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domenica, settembre 25, 2011

La dizione "killer"

La domanda è la seguente: è possibile che Giuseppe Di Stefano, grande tenore degli anni 50, abbia accelerato la propria decadenza vocale a causa della dizione così precisa e ricercata? Chi legge questo blog da qualche tempo potrebbe pensare che io adesso scriva: "nooo! la dizione è la base del bel canto", ecc. In realtà io spiego, ogni tanto, che in questo c'è una verità; Di Stefano è stato vittima di qualcosa di giusto ma applicato senza coscienza. Ho già spiegato non molti post fa che è erroneo pensare che il Pippo nazionale non avesse "tecnica"; ascoltando le prime esecuzioni, quando aveva 20 anni o poco più, noi sentiamo una voce magica, pressoché eccellente anche dal punto di vista dell'emissione. I difetti c'erano, ma ancora molto superficiali. Di Stefano non sapeva, e non poteva sapere, che curando così maniacalmente la dizione in un canto già pieno, di oltre due ottave, metteva il proprio fiato in una condizione di impegno elevatissimo, molto più che se avesse ingolicchiato, mandato il suono indietro, "omogeneizzato" le varie vocali in suoni più o meno comprensibili. Questo impegno notevole, ha accelerato la rezione istintiva, che come sappiamo non tollera la fatica e il tentativo di trasformazione di un apparato fisiologico in altro, di carattere artistico. La strada percorsa da Di Stefano avrebbe potuto essere storica, se avesse avuto la possibilità di studiare con un grande maestro che gli avesse fatto prendere coscienza di ciò che concorre a quella emissione, disciplinando i rapporti fiato-forme in perfetto. Vista la straordinaria predisposizione, ciò si sarebbe potuto realizzare in tempi piuttosto brevi. Quindi la questione non è che la perfetta dizione sia un "killer" della voce, ci mancherebbe ancora, ma che risultando il parlato la più fluida e avanzata emissione, volendo omogeneizzare la voce su quella base, occorre una disciplina particolarmente raffinata, molto consapevole di ciò che muove a livello istintivo e di tutto ciò che concorre a ottimizzare i risultati e a minimizzare, fino ad escludere, tutte le reazioni che suscita. Del resto se così fosse, Schipa avrebbe dovuto durare la metà di Di Stefano, e invece non ebbe tramonto.

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