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martedì, marzo 05, 2013

Peso e appoggio

Il termine "peso" è poco usato nel mondo del canto e del suo insegnamento, mentre lo ritengo piuttosto importante, e il termine appoggio è persino abusato e non so quanto compreso. Posso anche dire che "peso" è un termine improprio, ma sintetico e quindi abbastanza efficace. C'è un'intervista di Gigli in cui esemplifica due tipi di canto, che lui definisce col diaframma e senza (sul fiato). Anche questa è una definizione un po' impropria e variamente interpretabile, ma anche questa con la sua efficacia. Ciò che fa Gigli è mettere, o non mettere, peso. Quando un suono viene intensificato, si modifica la struttura delle corde vocali e quindi anche del fiato che le pone in vibrazione; quest'ultimo acquista maggior pressione e questa si esercita su tutta la superficie polmonare e in particolare sul diaframma, che costuisce il più importante muscolo respiratorio; come una "molla", il maggior peso, o meglio pressione, lo fa scendere. Dunque, peso o pressione costituiscono un importante elemento per favorire l'appoggio della voce. Si potrebbe dire quindi, e molti lo dicono, che peso e appoggio coincidano. Non è così, ed è per questo che ne parlo come due elementi diversi. Il ragionamento che propongo sovente è che lo studio del canto, in una disciplina artistica, è graduale ed evolutivo, quindi ciò che avviene nei primi tempi di studio è diverso da ciò che avviene nella parte intermedia, dopo diversi mesi o anche qualche anno, ed è diverso da ciò che avviene nella parte finale o di perfezionamento, sicuramente dopo anni. Nel caso della disciplina artistica - cioè non di tipo tecnico che sfrutta la tolleranza dell'organismo ma è sostanzialmente un insieme di battaglie che si oppongono alla reazione biofisica - anatomia e fisiologia degli apparati si modificano di quel tanto che consente loro di non perdere il carattere fondamentale di apparato vitale ma anche di diventare perfetti componenti di uno strumento sonoro. Quando, perciò, il fiato si sarà svincolato dalla funzione valvolare della laringe, il diaframma non sarà più costretto a una costante azione oscillatoria (alto - basso) e potrà sostare in zona bassa assicurando permanentemente la medesima qualità al suono prodotto senza la necessità del "peso". In altre parole possiamo dire che il cosiddetto appoggio è semplicemente la posizione bassa del diaframma, che nei primi tempi deve essere aiutata dal peso del suono, mentre successivamente non ne ha più necessità, rimanendo basso grazie a una conquistata diversa postura respiratoria. Quando ciò avverrà il peso diventerà un'opzione espressiva che conferirà maggiore o minore intensità al suono, senza "scalini" e senza coinvolgere l'appoggio, cioè il togliere peso non avrà come conseguenza un minor appoggio, cosa che invece avviene nel modo di cantare tecnico, che necessita sempre di una forza che mantenga il diaframma basso per poterne sfruttare l'energia risultante. Per fare un paragone, che comprenderanno meglio i pianisti,si può paragonare alla differenza tra un suono pianistico prodotto con il peso del braccio o con la sola "digitazione".


3 commenti:

  1. A tal proposito, mi ha sempre affascinato sin da bambino la domanda a trabocchetto:pesa più un chilo di paglia o di ferro?
    Certo però che se ti cade addosso il ferro sicuramente non ti fa l'effetto della paglia... o di piume, o di fiato... appunto!
    Si può cantare duri e pesanti come il ferro oppure leggeri ed eterei come la paglia eppure con lo stesso peso.... ma a questo punto bisognerebbe parlare di massa e soprattutto di volumi differenti. Giusto?

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  2. Per quanto riguarda il primo aspetto, bisogna riconoscere che anche il semplice parlato, intonato soprattutto su tessiture più acute del solito, può pesare tonnellate! Sta al maestro comprendere quanto insistere su questo aspetto impegnativo, in base alle condizioni psico fisiche dell'allievo. Peraltro è una fase ineludibile. Per quanto riguarda il secondo punto, ricordo quanto avevo già scritto in passato (le masse contrapposte e le masse indipendenti), ma mi dai lo stimolo per fare una precisazione. Ritornando al pendolo di Newton, considerando la pallina di sinistra la massa del fiato in uscita e la pallina di destra la massa di suono prodotta, bisogna considerare che anche questa produce una pressione che si esercita anche sulla laringe (è da paragonare alla stessa pallina che torna a battere su quelle centrali). Se non si permette al suono di scorrere verso l'esterno con la dovuta fluidità, ovvero se il suono "ristagna" nelle cavità oro-faringee (e una gran parte dei cantanti lo fa volontariamente! e molti altri involontariamente) questo eserciterà una pressione verso il basso (e per contrastarla si spingerebbe ancor di più... e via!).

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  3. Quanto è vero....
    Agli inizi degli studi era davvero diventato un ciclo vizioso. Non indirizzavo i suoni fuori, al contrario. Ma era dovuto anche al cattivo o improprio consiglio dell'insegnante di "sentirsi il suono in bocca". E che significa? Io la prima cosa che facevo, di conseguenza, era bearmi della voce in bocca ma spingendo come un pazzo giù, proprio perchè la voce "me la tenevo" (sigh) e per ottenere quello che secondo me e quell'ignorante di insegnante era un "vocione da vero baritono" incupivo anche i suoni e ne usciva una voce che logicamente non era la mia di tenore. "Ecco, questa è la tua voce di baritono.... bella ricca, piena di risonanze"... ma io sentivo (nella mia ignoranza) che non era affatto la mia, anzi. Forzavo tutto pur di "far piacere" la mia voce... aiutato da una pseudo insegnante che avrebbe meritato... vabbè ma questa è un'altra storia. Ho riconosciuto la mia voce quando ho capito che non era importante la quantità, il mostrarsi, il dimostrare, ma l'essere, semplicemente lasciarsi andare con onestà a quello che semplicemente avevo dentro, senza paure, accettando i miei limiti e studiando per ampliarli, migliorare i pregi, abbattere i difetti. Una fatica immane inizialmente, uno studio continuo e la voglia di conoscersi giorno dopo giorno, davanti uno specchio, con l'insegannte giusto, davanti un pubblico, con tanta dignità accettando il tempo e l'età che avanza ma con essa anche tante piccole soddisfazioni che mi hanno portato a credere e convincermi che il canto è una disciplina nobile e pertanto va gestita con cura, costanza, disciplina, giustizia, senza colpi di testa, senza arroganza, senza egoismi, una medicina per te stesso,prima, per spaziare felici, liberi, e poi da donare agli altri (quelli che vogliono recepirla per quello che è...).

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