In passato avevo scritto un breve post dedicato al "maestro proiezione di sé". Oggi ritengo di poter scrivere un pensiero più completo legato al confronto allievo/maestro, integrandolo anche con alcune più recenti proposizioni. Durante una (buona) lezione artistica, come si configurano i due ruoli maestro allievo? Possiamo dire che quando l'allievo è tranquillo e sicuro della scelta effettuata, cioè è fiducioso e ritiene di essere in mani affidabili, di fatto proietta sé stesso nel maestro, ovvero - attenzione - quella parte di sé che non conosce ma c'è, è nascosta, poco o nulla visibile perché avvolta - ancora - nel buio; in questo ruolo il maestro diventa la coscienza incarnata dell'allievo (il grillo parlante e pure cantante!) il quale non dovrà far altro (come se fosse poco) che richiamare l'allievo a un risveglio, a una illuminazione che renderà via via sempre più chiaro, più evidente e sicuro il percorso intrapreso. Siccome la cosa più facile e frequente durante l'esecuzione degli esercizi è la distrazione, ovvero la divisione della mente dell'allievo in due mondi, dove il pensiero distrae dalla realtà, il maestro avrà soprattutto il ruolo di richiamare lo studente al presente, a ciò che sta eseguendo, facendo notare l'errore compiuto nell'esercizio, che non sarà perché non lo sa fare, ma perché ha perso la concentrazione. Avete presente quando leggete un libro e improvvisamente vi rendete conto che dell'ultima pagina non vi ricordate niente? Ecco, questa è l'esemplificazione più semplice della "divisione", cioè la mente è in grado di dividersi, e mentre una parte "crede" di leggere - e in effetti voi andate avanti riga dopo riga e persino pagina dopo pagina - l'altra se ne va a passeggio per altri mondi, magari richiamati proprio da una qualche immagine di ciò che stavate leggendo. Questa cosa avviene anche durante il canto e durante l'esercizio 1. Una delle cose, come ho scritto poco tempo fa, è il giudizio, il valutare autonomamente se ciò che si sta facendo è bello, brutto, giusto, sbagliato. Questo è un grosso inciampo! Se siamo a lezione, il compito di valutare deve essere affidato all'insegnante. Quante volte capita che alla fine di un esercizio l'allievo esprima con un'esclamazione il proprio giudizio su quanto ha svolto? ("era orribile", "non mi piaceva", "ho sbagliato", ecc.). Ecco, oltre a esercitare - inconsciamente e in buona fede - una prevaricazione verso l'insegnante, che è lì apposta, noi abbiamo la prova provata che egli non stava "facendo", ma stava "giudicando", cioè non usava le orecchie e i propri sensi per realizzare ciò che prevedeva l'esercizio o il brano da eseguire, ma badava al risultato, che ovviamente non è ancora in grado di esercitare compiutamente, e comunque non è logico che lo faccia a lezione. Altro esempio: in una frase che inizia e finisce sulla stessa vocale, e magari sulla stessa nota, la prima e l'ultima risultano molto diverse. E', o può essere, vero che l'impegno e il consumo di aria possono portare a modificare i parametri esecutivi, per cui l'ultima nota può venire meno bene delle prime (e allora può essere necessario - provvisoriamente - modificare i punti ove riprendere fiato), ma in genere è assai più normale che l'ultima venga meno bene in quanto, dopo le prime note, e addirittura dopo LA PRIMA, la mente già si è distratta, bada ad altro, dunque egli consciamente non sa come ha fatto l'ultima nota perché non vi prestava alcuna attenzione (e potrebbe essere anche buon motivo per cui le note del "ritorno" in una scaletta o un arpeggio, vengono quasi sempre meno bene, e si opta, allora, per eseguire l'esercizio al contrario, cioè prima scendendo e poi risalendo). Quando l'insegnante insiste fino allo spasimo ripetendo un esempio su una semplice vocale o sillaba, cosa altro vuol fare se non cercare di aprire, illuminare la coscienza dell'allievo su ciò che egli può fare, essendo contenuto nel patrimonio della sua specie, quella umana, ma non vi riesce perché ancora avvolto dalle tenebre? Naturalmente per molto tempo sarà anche una questione dovuta alle possibilità respiratorie e alle resistenze opposte dall'organismo, però il compito supremo e incessante dell'insegnante è e deve essere quello di farsi coscienza viva dell'allievo (starei quasi per dire "nell'allievo"), dove quest'ultimo HA un ruolo attivo, che è quello di non lasciarsi sopraffare dagli agenti disturbanti e di proiettare continuamente nel proprio insegnante la volontà di superare le difficoltà, di sapere cosa sta frapponendosi tra sé e la propria coscienza. Questa potremmo definirla - un po' pomposamente ma umilmente mi pare sensato - la strada dell'illuminazione, ricordandoci però che i primi che possono rendere possibile tale obiettivo sono gli allievi!
' nota: ricordo benissimo che cantando mi è capitato non solo una volta di pensare (quindi mentre stavo eseguendo un brano pubblicamente, sotto l'impegno del canto, della memoria, ecc,) cose tipo: "ah, qui ho dimenticato di fare piano, nella ripetizione devo ricordarmi" e altre frasi simili!
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