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sabato, marzo 09, 2013

Percezioni e giudizio

I nostri strumenti percettivi, occhi, naso, bocca, pelle, orecchie, recepiscono vibrazioni fisiche di varia qualità che la nostra mente elabora e ritrasforma come sensazioni di forme e colori visti, odori, gusti, qualità superficiali degli oggetti, suoni. Fin qui, pertanto, dati oggettivi, la realtà come la percepiscono tutti gli uomini in buona salute. Ma, appena i nostri sensi hanno captato una qualche sensazione (un oggetto, un odore, un gusto, una superficie, un suono), il nostro "io", cioè qualcosa di noi che sta "dietro" la mente, sembra non poter fare a meno di giudicare quella sensazione, attribuendole una qualità: buono, cattivo, simpatico, antipatico, gradevole, sgradevole, brutto, bello... Il giudizio va suddiviso in alcune categorie:
1) giudizio di incoscienza: la persona attribuisce una qualità in totale mancanza di informazioni ed esperienze.
2) giudizio di inconscienza ma alla luce di requisiti innati;
3) giudizio di coscienza. Nel giudizio di coscienza ci sta, e purtroppo è la maggioranza, anche il falso giudizio di coscienza, cioè il giudizio espresso nella convinzione di avere una coscienza libera e trasparente, il che non è quasi mai.
Ma cominciamo a vedere i primi due casi, che sono i più interessanti. Come e perché si esprime sempre un giudizio sul percepito? Si potrebbe dire che la nostra sensibilità abbia una sorta di orientamento polare, come le calamite, e reagisca ad ogni informazione che la colpisca in base alla polarità di quella informazione in senso attrattivo o repulsivo (++ e -- respinge, + - o - + attrae). Naturalmente detto così è molto riduttivo e semplicistico; come l'infinità di colori, di suoni, di gusti, ecc., anche le nostre polarità non sono binarie, ma molto articolate, per cui si può andare dalla forte attrazione alla più energica repulsione con tutte le possibili sfumature che stanno in mezzo. Purtroppo questo giudizio, che si suol definire opinione, è alquanto soggettivo, al contrario della realtà fisica che colpisce i nostri sensi in prima battuta, ed è ciò che crea dibattiti, discussioni, litigi, rivoluzioni, guerre e quant'altro.
La coscienza è qualcosa che tutti abbiamo, ma non è libera, non è "trasparente". Non sappiamo di sapere. Le informazioni, che nella società spesso vengono scambiate per il sapere, sono nozioni che contribuiscono a completare il sapere, ma esso è la capacità di intuire, di scoprire, di avere ispirazioni. Come ho già spiegato, il maestro vero non è colui che ci "riempie" di informazioni sconosciute, ma colui che ci fa scoprire quanto è già in noi, compreso il maestro stesso. Ciascuna persona può nascere, poi, con un bagaglio conoscitivo già parzialmente manifesto, ma che dobbiamo comunque considerare inconscio, perché il soggetto non sa perché ha quella dote. Possedendo questa dote innata, il soggetto ha un metro di riferimento diverso, più sviluppato, rispetto a chi quella dote non ha. Questo è però un dato ingannevole, per i motivi che dirò.
Fin qui ho parlato di dati che colpiscono i nostri sensi come se il mondo della realtà non ci contemplasse. Il nostro io infatti non appartiene al mondo fisico, ma a quello del pensiero, pertanto il nostro corpo fisico è recepito come esterno ad esso. (tanti anni fa, quando ero ancora lontano da certe scoperte, mi venne una poesiola minimale di cui forse non intuivo ancora tutto il potenziale: "Scoperte: oggi mi sono guardato allo specchio/ed ho scoperto/che non mi assomiglio per niente"). Per questo motivo, non potendo avere una esatta percezione di sé dall'interno, noi quando ci guardiamo allo specchio e ci "scopriamo" - o scopriamo cambiamenti rispetto al passato - emettiamo giudizi, e lo stesso vale per tutto ciò che produciamo di recepibile ai sensi, compreso, qui volevo arrivare, il suono, cioè la voce. Il nostro senso di giudizio, essendo inconscio, giudica soggettivamente in base al proprio orientamento polare, e questo vale anche per coloro che sono dotati di qualche virtù artistica innata. Una persona che ha bella e buona voce dalla nascita e canti con una certa facilità, sicuramente avrà un buon giudizio sulla propria voce (o addirittura eccellente, e in questo caso il narcisismo sale alle stelle) ed è quindi orientato a dare buoni giudizi sulle voci con caratteristiche simili alla sua. Non avendo coscienza, egli può benissimo non rendersi conto di difetti, anche gravi, presenti in un'altra voce e potrà non rendersi conto di difetti che col tempo nascono nella propria voce, ma percepirà solo dati esterni che si sono aggiunti, come la fatica, l'impossibilità di fare determinate cose (note, smorzati, ecc.), restando persino perplesso sulla presenza di queste difficoltà, ritenendo di cantare sempre allo stesso modo. La persona che studia seguendo un itinerario artistico si troverà nella necessità di dover azzerare, eliminare, il giudizio innato, istintivo, in quanto da considerare INTERFERENZA, ostacolo, intralcio alla conquista di una coscienza limpida. Nel corso dello studio si può venire a creare un conflitto - e succede quasi sempre - tra il giudizio innato e il giudizio di coscienza che va formandosi, specie nei confronti della propria voce, e questo perché non è detto che il primo sia positivo, cioè la propria voce non piace e quindi si va alla ricerca di qualcos'altro, che sono le cause dell'artificio, del costruito, dell'imitato, del cammuffato, ecc. Dunque è necessario, indispensabile per chi voglia assurgere a livelli artistici, rimuovere il giudizio istintivo. All'inizio vuol dire riconoscere che c'è, e metterlo in discussione, non reprimerlo, ma "osservarlo". Lo studio ci porterà gradualmente a riconoscere, o perlomeno dubitare, dell'esistenza nella propria e nell'altrui voce, di difetti, di caratteristiche, che ignoravamo, cioè non riconoscevamo. Potrà nascere una confluittualità tra qualcosa che troviamo gradevole e qualcosa che man mano che passa il tempo valutiamo negativamente. E' qualcosa che possiamo considerare naturale, e può coesistere. Quando ascoltiamo quel dato cantante, che magari fino a qualche tempo prima osannavamo come un mito, riconosciamo che ha dei difetti. Questo non ci impedisce di continuare a dire: mi piace. Voler cassare improvvisamente il giudizio non è una buona strategia, perché basata unicamente su una volontà impositiva non supportata da una coscienza già liberata, e questo può portare a delle conseguenze altrettanto drastiche, cioè rinunciare anche al canto o a quella disciplina. Le cose devono evolversi, o meglio, devono essere lasciate evolvere, senza impazienza e forzature. Un bel giorno si potrà dire: ho ammirato per tanto tempo questo/a o quel/la cantante, oggi mi rendo conto che non è quella meraviglia che avevo creduto. Senza malinconia, senza rimpianti e senza sensi di colpa. E' così, è il mio nuovo essere, devo essere felice di aver acquisito questa nuova capacità di osservazione (visiva, sonora o quant'altro) di una realtà che non immaginavo. Cosa succede quando si acquisisce coscienza? Il giudizio si "allinea", si ri-orienta, e ci supporta nella valutazione. In questo c'è quel passaggio (vedi: non essere divisi) teso al riconoscimento di sè, cioè, al riunire in UNO il pensiero e il corpo (missione in realtà difficilissima nella sua completezza) durante il canto, cioè riconoscere e accettare la propria voce. L'analisi, l'osservazione della propria e altrui voce secondo coscienza, porterà a modificare il concetto estetico, il concetto di bello, che nasconde la verità.
Così come la voce esemplare è fiato sonoro puro articolato mentalmente, senza interferenze fisiche istintive, essa è frutto di un pensiero puro, senza l'interferenza di un giudizio istintivo.

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