Vuoto interiore, vuoto vocale (inteso, per chi si è perso qualche "puntata", come libertà assoluta, mancanza di resistenze, ostacoli, attriti, ecc.).
Comincio questo post con un piccolo preambolo: cosa si intende con interiorità? La mente razionale assume con questo termine ciò che sta dentro il nostro corpo, con una prevalente indicazione nei riguardi della testa. In realtà non è così. Noi abbiamo una percezione di noi così come abbiamo percezione dell'esterno; i nostri sensi ci danno una dimensione fisica di gran parte del nostro corpo, che percepiamo anche in funzione (direi soprattutto) dello stato del malessere. La percezione dell'io, quindi, è un "dentro" molto più dentro del nostro corpo, è un luogo pressoché immaginario da non confondere con i suoi confini fisici. Come ho già scritto in molte occasioni, e come molti sanno, noi siamo pervasi anche da un "ego", ben diverso dall'io, che purtroppo però con questo si (e ci) confonde. Il mondo dell'ego è il mondo delle vanità, del desiderio di successo, di potere, di avere, di dominare, di apparire, sacrificando ogni valore per raggiungere uno o più di quei desideri. Dall'ego derivano ovviamente aggettivi come egoistico ed egoico. Ora si potrebbe dire che quanto più l'ego occupa la nostra mente, quanto meno essa potrà risultare disponibile al pensiero, ovvero all'io superiore (che, al contrario dell'altro, non mira a successi effimeri, superficiali, materiali e singoli ma al bene comune). Affinché il pensiero possa esprimere le proprie potenzialità e permetterci di sviluppare le nostre capacità artistiche, che allo stesso tempo ci consentono di incontrare il prossimo in questa dimensione, abbiamo bisogno di svuotarci, cioè, detto un po' rusticamente, di far spazio. Questo è quanto le discipline orientali hanno sempre predicato, fin dall'antichità, e possiamo dire abbiano in buona parte raggiunto. Per fortuna da alcuni decenni c'è stato un avvicinamento anche da parte dei popoli occidentali a quelle discipline e qualcosa di meglio le persone stanno facendo per cercare di allontanarsi dalle lusinghe del potere materiale. Bisogna però stare attenti anche in questa direzione, perché in buona parte questo avvicinamento si è attuato per moda e in modo alquanto superficiale: "lo faccio perché mi rilasso". Per la carità, va benissimo, però gli scopi dovrebbero essere ben altri. E' piuttosto inutile fare un'ora di yoga, ne cito una a caso, alla settimana e quando si esce riprendere il proprio atteggiamento consueto. Se è una disciplina, occorre disciplinarsi il più possibile mantenendo un indirizzo etico, morale, comportamentale... COERENTE! Ordunque, collegandosi anche al post precedente, il nostro obiettivo dev'essere quello di svuotarsi: dalle esigenze contingenti, dal correre per ogni cosa senza rendersi coscienti di cosa è veramente importante e cosa no, quindi dare priorità alla vita vera e significativa allontanando (gradualmente, ok) tutti quegli stimoli, quegli impulsi - o pulsioni - di una vita incoerente. Quante volte sento dire: "la vita è una sola, quindi..." quindi cosa? Bevi e mangi come un porco, fumi, non ti riguardi perché la vita è una sola, o una volta sola hai 20, 30 anni, ma a 50-60 sarai perennemente dal dottore, a fare esami, a curarti, impasticcarti, ecc. ecc. impegnando persone che dovranno seguirti e accudirti...? Se non cerchiamo di fare anche della nostra vita un'unità, premettendo e salvaguardando ciò che potrebbe danneggiarci tra un po' di tempo, che vita è? E' normale e anche giusto lagnarsi perché il mondo dell'arte, della musica e del canto, è decaduto in modo vergognoso, perché la politica sta uccidendo tutto, perché siamo dominati da ignoranti e farabutti, ma è così perché ci lasciamo comprare dal miraggio di soldi (magari pure pochi), di visibilità o successi più che ridicoli, dalla brama di oggetti e piccoli poteri. E' la coscienza che ci può aiutare a risollevarsi e in ogni modo ognuno deve sentire in cuor suo da quale parte è chiamato, e occorre fare ciò che deve, superando le depressioni, le mortificazioni, gli insuccessi momentanei, la bassa autostima. Anche in questo campo, non si fa per dimostrare, per sentirsi superiori, ma perché ci sentiamo attratti da questa esperienza virtuosa dell'umanità. Occorre dire, come diceva spesso il mio insegnante: "io non ho meriti".
Fare il vuoto interiore, chiudere il cerchio, trovare il silenzio, sono espressioni virtuose che ci possono aiutare, con una certa facilità, a realizzare il "non fare" che rovina ogni attività artistica, esperendo quel semplice gesto artistico che non è frutto della nostra volontà ma arriva dal profondo del nostro pensiero e che agisce se ci sono le condizioni affinché agisca. A questo vuoto d'azione corrisponderà a quel punto il vuoto nel canto. Talvolta si ha l'impressione che sia il canto a subire problemi fisici, ma è l'opposto, è il nostro corpo che subisce le "intemperanze" di una vocalizzazione dura, violenta, che non è canto! Purtroppo bisogna constatare che le scuole di canto tendono a non porsi da subito il problema della libertà, ma inducono ad azioni che schiavizzano. E' poi vero che in molti casi l'allenamento può far provare in seguito maggior facilità, ma la libertà è un'altra cosa, ed è per sempre!
Le esperienze della Vita, ti portano inevitabilmente e fortunatamente ad optare delle scelte. Il mio caro nonno che era un poeta, molto umilmente, diceva che il suo desiderio vitale era costantemente il desiderio di conoscere, di sapere.... era una vera spugna (nel senso ch'era assetato di vita inteso nel più amplio e profondo significato) ed io ho nel dna questa caratteristica. Certo le scelte ti portano a sbagliare ma anche a maturare, a capire. Aveva un profondo senso dell'amicizia, tollerava chiunque in maniera giusta, cercando dove possibile di dire la sua.... ricordo che si fermava per strada per parlare con alcuni operai che aggiustavano il manto stradale e discorreva con loro del loro sacrificio, ringraziandoli ed offrendogli un caffè. Il lavoro dignitoso, mi diceva, è una delle cose più imporatnti per un uomo.... lo so sono frasi già dette e ripetute ma sentirle dire ancor poco prima che morisse a 95 anni è una bella soddisfazione; tutto questo in una completa e poliedrica visione di vita, vissuta pienamente, appassionatamente tra la gente. La moglie, mia nonna morta qualche anno prima, diceva di mio nonno... "è uno spirito libero" forse rimpiangendo i momenti che avrebbe voluto vivere un pò di più con mio nonno.
RispondiEliminaTutto ciò per sottolineare, se mai ce ne fosse stato bisogno, il concetto espresso della umanità, libertà, coerenza, che DEVONO e POSSONO essere messi alla base non solo del canto, secondo me, ma di ogni Arte che si possa definire tale.
Certo, si può guarire dai malanni, ma poi bisogna mettersi sulla strada giusta, "sacrificando" i propri egoismi, denudandosi ed accettando nel rispetto di quei sentimenti, la vera energia che è dentro di noi, sopita, celata. Ma c'è! Cantare può essere una terapia.... ma è una volta raggiunto l'equilibrio umano che il Canto diventa estasi, paradiso, Arte.
Grazie per il supporto con la viva esemplificazione. Facendo ricerche posso dire che i nostri nonni avevano molto più spirito libero, molto più coraggio e vita di noi oggi. Anche dai racconti relativi ai miei nonni e bisnonni ho avuto ampia testimonianza in questo senso.
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