Mi vengono spesso rivolte domande o osservazioni in merito alle analogie o differenze sull'uso del fiato tra strumentisti e cantanti. Ritengo sia bene fare chiarezza in merito.
C'è un'analogia: entrambi questi usi del respiro danno luogo a una pressione interna.
Lo strumentista imbocca lo strumento, ed esercita quindi una pressione che va dalle labbra al diaframma. Il cantante il corrispettivo del bocchino ce l'ha poco sopra la trachea, quindi la pressione ordinariamente si esercita dalla laringe al diaframma. E' una differenza non di poco conto, che potrebbe andare a favore degli strumentisti, perché la minor lunghezza della "canna" da parte dei cantanti, accresce l'intensità della pressione ma soprattutto l'irregolarità. Mentre infatti sulle note centro-basse e nel parlato non si verifica di norma una pressione particolarmente elevata, essa cresce considerevolmente nel settore acuto e nei suoni particolarmente intensi e di colore oscuro. L'utilizzo della voce dà luogo a un ventaglio molto ampio di possibilità espressive, dinamiche, cromatiche, con corrispondenti adeguamenti pressori dell'aria. Nel caso degli strumentisti il divario è molto meno ampio. Da questa trattazione escludo al momento il caso del flauto, che non imbocca lo strumento e quindi ha un utilizzo un po' diverso del fiato. Ci tornerò.
Se io freno l'uscita dell'aria anche solo opponendo resistenza con le labbra, si crea una pressione interna, che coinvolge un po' tutto l'apparato respiratorio, ma in particolare il diaframma, che è il più importante muscolo respiratorio, con precisi compiti. Quale differenza può esserci tra il frenare l'aria con le labbra e il suonare uno strumento? Un fatto rilevante! Che noi puntiamo a un risultato artistico, cioè l'aria non deve bloccarsi ma uscire con determinate caratteristiche che consentano allo strumentista di poter utilizzare mirabilmente il proprio strumento, cioè poter infondere con esso una notevole quantità di espressioni, colori, intensità, ecc. In questo c'è analogia col canto; in entrambi i casi noi abbiamo bisogno che il fiato non risulti un ostacolo ma un mezzo favorente. La differenza fondamentale, però, è che il canto, proprio perché utilizza organi propri dell'uomo che potenzialmente sono preposti a questo scopo, anche se in un tempo e in condizioni molto difficili, possono darci la possibilità del raggiungimento di un risultato perfetto, quindi con l'unificazione dell'apparato a questo scopo; nel caso strumentale non è ravvisabile questo stesso risultato, perché lo strumento è un oggetto esterno all'uomo, meccanico, inventato, e per quanto si possa perfezionare il suo uso, non consentirà un'unificazione tra l'uso del fiato e lo strumento stesso. Ciò nonostante possiamo individuare errori e correttezze nell'uso e quindi un'ottimizzazione. Così come avviene spesso nell'insegnamento del canto, gli strumentisti vengono avviati allo studio mediante esercizi respiratori. Come al solito vengono magnificati i risultati QUANTITATIVI degli esercizi, ma credo che raramente si parli di QUALITA'. Quale dev'essere fondamentalmente la qualità del respiro strumentale? L'uscire con regolarità, senza variabilità eccessiva, ma soprattutto senza spinta, come fosse una normale espirazione fisiologica. La creazione di una pressione interna dà luogo automaticamente, istintivamente, a una REAZIONE organica. Questa reazione è solitamente blanda nei primi secondi, e aumenta man mano che passa il tempo, perché il permanere di anidride carbonica nei polmoni è, ovviamente, considerato un pericolo da parte dell'istinto, che invia ordine al diaframma di risalire e spingere fuori l'aria che sta ristagnando. Anche per motivi di postura il nostro corpo possiede regole per cui quando si crea una pressione interna, il diaframma tende a spingere verso l'alto (quindi a riprendere la sua naturale posizione alta, rilassata). Questo, come si comprenderà, dà luogo a una pressione opposta a quella sul diaframma, cioè verso l'esterno, che chiamiamo SPINTA. Cosa capita a questo punto? Che chi si occupa dell'insegnamento studi e cerchi il modo di ottenere i migliori risultati considerando i problemi che si presentano. Ma il primo problema è proprio quello di voler ottenere un risultato senza comprendere le cause, cioè IMPORRE un risultato, anche andando a forzare, a violentare, in un certo senso, la nostra natura. La panacea di tutti i problemi strumentali (ma in questo senso anche vocali) sembra risiedere nella RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA. Fin dall'inizio dello studio si favoleggia delle mirabili proprietà di questa tecnica respiratoria. La respirazione diaframmatica sarebbe una normale e naturale respirazione, sennonché viene caricata di ulteriori innaturali proprietà allo scopo (non noto, però, in genere a chi la pratica) di opporsi ai problemi che si generano suonando o cantando, cioè la risalita repentina e talvolta violenta del diaframma. Si pensa che il diaframma debba star giù, volente o nolente, senza sapere che la prima causa del fatto che il diaframma abbia questo comportamento risiede proprio nel fatto che è la pressione che lo strumentista o il cantante stesso ha generato! In secondo luogo si commette un errore di ingenuità. Si pensa che una certa tecnica respiratoria possa generare un controllo sul diaframma, la qual cosa è erronea. Le conseguenze di questi errori possono essere rilevanti. Infatti non dobbiamo dimenticare che esiste un organo, la laringe, che nella nostra bioarchitettura svolge il ruolo di VALVOLA del fiato. Dunque, se stiamo usando male il fiato, vuoi nel canto che nel suonare, essa verrà richiamata al suo ruolo, entrerà in funzione e ci procurerà delle conseguenze e potrà subire dei danni. Non per nulla molti strumentisti possono accusare abbassamenti di voce, fastidi e persino formazione di noduli e polipi laringei. Tutto ciò non ha da accadere, e dobbiamo prendere in considerazione l'ipotesi che queste cause possono riguardare proprio la nostra "tecnica" respiratoria e il modo scorretto di affrontare lo studio dello strumento. A uno verrebbe da dire: "ma se sono gli insegnanti che ci guidano in questa direzione, noi allievi che ci possiamo fare?" E' così, e vale ancor più per il canto. Non ci possiamo far niente. Io per quanto posso cerco, senza polemica e con disponibilità, di dare il mio contributo, poi ci pensi il mondo. Quella che viene spacciata per respirazione diaframmatica, è spesso una respirazione addominale e persino ventrale, con coinvolgimento di tutti i muscoli fino al basso ventre. Assurdo! I polmoni occupano la metà superiore del busto, il diaframma divide la parte superiore da quella inferiore. I muscoli bassi non hanno alcun coinvolgimento nella respirazione, ma creano tensioni e ripercussioni. Purtroppo ci sono non pochi insegnanti che si inventano le teorie più strampalate, tipo che la colonna d'aria nasce proprio dall'inguine, cioè, a detta loro, più lunga è la canna più il risultato sarà importante. Sono favole senza costrutto, che però possono avere conseguenze non piacevoli. Il primo comandamento di chi utilizza il fiato per scopi artistici, deve essere quello di un tonico rilassamento, di un ascolto del proprio corpo e di comprensione del funzionamento e quindi di non creare, o il meno possibile, opposizioni. Abbiamo poi l'estremizzazione della respirazione detta erroneamente diaframmatica con l'esercizio di forti pressioni verso il basso, che in campo canoro si chiama "affondo", che è la respirazione antivocale per eccellenza. E' vero che ha conseguito risultati, in alcuni casi anche di rilievo, ma ciò non giustifica. E' come dire che l'uso delle radiazioni atomiche può dar vita un certo alimento produttivo. Il fatto che oggi esistano milioni di persone con intolleranze alimentari non dovrebbe giustificare l'uso di simili procedure, ma purtroppo siamo impotenti di fronte a determinate scelte. Spero che nel campo dell'arte ci si riesca a difendere maggiormente, essendo scelte individuali. Dunque premere verso il basso, addirittura con sollecitazioni defecatorie (provo una profonda vergogna a pensare a tanti insegnanti che agiscono in questo senso e che non provano alcuna sconvenienza ma anzi vanno fieri di tali consigli) sembra avere un effetto positivo, perché ci si oppone alla risalita del diaframma. Il fatto che effettivamente ciò avvenga è dovuto a due fatti: si preme sul fiato e sulla laringe. Siccome istintivamente laringe e diaframma sono uniti da un rapporto reciproco, premendo sulla prima si ha un riscontro anche sul secondo. Il che, però, vuol dire una incredibile forzatura, che in molti casi produce reazioni negative pesanti, anche sulla salute. Il fatto che alcuni riescano a produrre, ma sempre con notevoli limitazioni, degli effetti "popolari" non può e non deve indurre a percorrere questa strada. Premere verso il basso, quindi agire sul fiato in direzione opposta a quella che noi auspichiamo, cioè verso la bocca, è un controsenso che non può produrre nulla di bello, di poetico, di libero e piacevole. Ma per alcuni è più bello soffrire e forzare, e "il mondo è bello perché è vario" è sempre una bella scusa. Mi rendo conto che il post sta diventano lunghissimo, quindi mi interrompo per proseguire in un altro.
Io suono il flauto traverso ed ho notato che se esercitò il canto, anche il suono del flauto migliora, ma non viceversa: cantare vuol dire alitare, che è diverso da soffiare, ma credo che l'attenzione e l'esercizio del legato/regolarità di alitazione sia di giovamento anche quando si soffia
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