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mercoledì, maggio 20, 2015

Intonazione

Il discorso sull'intonazione è tutt'altro che semplice. Sembra facile dire: il buon cantante deve essere intonato! Ma chi, e soprattutto "come", lo giudica? Ricordo che nel libro di Aspinall su Caruso, l'autore analizza molte incisioni e poi sentenzia: "qui Caruso fa centro dieci volte su quindici", ad esempio. Non mi pare però che spieghi quale sistema ha adottato per giungere a tali verdetti. Per chi non è addentro ai problemi musicali, farò qualche cenno in merito. La questione delle scale musicali è tutt'oggi terreno di scontro anche piuttosto aspro tra musicologi. Per alcuni sono tutte invenzioni e abitudini culturali e l'occidente ha imposto una propria superiorità sulle culture musicali di altri paesi, ma senza una base inoppugnabile. Sulla fisica musicale ci sono dati e fenomeni universali ed altri meno oggettivi. Come è noto già i greci conoscevano gran parte delle regole fisiche che regolano il suono e alcuni suoi sviluppi. La ricerca antropologica ha scoperto che già 5000 anni a.C. esistevano zufoli impostati su una scala pressoché identica alla nostra. Due sono i campi di osservazione: la questione degli armonici e... come è fatto l'uomo! L'esame di dati fisici esterni infatti non è sufficiente a dare validità a un sistema artistico, perché ciò che può trasformare, sublimare fenomeni fisici in gesti artistici è l'uomo, la sua costituzione e la sua coscienza. La cosa fondamentale da sapere, ma non è cosa che a scuola si insegni e anche a livello di musicisti su questo si glissa parecchio, è che ogni suono prodotto in natura dalla vibrazione di corpi elastici o dall'aria sollecitata all'interno in un tubo, è accompagnata da armonici. Cosa sono gli armonici? sono suoni secondari, cioè più deboli, e che si sviluppano con alcune frazioni di secondo di ritardo e secondo leggi assolutamente universali e immodificabili. Quando percuoto una corda essa emetterà una nota fondamentale, mettiamo un LA, ma immediatamente dopo la corda prenderà a vibrare nelle sue due metà in cui tenderà a dividersi, ed emetterà nuovamente un la, ma un'ottava sopra; poi iniziareanno a vibrare le metà delle metà, e si udrà una quinta superiore, quindi un MI (prima nota diversa), poi nuovamente un la, poi un do# (la terza maggiore), poi un sol (la quinta), la settima, e così via diverse altre note, che l'orecchio fa molta fatica a percepire isolatamente. Ora, quando qualcuno dice che la base per la musica occidentale si basa sulla percezione degli armonici, si sente subito rispondere: no! perché alcuni armonici sono stonati! Oh, benissimo, e in base a cosa si dice che sono stonati? E' sicuramente vero, perché se la base fossero gli armonici noi non avremmo questa sensazione. Quindi noi abbiamo un sistema umano interno che ci fa individuare, con le consuete diversificazioni soggettive perfezionabili, suoni con migliore o peggiore intonazione rispetto un codice nostro interiore. In realtà, poi, non è neanche così misterioso. Il direttore d'orchestra Ansermet, che era anche uno studioso, un fisico e matematico, scrisse un libro "la musica nella coscienza dell'uomo" dove dedica un lungo e complicatissimo capitolo allo studio dell'orecchio. Ci si dedichi chi ha profonde conoscenze matematiche, perche è molto complesso, anche se si riesce a seguire un po' intuitivamente. La morale della favola, però - e il fisico Andrea Frova in tempi più recenti ha confermato le stesse conclusioni - è che l'uomo sente "per quinte"! Questa particolarità porta alla conoscenza di una scala che da sempre si chiama "naturale", che l'uomo intona da sé e dove diesis e bemolli non coincidono (le quinte sono differenti se sono nel circolo ascendente o discendente). Nel primo trattato di canto, il Tosi insiste molto sulla capacità dell'insegnante di mostrare le differenze tra semitoni cromatici e diatonici e altri intervalli che si differenziano di pochi comma. Oggi è un argomento chiuso, nessuno più ci pensa, anche perché non si saprebbe come fare, giacché gli strumenti a tastiera sono a intonazione temperata. Rispieghiamo: se io suono in do maggiore, avrò tutti i tasti bianchi utili a quella tonalità, giustamente intonati. Se però il brano modula mettiamo a la bemolle, con la scala naturale il brano risulterebbe, su alcune note alquanto stonato. Un problema che travagliò i musicisti del medioevo e del rinascimento, e che sortì numerose interessanti invenzioni. Però la soluzione, che è un compromesso, a dire il vero, si ebbe solo nel Settecento, quando venne messa a punto la scala temperata equabile, cioè una scala che divide in dodici parti eguali l'ottava. Questo permette di accordare organi pianoforti e tastiere, ma in realtà è solo una soluzione pratica. Le orecchie più fini continuano a sentire stonature dove mancano i comma (il comma è la parte più piccola di intonazione, una sorta di millimetro delle frequenze), ma le orecchie più rozze, che sono le più, sentono stonature dove gli strumenti a intonazione libera, come i fiati, gli archi e le voci, in realtà vanno dietro alla propria giusta natura. C'è poi un altro dato non di poco conto. La frequenza base. Oggigiorno si è instaurata con una certa prepotenza il la=440 Hz. Questa frequenza non ha alcuna base oggettiva, è il frutto di lunghi compromessi tra chi la voleva più bassa, cantanti, autori, alcuni strumentisti, e chi più alta, soprattutto ottonisti, per una maggior brillantezza di suono. Il fatto fondamentale, non a tutti noto, è che il sistema delle frequenze non si basa sullo stesso principio delle unità di misura, ad esempio, della lunghezza: se io sposto un oggetto che misura un metro di lunghezza di 10 cm, continuerà ad essere un oggetto lungo un metro; nelle frequenze noi abbiamo una scala logaritmica, per cui spostando la scala di un tot non abbiamo più esattamente le distanze originali. E' anche la protesta di molti sullo spostamento di tonalità per comodità dei cantanti; se io eseguo la "pira" in si o in si bemolle per acconsentire al cantante di fare un acuto possibile, che "sembra" il do, non ho solo spostato il brano di mezzo tono o un tono intero, ma anche tutti i suoi parametri interni si sono, per quanto poco, modificati, cioè cambiano di significato. Non per nulla in passato si facevano studi molto approfonditi sulle tonalità; perché scrivere un brano in re bemolle, ad esempio, quando mezzo tono sotto risulterebbe tecnicamente più semplice? ma la coscienza e la sensibilità avvertono cambiamenti non indifferenti nei rapporti tra i suoni, e quei significati che l'autore vi sente impressi, quando spostati, perdono di valore. Figuriamoci, dunque, cosa capita se noi cambiamo il valore di riferimento di tutto un sistema, cioè il LA! Ci sono associazioni e studiosi che si battono (anche Verdi pare avesse preso parte molto attiva a un'azione in tal senso) per l'assunzione di un La con una senso universale, cioè basato sulla sezione aurea). In questo capitolo mi fermo su queste considerazioni generali, non entro nel merito del canto anche perché è un argomento di difficile trattazione, viste anche le premesse cui ho accennato qui sopra.

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