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giovedì, gennaio 05, 2017
Qua e là
Il cantante che si va formando, dovrà imparare a concepire (se non lo avverte spontaneamente) che esistono due posti, qua a là. Due posti per cosa? per ascoltare, per percepire, dosare, correggere e tante altre cose. E' questa cosa importantissima, forse una delle più importanti. Dove sono questi "qua" e "là"? facile, "qua" è tutto lo spazio davanti alla nostra persona poco oltre la nostra bocca; "là" è lontano da noi. Perché i cantanti tendono sempre a spingere? perché si vogliono sentire, vogliono avvertire vibrazioni, sensazioni, suoni e qualunque cosa si provi fisicamente cantando, cioè badano al "qua" (in questo caso siamo anche "al di qua" del qua, cioè dentro, la qual cosa è in contrasto totale con qualunque possibilità di "là"). E' legato al nostro ego, al nostro narcisismo. Al tempo dei greci antichi, i maestri portavano i discepoli nelle valli a fare esercizi di vocalità; perché? perché potevano esercitarsi a sentire gli effetti della propria voce in lontananza. Una regola fondamentale, che tante volte ho scritto, è quella di cantare piano, pianissimo, sussurrando. Togliere ogni segno di spinta e anche ogni tentazione di spingere, è segno di intelligenza vocale, ma combatte contro i nostri istinti e contro le nostre pulsioni umane. Se si impara a cantare con il suono base (che potremmo paragonarlo al suono che produce un archetto che scorre sulle corde di un violino senza alcun peso del braccio), si imparerà, pian piano, a aguzzare l'orecchio per cogliere cosa succede a una certa distanza. Non è poi così indispensabile andare a cantare nelle valli, basta cercare di sentire cosa succede nella stanza dove ci esercitiamo ma non nel "fragore" che produce la voce roboante spinta ai massimi livelli, ma vicino ai muri, ai soffitti, a due, tre, quattro metri da noi, dobbiamo sentire se i muri "rispondono", cioè se l'onda della nostra voce rimbalza e torna verso di noi producendo anche un certo effetto pressorio sulle nostre orecchie. Fin dalle prime lezioni, invito gli allievi a cercare di percepire nello spazio lontano da essi cosa capita, se si percepisce quel "ronzìo" che la voce produce, ed esemplifico con semplici monosillabi o parole per far immediatamente percepire la differenza. Insegnare canto vuol dire educare alla stessa stregua l'orecchio, ma anche abbattere quella spinta interna all'autoesaltazione che ci assorda. Sopra il mio pianoforte dico c'è una grande scritta: TOGLIERE! ma nessuno ancora ha sviluppato quello sguardo umile e coscienzioso per poterla vedere e farla propria. L'idea che se si canta piano poi la gente non ci sentirà ci sovrasta, eppure capita di continuo che esortando a diminuire la forza, la pressione, l'intensità, il canto si fa più bello, più sano, più facile e si percepisce anche che la sonorità non solo non diminuisce, ma si accresce. Eppure si continua, la volta dopo siamo di nuovo daccapo. Ma questa non vuol essere una critica, è una constatazione. Anche io per anni sono stato preda di queste pulsioni, e non è che il mio m° non dicesse queste cose a sazietà. L'esortazione è sempre: cantate piano, senza trattenere, con rilassatezza, senza modificare pronuncia, timbro, colore, dando vero senso a ciò che dite e ascoltate, date luce a ogni parola, a ogni vocale. Cercate di percepire se quanto dite-cantate vi torna indietro dal riflesso delle pareti e del soffitto. Se non sentite niente, provate non a aumentare, ma a diminuire ancora, non desistete. Si può dire che in questo sta la differenza tra cantare e gridare; il grido appaga l'orecchio "breve", ci assorda con suoni sempre più spinti, ma volgari, disomogenei, dove non si sfugge alla trappola dei registri, perché si sta ancora in una dimensione istintiva, fisica. L'emissione controllata a distanza è canto, non è compatibile con le spinte e gli accentacci, richiede un flusso inconsistente ma continuo, costante, modestamente rapido, senza materia. A distanza consente ogni sfumatura dinamica, dal pianissimo inconsistente al fortissimo più pieno e intenso, senza scalini, con assoluto coinvolgimento di ogni sfera emozionale e dove ogni traccia di "registro", comunque lo si intenta, è annullata.
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