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giovedì, gennaio 23, 2020

L'allievo passivo

Paradossalmente potremmo dire che non esiste il maestro e non esiste l'allievo. Esiste un confronto tra due persone dotate di una coscienza e di una pulsione verso un certo ramo dell'arte. Se è vero che l'allievo si proietta nel maestro per recuperare quella parte di consapevolezza che rende oscura la sua coscienza, è anche vero che pure il maestro si proietta nell'allievo perché anche l'insegnamento è un'arte, dunque anche se ha piena consapevolezza dell'arte canora che ha conquistato, non è detto che abbia raggiunto lo stesso livello nell'insegnamento, e si confronta e riconosce nei progressi o meno dell'allievo il suo livello. Quindi è erroneo pensare che il maestro sia in cima a una montagna e l'allievo in fondo; è erroneo pensare che il maestro sia un vaso pieno e l'allievo un vaso vuoto e ci sia una trasmissione, un "riempimento" in senso unilaterale. Però non posso nemmeno dire che siano allo stesso livello, dipende da come i due soggetti vivono il rapporto. L'insegnante pieno di sé, che è convinto di essere il non plus ultra nel  suo campo (nel nostro caso il canto) e che l'allievo sia sempre un testone, indegno, ecc., in realtà è un pessimo insegnante e se ci saranno dei buoni risultati saranno solo per i pregi dell'allievo. Ma se l'allievo vive passivamente le lezioni, pensando che il suo ruolo sia solo quello di fare ciò che dice l'insegnante, ascoltare e "imparare", anche a memoria, non è un buon allievo, e avrà pochi meriti nei suoi progressi. Specie in una disciplina così composita e delicata come il canto, il ruolo dell'allievo deve essere quanto mai interagente e riflessivo. Come ho spiegato spesso, e contrariamente a quanto si fa comunemente, non è l'esercizio continuo e meccanico che porta ai risultati importanti. Darà risultati, certo, perché l'allenamento porta a "piegare" l'istinto entro i suoi margini di tolleranza, ma sono risultati di poco conto ai fini artistici. Il mio maestro molto spesso diceva: "agli allievi io propongo la lezione intelligente, impegnativa, e la lezione dell'asino. Tutti scelgono la prima, ma si finisce sempre per fare la seconda". Certo, è motivo d'orgoglio pensare di fare la lezione intelligente, ma si è in grado di sostenerla? Una disciplina artistica è davvero una dura battaglia che richiede un coinvolgimento totale del nostro essere. Quindi meglio sottoporsi a esercizi continui e ripetitivi, che richiedono modesto coinvolgimento mentale profondo. L'allievo deve sperimentare, deve porsi e porre domande. Non deve trattenere i propri dubbi! Ho spesso l'impressione che ci siano dei dubbi che non vengono espressi, e tenerli per sé vuol dire non progredire, o rimandare a chissà quando la soluzione. A volte bisogna anche esprimere certe perplessità (che non significa contestare). Ma per avere dei dubbi bisogna anche porsi delle domande, interrogarsi su ciò che si sta facendo. In questa scuola il "fare" non significa agire fisicamente. Ciò che c'è da fare a livello fisico è davvero poca cosa, e non riguarda comunque qualcosa di innaturale, di inventato, di artificioso, ma, al contrario, il fare ciò che si fa normalmente, soltanto che quando si canta si "perde" la cognizione di quella normalità. Ecco perché devo dire che il canto non è naturale, ma lo diventerà quando si sarà acquisita quell'evoluzione respiratoria che ce lo permetterà. Se l'allievo contesta il maestro, perde la fiducia, non è più in grado di interagire con lui, quindi il rapporto deve finire. Ma anche il maestro deve avere fiducia nell'allievo, se non avverte contestazione, e sa che se i risultati non arrivano è una sua responsabilità, proprio perché in quella proiezione o c'è la sicurezza e quindi la consapevolezza, o ci sono i "buchi", e quindi gli insuccessi. La felicità si raggiunge quando ognuno interpreta correttamente il proprio ruolo, ovviamente, ma una certa cultura industriale ha creato la convinzione che l'allievo debba avere un ruolo passivo. Così non è, mai, ma soprattutto in campo artistico. Quindi ... sveglia!

2 commenti:

  1. Francesco4:50 PM

    Assolutamente d'accordo! Il problema è che noi allievi per timore di far pensare che "dubitiamo" e quindi di ripercussioni sulla qualità dell'insegnamento per "ripicca" finiamo magari per tenerci certe perplessità. Anche perché magari leggiamo molto, in internet soprattutto, spazzatura e non... I dubbi proliferano nella fase di apprendimento, quando le cose ancora non funzionano come dovrebbero.

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  2. Insegno un'arte diversa e questo è il mio pensiero:
    In ogni filosofia ed insegnamento l’importanza del rapporto insegnante-allievo ricopre un ruolo di fondamentale importanza. In realtà per noi è importante lo “Spirito di Ricerca individuale” perché in definitiva il maestro esiste in funzione dello spirito di ricerca dell’allievo. Mi pare quindi naturale concepire il rapporto che noi intendiamo con la disciplina come una comune ricerca basata sul rispetto e la fiducia reciproche. Questo non è sempre facile da perseguire a meno ché lo scopo di insegnante e allievo non sia comune, solo in questo caso si potrà raggiungere l’obiettivo di avere la capacità di autoriformarsi dinamicamente tramite la pratica.
    Il Maestro vero e sincero è consapevole della propria funzione: sviluppare e sostenere la consapevolezza dell'allievo. E' una grande responsabilità.

    Nel mio percordo formativo(quasi 30 anni) ho incontrato tanti insegnanti e pochi Maestri. I veri Maestri sono stati illuminanti e il loro insegnamento è ancora presente.
    Mi sono avvicinata al canto e ho riscontrato le stesse difficoltà. Cercavo, cercavo e quando l'allievo è pronto arriva il Maestro.
    Ecco che ho incontrato il Maestro Poggi; già dai primi incontri sapevo che avevo trovato quello che stavo cercando, mi sentivo bene quella sensazione di aver raggiunto il porto sicuro. Ho deciso così di AFFIDARMI. Grazie!

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