetto, si troverà con uno strumento che esprime "a tratti" condizioni straordinarie ad altre più modeste. Adesso, però, arriviamo al dunque: cosa trasforma un insieme di ossa, cartilagini, muscoli, mucose, ecc. in uno strumento perfetto, cioè un'UNITA'? E' l'equilibrio delicatissimo di rapporti tra l'aria emessa e la risposta laringea. L'aria non è più la respirazione fisiologica ma si deve essere trasformata in un "archetto" da virtuoso violinista, la laringe non è più tale, cioè non è più la "valvola" che gestisce il flusso d'aria (o difende l'apparato respiratorio) per esigenze chimico-meccaniche, ma si comporta da vero strumento musicale qual è potenzialmente, senza per altro perdere la componente vitale implicita. Quando l'archetto tocca le corde del violino, esse non hanno "reazione", si piegano dolcemente alla volontà del suonatore. Quando il fiato di una comune persona tocca le corde vocali per emettere un suono, più o meno, a seconda delle sue caratteristiche soggettive, troverà una resistenza, e tutto l'insieme di parti che definiamo apparato vocale, si metterà in agitazione, per cui si può andare dall'emissione di un suono accettabile fino alla negazione di un suono! come se in un motore una rotella, per quanto piccola, si bloccasse: tutto andrebbe in blocco. Senza contare che "quel" fiato, cosa è in grado di fare? Non so se qualcuno ha mai provato a prendere un violino e sfregare un archetto sulle corde senza aver mai preso lezioni: un rumoraccio insopportabile! Nella voce il più delle volte non è proprio così perché abbiamo comunque una esigenza vocale, il parlato, che ci dà un margine di tolleranza, senza contare che la Musica è un aspetto indispensabile del nostro spirito, e il modo migliore per esprimerlo è il canto, anche se non di qualità, però se non si è dei grandi predestinati, il risultato sarà molto simile! Noi dobbiamo, in tempi che non si possono predefinire, far sì che il fiato, trasformato in una sorta di archetto da violinista, tocchi le corde, senza che la laringe abbia il benché minimo sussulto, reazione. SOLO COSI', cari amici che mi leggete, non so con quanta ironia, sufficienza, incredulità, noia, stupore, perplessità, divertimento, è possibile realizzare quel suono PURO, sganciato da ogni e qualsiasi "rumore", ovvero interferenza, che trova altrettanto pura amplificazione nelle cavità oro-faringee e ulteriori complementi ossei, tale per cui diventa tutt'uno con l'aria dell'ambiente circostante che vibra unitariamente con il suono di base. Quando questo avviene, abbiamo la sensazione che il cantante non faccia alcuna fatica, alcuno sforzo, canti con semplicità, e questo a molti dà fastidio, appare come "non canto" (oggi, non fino a qualche tempo fa), e questo è un grave, gravissimo segno di decadenza dei tempi, molto difficile da superare, perché se gli autentici virtuosi del canto non vengono accettati come tali, la decadenza rischia di affermarsi come unico criterio valido. Contiamo però sulla Natura, che a periodi di decadenza alterna periodi di risalita e di affermazione del bello e del valido.
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