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venerdì, gennaio 04, 2013

Dove, come, quando...

Una riflessione: le scuole tecniche agiscono quasi in modalità "misteriosa", ponendosi peraltro obiettivi quanto mai pratici, terreni; la scuola artistica, ponendo obiettivi incredibilmente ambiziosi ed elevati, perfezione, nuovo senso, ecc., si muove in una modalità che più semplice, chiara e tangibile non si può. Una sorta, dunque, di incrocio. Cosa intendo, quando parlo di modalità "misteriose"? Eh, purtroppo qui dobbiamo fare cenno al deplorevole "patto scellerato": poco so io, poco sanno gli altri, facciamo finta che tutto va bene e rimaniamo contenti entrambi. L'insegnante fondamentalmente ignorante cosa fa? insegna delle tecniche di cui egli non sa quasi niente in termini di "a cosa serve; perché si adotta; che cosa comporta, che conseguenze può sviluppare, ecc." Lui ha imparato così e ripete pedestremente quegli esercizi, con un livello di coscienza bassissimo. Siccome l'allievo nulla può sapere, è ovvio che non può giudicare e si affida, senza poter sapere in che mani è. Ciò che gli può valere, è la fortuna! In molti casi anche l'intelligenza. Fortuna di avere buone doti e buon fisico; fortuna di incontrare un insegnante non troppo aggressivo, non troppo arrogante, buon musicista; intelligenza di sapersi fermare quando sente qualcosa che non va; intelligenza di non voler fare ciò che non può e in tempi insufficienti, intelligenza di saper fare domande giuste. Simili allievi posso fare un maestro celebre, anche se del tutto indegno. Siccome siamo nell'era della cultura e dell'informazione, è capitato e capita sempre più che l'insegnante voglia acquisire una conoscenza che gli permetta di non far la figura dell'ignorante, per cui parla di laringe, parla di cricoide e dei cento e più muscoletti, tendini, cartilagini e quant'altro costituisce l'apparato respiratorio-vocale; addirittura questo ha spalancato le porte agli stessi foniatri o a docenti con formazioni anatomico-fisiologiche da manuale. Questo è utilissimo sul piano della pubblicità e delle garanzie abilitanti; la maggior parte degli allievi credo si affidi con maggiore sicurezza a qualcuno che fa bella mostra di una laurea o comunque "pezzo di carta" che testimoni il possesso di documentati studi rispetto a chi si dichiara "empirico" o che comunque segue strade non scientifiche e non avvalorate da pubblicazioni e istituzioni pubbliche o comunque di rilevante visibilità. Però questo non ha alcun peso storico. Per secoli i grandi cantanti si sono formati presso maestri esclusivamente empirici! Pochi e di scarso rilievo i riferimenti anatomici e fisiologici per molti anni; si è sempre puntato sull'udito, sulle intuizioni e sulla coscienza. La Storia mostra che appena si è cominciato a entrare nei dettagli fisici, il canto ha iniziato a decadere. Più si è approfondito, più la qualità è scesa. Ovviamente non sto affermando che occorre riportare, o che sia meglio, la disinformazione, l'ignoranza, l'oscurantismo, semmai il contrario! però dobbiamo saggiare il rapporto tra informazione e realizzazione pratica, tra conoscenza, scienza e coscienza. Cominciamo da una osservazione pratica. Oggi chi va in una delle tante scuole di canto esistenti in maggior numero, andrà incontro a un modello di insegnamento che lo porterà a CHIUDERE, a involvere. Con "chiudere" intendo qualsiasi cosa che sia opposta a chiaro, aperto, generoso, avanti, fluido, per cui azioni di scurimento, di trattenimento, di fatica. L'allievo è generalmente portato a complicare, a sommare pensieri e azioni, a dividere il proprio operato: tecnica respiratoria (inspira con il naso - butta l'aria più in basso che puoi - butta fuori la pancia, ....), posizione del suono (metti o butta il suono verso i denti, oppure verso il naso o verso la fronte...), azioni tecniche (alza il velopendolo, apri la gola, abbassa la laringe, abbassa la lingua...). E' abbastanza intuitivo e evidente che voler sommare non meno di tre pensieri per emettere una vocale (perché di questo di solito si tratta, puntando la maggior parte delle scuole solo su vocalizzi) è una complicazione che non potrà mai portare a risultati realmente efficaci e piacevoli, sarà sempre un "lavoro" piuttosto ingrato che renderà la voce distaccata dalla musica cioè dal vero canto. Ciò su cui però punto specificamente il dito è propriamente il processo di chiusura, cioè il fatto che già dai primi rudimenti che l'insegnante impartisce, iniziano a costituirsi dei "nodi" (il M° Antonietti, riferendosi a cantanti particolarmente inguaiati, li definiva "tutto un nodo"), e questi nodi si accumulano e si diffondono, e diventa sempre più difficile poterli sciogliere. Ciò che caratterizza l'allievo in fase di progressione, indipendemente dalle capacità sviluppate in termini di gradevolezza, sonorità, estensione/tessitura, deve essere la apertura, la capacità di esprimere le parole con pochi o nessun ostacolo. In genere questo è facile o comunque più probabile con allievi "vergini", che cioè non si siano già creati un mondo di complicazioni mentali (autonomamente o per induzione didattica), mentre chi si è fatto una idea propria del canto lirico, cercando di assomigliare o imitare qualche grande - o presunto tale - cantante, si sarà già precostituito dei "nodi" che saranno mentali ma anche corporei (aiutato in questo dall'istinto che trova giovamento negli ostacoli che limitano l'ampiezza respiratoria, che è anche un peso). Dunque l'orientamento che vogliamo dare a chi studia canto o, soprattutto, a chi intende studiare canto, è quello di cercare sempre insegnanti che SEMPLIFICHINO, che non indichino strade di chiusura, di affondamento, di scurimento fine a sé stesso, di rivolto verso l'interno o che renda difficile lo scorrimento verso l'esterno. Indicare con semplicità, con azioni uniche, non sommate, che permettano la concentrazione su UNA COSA da fare, una cosa che non contrasti con l'idea del "lasciare" che il suono espanda verso l'esterno, col permettere di rendere perfettamente comprensibile, vero, sincero il fonema che si va a esprimere. Lo sviluppo è una azione progressiva che richiede il tempo che richiede, che non si può abbreviare pena l'arresto o l'allungamento stesso dei tempi. Ma lo sviluppo vuol dire anche scoprire, riconoscere. Quando l'allievo scopre la semplicità, la sonorità piena e libera, la mancanza di partecipazione muscolare attiva, scoprirà anche  - e all'inizio non sarà una bella scoperta - la perdita del controllo fisico sul suono. Questa cosa è talmente giusta e "naturale", che sembra pazzesco e inconcepibile che invece siano tutti meravigliati del contrario!! Cioè esiste una sorta di blocco mentale o idea preconcetta per cui mentre il parlare è fluido e a-fisico, il canto, secondo questo preconcetto, no, dovrebbe passare per forti e necessari controlli fisici. La perdita di questi controlli genera una sorta di choc per cui l'allievo crede di aver perso la voce o comunque si pone il dubbio di fare una voce "stupida", non lirica, non potente, priva di qualità e caratteristiche importanti. Questa monumentale sciocchezza è sostanzialmente l'idolo da tirar giù, il mito da abbattere, ma non solo non è facile, ma genera o può generare dubbi e incertezze tali da mandare in crisi un allievo che può anche ripensare alle proprie scelte e provare altre scuole. Naturalmente quest'ultima non è una scelta da ritenersi sbagliata o avventata. Il dubbio è legittimo, e provare altre strade sempre corretto; ovviamente non si può e non si deve vivere nel dubbio, non si può e non si deve fare del dubbio un sistema, per cui si deve provare per cancellare i dubbi: se la nuova strada convince si sceglierà quella, se ci si accorge che è sbagliata si deve tornare con rinnovata convizione alla strada vecchia. In questa scelta si è e si deve essere soli con la propria coscienza: rivolgersi agli altri può significare mettersi nelle mani di soggetti egoici, lontani dall'arte e dal disinteresse. La scelta di chi intraprende una strada realmente artistica, di passione profonda e sincera, deve essere di carattere umano, spirituale, storico; se antepone problemi di immagine, di affermazione narcisistica, di successo carrieristico anche immeritato (dove il soggetto riesce a nascondere negli angoli bui della propria coscienza la consapevolezza di non essere all'altezza, dei trucchi, degli inganni, dei sotterfugi adottati per riuscire...), è inutile che cerchi una scuola artistica o che cerchi di confondere le acque su cosa sia l'Arte: non è roba per lui.

2 commenti:

  1. Tutto molto chiaro...
    Vorrei portare la mia esperienza di pochi giorni fa: concerto di capodanno non da solista ma da corista. Arriva il tenore che già conoscevo ed aveva anni fa una voce piccola ma pulita, "graziosa", sincera. Adesso invece, ha cambiato maestro e testa, ha una voce che è brutta, "strana", nasale e piena di enfasi... lui mi ha riferito che "finalmente" ha trovato un maestro che a differenza del precedente gli "ha costruito la voce di tenore" sigh!!!! perchè quella precedente non approdava a nulla (doppio sigh!!)
    Che amarezza... è convinto che questa sia la sua "VERA VOCE", e si atteggia sul palco anche in maniera diversa, pavoneggiandosi e diventando anche ridicolo... Ti prego di credermi che l'avevo conosciuto come persona semplice e anche abbastanza umile, aveva poi il pregio di essere molto musicale con dei fiati belli, lunghi, rilassati. Adessa invece.... lo scrivo alla napoletana: "pare 'na pippa appilata"... che tristezza anche perchè è giovane.

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  2. Ecco qua... tutto chiaro; purtroppo è questa la piaga vera, cioè gli insegnanti di canto che invece di ridurre ed eliminare narcisismo ed egocentrismo dai loro allievi, lo esaltano e lo alimentano, e questo sempre per il "patto scellerato"! Quello che fa anche male, come racconti chiaramente, è assistere anche allo svilimento della persona, che diventa ridicola (ma non per tutti, come al solito), alla perdita di dignità e semplicità. E tu prova a dirgli qualcosa, e vedrai come reagisce: uno scorpione! Ma, per l'appunto, oggi noi più che orientare i giovani avremmo bisogno di riconvertire i docenti! Non dico tanto sul piano tecnico, ma almeno su quello etico-morale!

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