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venerdì, gennaio 20, 2017

Come un fiore ("poveri fiori")

Se il fiore è la manifestazione più bella di una pianta, analogamente possiamo dire del canto rispetto all'uomo, quando fatto con arte. Il primo spande profumi, colori, bellezza, e anche il canto deve spandere nell'ambiente i colori e le espressioni più pure e profonde dell'animo. Così come il fiore si rivolge agli spettatori e sboccia e si allarga all'aria, anche il canto dovrà rivolgersi agli ascoltatori; solo un tenue filamento lega il fiore alla pianta, e analogamente il canto necessita solo di un esile stelo di fiato, che sarà, però APPROPRIATO, cioè non avrà la modesta consistenza del fiato che espiriamo normalmente, ma l'opportuna densità che necessita l'alimentazione di un suono con le caratteristiche richieste dal canto teatrale, la qual cosa avverrà con un'opportuna educazione che non c'entra niente con esercizi di respirazione e qualsivoglia movimento muscolo-scheletrico interiore. Così come il fiore è, e deve essere, esterno alla pianta e non coinvolge direttamente alcuna parte interna, se non, per l'appunto, l'alimentazione, anche la voce, in quanto pura espressione, trae unicamente nutrimento, ma non deve coinvolgere meccanicamente, con forza o prepotenza, gli apparati che si muoveranno in scioltezza, elasticità, facilità, esclusivamente in senso articolatorio.
 "... ma i fior ch'io faccio, ahimè, non hanno odore", dice Mimì, oppure "poveri fiori", dice Adriana Lecouvreur; le voci di moltitudini di cantanti, supportati da inadeguati insegnanti, purtroppo ci presentano fiori sì belli, ma appassiti, rovinati da contadini che non sanno fare il loro lavoro, che innaffiano o concimano malamente queste piante, oppure, peggio ancora, li riempiranno di prodotti che li faranno apparire molto belli, lussureggianti, ma che dentro stanno marcendo e morendo, e dureranno giusto il tempo per essere commercializzati, poi... via!. Come la pianta deve essere sana e naturalmente sviluppata, anche la voce deve sbocciare grazie a una buona salute vocale, equilibrata, senza gonfiamenti, senza anabolizzanti, steroidi o altre diavolerie, che significa anche solo non andare a mettere le mani nei comparti interni che non hanno bisogno che noi gli insegniamo qualcosa, semmai dobbiamo imparare a lasciarli lavorare in pace.

4 commenti:

  1. Anonimo1:18 PM

    Il fatto è che la voce ce la dà la mamma... Non c'è studio, educazione, tecnica, esercizio, che possa fare di un rigagnolo un Danubio! La causa del 99% dei problemi vocali è lo stress a cui tantissime voci vengono sottoposte nel tentativo di violentarne i limiti naturali, in termini di volume, colore, spessore, ma anche estensione, repertorio. L'opera lirica, quanto meno a partire da metà Ottocento, è sempre stata il terreno d'elezione di voci grandi, belle, eccezionalmente dotate, decisamente sopra la norma. I dischi hanno creato uno standard, uno stereotipo di suono lirico importante, pomposo, bello, quasi ultraterreno, cui oggi chiunque si accosti a questo repertorio si sente in dovere di rifarsi, illudendosi di poter riprodurre quel suono in virtù di una non meglio identificata "impostazione" o tecnica! Ripeto: è mamma a darci la voce, non la tecnica. Bisogna prendere al più presto coscienza di quali sono i propri limiti, se si vuole cantare. Bisogna cantare con semplicità, sempre come parlando, direi quasi accennando, e se ciò che ne esce non sarà abbastanza appagante e retorico, se non avrà il carattere "lirico", bisognerà accettare con rassegnazione ciò di cui natura ci ha fornito, magari deviando verso repertori consoni. (Francesco)

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  2. Grazie; concordo complessivamente, però forse c'è una nota eccessivamente pessimistica. E' giusto prendere atto dei propri limiti e non pretendere ciò che non c'è, però siamo nel regno dell'arte, dunque si può non avere una voce straordinariamente potente o bella, ma il canto non è solo voce e non è solo apparenza, quindi si può puntare a un canto limitato a determinati ruoli (e qui giustamente anche tu dici "repertori consoni"), ma considerando che uno studio di alto livello può portare a prestazioni storiche. Ciò che però è anche da considerare è che non basta la scuola vocale, ci vuole anche la musica e magari pure la scena!...

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  3. Anonimo1:02 AM

    Non volevo affatto essere pessimistico. Se si prende coscienza di quanto troppo si dà (magari anche senza volerlo) tutto si facilita. Nella lirica, l'ansia di dover avere una voce forte, ricca, sonora, è di ostacolo. Magari chi fa leggera soffre meno questo complesso. Bisogna davvero parlare! Rassegnarsi che più di così, non si può, altrimenti come fai a cantare un'opera intera se dai costantemente il 200%? Parlare, senza fisime, con la massima semplicità, quasi banalmente, stupidamente, senza dare e darsi troppa importanza. Facile da dire ma difficile a farsi! L'idea dev'essere quasi quella di accennare, di canticchiare in modo informale. Questa poi è la grande lezione di Schipa, forse unico nel Novecento.

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    1. Certo, hai ragione, ma vedi che anche qui usi il termine "rassegnarsi", che non induce certo all'ottimismo; si dà per scontato, cioè, che si è in una situazione inferiore a quella dei "mostri sacri" celebrati, il che è il più delle volte vero, però... aspettiamo. Io dico "accontentati per il momento", in quanto è evidente che "accennare, canticchiare, ecc", nei primi tempi, quando ci si aspetta di tirar fuori il vocione, può creare delusione, ma è necessario per far nascere la grande voce nascosta, che non raramente può essere migliore di quella dei tanti idoli, e sicuramente più salda e artisticamente pregevole.

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