Translate

martedì, maggio 12, 2015

La moltitudine del numero uno

Un post un po' strano. Perché esistono i numeri, cosa significano? A qualcuno la domanda suonerà più che strana; come sarebbe a dire: "perché esistono i numeri"! E "cosa significano"!! Diamo tutto per scontato, e spesso le cose ci sfuggono un po' di sotto gli occhi. Poi, purtroppo, abbiamo anche una scuola che tende a stereotipare, cioè a creare modelli dogmatici. Poi gli insegnanti urlano dicendo: bisogna ragionare! Io di ragionamenti ne sento ben pochi. Dunque, partiamo da un dato: esiste la molteplicità. Nell'universo abbiamo miliardi di oggetti di ogni tipo; quasi tutti gli oggetti sono categorizzabili, cioè rientrano in caratteristiche comuni riconoscibili. Probabilmente non è proprio così, ma siamo noi, gli uomini, che abbiamo un sistema sensorio che semplifica e quindi accomuna. Questo dato lo conosciamo perché quando si fa un'analisi più approfondita si scoprono infinite differenze tra oggetti anche della stessa specie. Il fatto è che la coscienza umana tende ad accomunare, categorizzare, trovare analogie e quindi contare. Contare? E perché? Per un motivo in certo qual modo opposto, cioè giungere a UNO. Se io ho DEI bicchieri, ho una molteplicità, ma se io ho dodici bicchieri, ho un'unità bicchieri. Naturalmente è una convenzione. Come sono questi bicchieri? Tutti della stessa specie? O ne ho 6 da vino e 6 da acqua? In questo caso, se mi serve, li annovero in due categorie, e avrò quindi due unità, che però fanno parte di un'unità più grande. E' un po' la teoria degli insiemi, che andò di moda negli anni 70 ma che credo sia in un buona parte stata dimenticata, e peccato, perché gli insiemi danno proprio una lettura grafica immediata di cosa sono le unità e le molteplicità. I numeri di per sé non sono nulla, se non rappresentano qualcosa, anche se all'uomo piace molto anche giocare con queste unità astratte. Ma perché sto facendo questo discorso? Per ricordare o far presente che una legge fondamentale del funzionamento della coscienza umana riguarda l'unificazione, e per contro la divisione. Quando intendiamo realizzare qualcosa, cerchiamo di mettere insieme, quindi unificare, una molteplicità di cose, dello stesso genere o di generi diversi. A opera finita noi potremo dire di aver compiuto correttamente il lavoro se ci ritroviamo con un'opera unitaria, cioè qualcosa che risponde a un criterio, a uno scopo, dove le diverse parti collaborano, si relazionano a uno stesso fine. Anche un gruppo di uomini possono tendere a formare un'unità; una squadra di calcio (gli undici) o di cosa volete voi, si organizzano e si correlazionano per creare un'unità, che chiameremo squadra, con una certa denominazione, la quale concorre a creare un risultato sportivo. Se qualcuno gioca egoisticamente, come è noto, non farà il bene della squadra. Questa visione non è sufficientemente diffusa e nota, e in molte attività umane non si coglie la sua fondamentale importanza e le implicazioni che comporta il saperlo o meno e il sapere come agire nel momento in cui il fatto è noto. In campo musicale, ad esempio, credo che quasi nessun insegnante faccia presente ai propri allievi, di qualsivoglia strumento o anche della semplice teoria, che lo scopo "alto" del far musica sia creare un'unità. Qualcuno può dire che è un concetto troppo complesso o difficile. Ma non è così. Guardiamo lo spartito, cosa vediamo? Un mucchio di segni. Allora la domanda è: tutti questi segni come vanno affrontati? i casi sono due: o seguiamo una traccia sequenziale, oppure li annettiamo come una cosa sola. Faccio ancora una riflessione. Nel momento in cui chiedo: conosci "i promessi sposi"? cosa ho chiesto? Se sai da quante parole è composto questo romanzo? Chi l'ha scritto? Di quanti capitoli è composto? Se ricordo tutti i personaggi? Se ricordo tutti i luoghi in cui si svolge? Se ricordo tutte le azioni e tutti gli episodi? Tutto quanto? No. Una volta che ho letto e compreso questo come qualunque altro libro, ho messo insieme l'inizio con la fine, percorrendo coerentemente le vicende che portano da un punto all'altro. Gli episodi, le azioni, i personaggi, ecc. sono la molteplicità che però alla fine diventa unità, nel senso che se qualcuno mi chiede di questo romanzo posso dire: lo conosco. Non c'entrano niente le domande da quiz tipo rischiatutto; quella è un tipo di memorizzazione che non aggiunge e non toglie niente al romanzo. Certo, poi non è detto che tutti ne colgano l'unitarietà, perché potrei leggere male, potrei avere un'edizione con errori di stampa o pagine mancanti, ecc. comunque spero di aver chiarito il concetto. Ma qui siamo nel nostro funzionamento abituale, cioè una storia di vita, che deve possedere elementi di interesse affinché mantenga la sua vivacità e quindi mi porti a proseguire nella lettura. In campo musicale la questione è più delicata e complessa perché utilizziamo una materia meno usuale, cioè i suoni, che ci possono interessare come significante esterno, ma ci risultano perlopiù oscuri nel significato. Anzi, ci sfugge proprio il significato, perché non c'è! Ma del resto anche le singole sillabe rimarrebbero prive di qualunque significato se non le mettessimo insieme diversificatamente per creare unità che chiamiamo parole e poi unità che chiamiamo frasi e poi unità che chiamiamo proposizioni, capoversi, capitoli, romanzi, saggi, ecc. Dunque un brano è composto di singoli suoni che chiamiamo note, le quali non significano nulla, cominciano a assumere carattere quando ne mettiamo assieme due o tre e poi altre, le sovrapponiamo, ecc. Come dicevo, la coscienza vuole unificare, dunque nel momento in cui suoniamo un po' di note, noi cercheremo di dare un'unità, cioè di cogliere elementi di relazione. Appena riusciamo a costruire o ricostruire qualcosa che ci appaghi come frase, siamo soddisfatti. C'era un parente acquisito che ogni volta che veniva a casa mia e poteva accedere al pianoforte suonava la stessa cosa, le note del refrain della canzone: "come prima, più di prima, t'amerò!" Questo perché i tasti si trovano facilmente, essendo tutti vicini (però se sbagli la nota iniziale viene una porcheria!). Non so se le abbia trovate da solo e qualcuno gliele abbia insegnate, fatto sta che però da lì non si è mai mosso!! In ogni modo anche lui ha ricreato un'unità che ha appagato la sua coscienza. Da quanto ho esposto, dovremmo provare quasi terrore nel considerare cosa capita quando noi vogliamo cantare una canzone o un'aria! Significa avere un'unità di racconto, coniugarlo con un'unità musicale e produrlo con un'unità vocale, quasi sempre anche coniugata con un'unità strumentale, e da queste unità trarne un'unità sola. Se noi avessimo piena coscienza di questo, rinunceremmo fin da subito! Ed ecco che comprendiamo perché siamo tutti ignoranti in partenza; conoscere ci pone di fronte a responsabilità e scenari che ci porterebbero alla rinuncia e quindi a una scarsissima applicazione. La coscienza si acquisisce lentamente e questo ci porta avanti; alcuni poi si sentono arrivati dopo pochissimo tempo, altri sentono di dover proseguire, ma questo riguarda la "pressione" del pensiero, e non ne parlo adesso per non allungare troppo questo post. L'ignoranza è una necessità di difesa istintiva, che non deve essere condannata a priori; spesso è tenace e crea addirittura barriere insormontabili, per cui la persona rimarrà in quello stadio. In altri casi è una difesa dell'ego. La conoscenza è una qualità sociale, il che vuol dire rinunciare un po' a sé stessi per il bene comune; dicevo più sopra della necessità che una squadra giochi unitariamente e non solisticamente, e quindi ecco che l'ego ci lega all'ignoranza per potersi mantenere. Evolversi significa rinunciare all'esaltazione personale per poter superare i limiti naturali ed entrare nel regno della materializzazione del pensiero, spingendosi verso i limiti fisici. Per concludere: comprendere qual è la pluralità con cui abbiamo a che fare per realizzare un'opera che ci interessa, vuoi un testo scritto, vuoi un brano musicale, vuoi cantare un'aria o costruire la cuccia del cane; orientarsi verso quale può essere l'unità finale. E' come una mappa: se io voglio andare da un punto A a un punto B, avrò un percorso, ma questo percorso è UNO, cioè deve essere presente in me, altrimenti diventa un pezzo + un altro pezzo + un altro pezzo, e dunque sono in pericolo di perdermi alla fine di ogni pezzo! Ed è ciò che accade a un esecutore che non ha assimilato completamente un brano. Ma anche il cantante che non ha formato un'unità vocale sarà sempre in pericolo di frazionamenti. Sentire i registri di un cantante: ah, qui fa petto, qui fa testa, qui è falsetto, ecc., vuol dire che rimane qualcosa di non unitario, per quanto possa essere accettabile; sentire che una vocale diventa un'altra in una certa zona della gamma, significa poca coerenza, poca unitarietà; avere colori diversi in zone diverse della gamma, significa non avere coerenza e unità, e così via. Naturalmente sappiamo e concordiamo sul fatto che non si può ottenere unitarietà e coerenza subito! Però deve essere noto che questa è la meta e tutto deve concorrere a realizzarla compiutamente. Non si tratta di cammuffare e nascondere per dare parvenza, non si tratta di eguagliare e omogeneizzare frullando tutto e dando un colore unico (grigio), ma, al contrario, andando alla scoperta di ciò che unifica ciò che appare diverso. Noi abbiamo cinque (o sette) vocali, ma diventano una non cercando di modificarle per farle sembrare uguali, ma comprendendo che ciò che le rende disuguali è una carenza respiratoria, per cui occorre sviluppare quella capacità alimentante che faccia cessare gli aspetti carenti e le faccia brillare tutte nella luce della verità.

2 commenti:

  1. Salvo2:18 PM

    Sei il MAESTRO !
    Il tuo post è UNICO ed UNITARIO.
    Non so cosa si possa aggiungere ancora se non che è IMPOSSIBILE non essere d'accordo con ciò che asserisci così mirabilmente....
    Come si fa a non capire che al "paradiso vocale" si può ascendere solo amalgamando dentro di sè l'unitarietà della coerenza, della organicità. Tendere all'unità significa riconoscersi...... scoprire se stessi ed anche gli altri in un universalismo solidale. Il canto artistico è spazio , è organicità unitaria.... dove ogni componente deve tendere ad un unico scopo. Fin quando esisteranno gli scalini, che è giusto ci siano all'inizio, non ci potra essere verità del canto.... quando gli scalini daranno il posto allo Spazio.... allora sarà dolce cullarsi sperando di non essere soli però.... ;-)

    RispondiElimina
  2. Grazie, troppo buono. Hai detto bene, Salvo, riconoscersi. Questa è un elemento chiave, con tutto ciò che comporta o può comportare. Se non ci si riconosce in un canto mediocre, si rimarrà in quello stato; una valida scuola è prima di tutto coscienza, quindi far prendere atto delle carenze e dei limiti, e consentire di evolversi, non deprimersi o deprezzarsi, ma al contrario sapere di avere potenzialità e risorse e impegnarsi per valorizzarle e potersi rispecchiare in un canto finalmente libero e appagante.

    RispondiElimina