Sappiamo, per cognizione di causa, che la respirazione con la parete addominale anteriore leggermente depressa (denominata "costale"), se usata nei primi periodi di studio, porta, se l'insegnante non è di primissimo ordine, verso la compressione sottoglottica e, quindi a difetti più o meno vistosi quando addirittura non comprometta un qualsiasi avvenire dell'aspirante cantante. E' nota la falcidia di voci che non hanno superato un simile metodo. Se manca la cognizione di causa, si va immancabilmente incontro alle conseguenze che sono relative a questa mancanza.
Deve essere chiaro che qui non si sta facendo una valutazione positiva o negativa di un certo stile respiratorio; quanto scrive il M° Antonietti si riferisce esplicitamente a un atteggiamento da evitare NEI PRIMI PERIODI DI STUDIO. Sappiamo infatti che all'inizio le reazioni istintive portano a sollevamenti repentini e potenti del diaframma; premere sulla parete addominale anteriore significa anche premere al di sotto del diaframma e, di conseguenza, sollecitare ulteriormente tale reazione e sollevamento.
L'istinto è una sufficiente esigenza esistenziale, ed è già una coscienza che non ne accetta una nuova e sostitutiva.
Si ribadisce un concetto chiave! Il nostro corpo fisico è governato da un principio regolatore che non può accettare che la respirazione agisca secondo principi diversi da quelli contenuti nel DNA (cioè da scambiatore gassoso e all'occorenza da complemento erettivo del busto ad alimentatore di suoni di elevata qualità).
Se non è opportunamente assecondato, la sua reazione tende, entro i propri limiti, a degenerare. Il superamento dell'istinto, quindi, diventa possibile solo quando l'azione educativa opera entro i limiti di concessione istintiva
L'istinto reagisce ma tale reazione può avere nel tempo ampi margini di tolleranza. Sappiamo che l'allenamento costante porta nel tempo ad ampliare le possibilità (ad esempio per i sub) sia di durata che di resistenza muscolare. Non è però questa la strada esemplare da percorrere, perché la concessione tende a svanire quando l'allenamento diminuisce o cessa. Intanto occorre esercitarsi facendo sì che l'istinto abbia la minor esigenza reattiva possibile, quindi è bene non provocarlo con suoni molto potenti e/o scuri e/o acuti, perché quelle sono le condizioni di maggior sollecitazione.
e quando pone l'istinto in una condizione di blanda reazione che consente all'azione educativa di proiettarsi oltre l'intenzione, arricchendo così la mente che viene a conoscere che esiste un oltre dove prima esisteva un limite.
Altri concetti fondamentali, su cui occorre soffermarsi a riflettere a lungo, senza giudicare. Allorquando l'esercizio consente, senza forzatura, di conseguire un buon risultato, ci si dovrebbe porre l'interrogativo del perché accade questo; esiste un "oltre" alla nostra fisicità che si può conquistare senza forza, ma escludendo le cause della reazione, e questo perché, una volta superato l'ostacolo, la mente apprende un dato fino a quel momento sconosciuto, in quanto non contenuto nell'istinto, anche se possibile perché contenuto nelle potenzialità umane. In questo senso potremmo parlare di una "doppia appartenenza", cioè la fisicità, governata in primis dall'istinto, e la natura umana, che si gioca anche sul piano conoscitivo, spirituale, volitivo.
Il fatto poi che questo procedere possa condurre a superare tutti i limiti, sino a quel non oltre inteso come Arte e diverso dal non oltre inteso come concessione istintiva, investe il concetto stesso di Arte.
Torniamo, necessariamente, a input gnoseologici, che sono alla base di una disciplina realmente artistica. L'istinto animale limita le possibilità concrete del nostro pensiero, che sono immense, per cui non c'è altra strada, per raggiungere le massime possibilità di manifestazione artistica, che superare quei limiti, il che però, come già scritto, non può e non deve avvenire con la forza, altrimenti sarà una lotta contro l'istinto che avrà sempre la meglio perché è un codice vitale, quindi dobbiamo aggirarlo e, in un certo qual senso, "convincerlo" che quanto facciamo non confligge con i suoi limiti, ma anzi amplia le nostre possibilità e i nostri orizzonti.
Se il metodo asseconda l'istinto entro i propri limiti e non lo domina (ovviamente quando non lo peggiora), quei limiti sono e diventano insuperabili, cioè limiti tecnici che hanno, ovviamente, un oltre che non possono né raggiungere né comprendere, perché un limite relativo ad un certo conoscere presuppone l'impossibilità di superarlo.
Qui si presenta un "nodo" importante, cioè superare l'istinto senza provocarlo. Se assecondiamo l'istinto possiamo agire in un ambito limitato, anche se è un fattore soggettivo, per cui alcuni possono compiere azioni di maggior interesse rispetto ad altri, ma saranno sempre azioni limitate e che, nella loro peculiarità, non possono rientrare in una qualità di tipo artistico (ad esempio certi cantanti di musica leggera, che possono suscitare un elevato interesse per specifiche doti di bella voce e di intelligenza testuale e creativa, ma non si possono contraddistinguere per una vocalità rilevante). Per molte persone e alcuni campi può essere un dato sufficiente. Non lo è e non lo può essere (o potrebbe) in un campo come la vocalità operistica e concertistica classica, che fa della voce un punto di eccellenza.
Si potrebbe commentare che tutto ciò che è fisico, istintivo, è soggetto a delle Leggi che servono appunto a regolare, classificare, dare un senso, migliorare, ecc.
RispondiEliminaL'Arte non ha leggi... l'anarchia, l'entropia, ecc.ecc. sono manifestazioni di un unico concetto, secondo me, di raggiungimento della libertà assoluta. Non ci possono essere vincoli! La Mente, il corpo, la voce, il pensiero, diventano un tuttuno di immateriale, trascendentale, per cui la voce non ha bisogno di essere perche E'.... l'istinto non ha motivo di mostrarsi perchè non deve difendere nulla, al contrario è esso stesso parte del "quantum", dell'energia libera. Il "distacco" dal mondo fisico, impone una consapevolezza estrema delle proprie potenzialità... delle capacità del proprio spirito. E non c'è assuefazione, anzi il contrario... è un meraviglioso equilibrio del proprio essere, del suono ancestrale, della vita che continua a palpitare nell'universo.
Grazie per questi concetti molto suggestivi. Non ho però ben compreso quanto scrivi sull'istinto: "non ha motivo di mostrarsi" (in che senso?); "non deve difendere nulla" (sì, deve difendere la fisicità): "esso stasso parte del quantum, dell'energia libera". Beh... può diventare vero alla fine del percorso di consapevolezza e conquista artistica. E' questo che intendi? Ciao
RispondiEliminaCerto, intendo dire che mano a mano che si inizia ad acquistare la consapevolezza artistica, ci si rende conto che l'istinto si fonde, si integra, non dovendo proteggere in quel caso (certamente rimarrebbe giustamente vigile per la fisicità), quindi non si manifesta, si assopisce. Insomma si tranquillizza ;-) non avendo paura ma anzi ne trae benefici..... in uno stato di quiete. Grazie a te Fabio
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