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giovedì, maggio 17, 2012

Annotazioni storico-stilistiche

La nascita del melodramma coincide anche col fiorire dello stile Barocco, e le influenze non possono non manifestarsi anche in questo nuovo genere artistico. Il canto fiorito, parallelamente allo stile architettonico e visuale in genere, esalta la capacità di stupire, e quindi non solo diventa il regno del canto di virtuosismo, ma tutto l'apparato teatrale si sviluppa in modo straordinario, perché l'aspetto scenico e meccanico diventano un immenso laboratorio di creatività e ingegno. Pare che siano state inventate macchine formidabili per dare al pubblico l'illusione di situazioni di estrema meraviglia, qualcosa che potremmo forse paragonare al cinema 3D, ma forse anche più entusiasmante perché realizzato mediante macchinari e situazioni concrete e presenti sul posto (compresi gli incidenti) che dovettero emozionare fino all'esasperazione i primi spettatori. Tutto il lavoro tendeva a questo obiettivo: i soggetti non potevano essere comuni, quindi nessuna storia realmente accaduta o verosimile, ma tutto epicheggiante e immaginifico. L'aspetto vocale, quindi non baritoni o mezzosoprani, la cui voce centrale è troppo vicina a quella comune, ma soprani e bassi in particolare, che possono spingersi agli estremi limiti della gamma vocale umana (meglio ancora, poco dopo, coi castrati, che potevano dispiegare un canto del tutto "astratto" in quanto né del tutto maschile né del tutto femminile), e accanto al parlato-recitato, la fioritura, quindi l' "artifizio" musicale, ricchezza di pochi artisti sommi, e quindi tutto il lavoro scenografico. Anche gli strumenti vanno nella stessa direzione fantastica, infatti, grazie ai continui miglioramenti tecnici e tecnologici, alcuni di essi possono competere con il virtuosismo dei cantanti (come si sente proprio nell'aria "possente spirto" dell'Orfeo). Questo canto può essere definito, quindi, figurato, in quanto il ruolo significante della parola era affidato all'agilità, alla fioritura, alla diminuzione, e quindi all'ampia gamma di figure presenti nell'antologia belcantistica che sono cambiati e diminuiti nel corso del tempo, e di cui solo pochi sono rimasti stabilmente nell'uso fino al termine dell'800, che sono: innanzi tutto il trillo, ancora utilizzato persino nel 900, l'acciaccatura, l'appoggiatura, il gruppetto, oltre ovviamente a scale e arpeggi, che sono anche normali ed essenziali aspetti di base della grammatica musicale. Se si entra nello specifico dei diversi segni di abbellimento, si entra anche in un mondo strabiliante e quasi magico! Per noi oggi è difficile pensare a quanti diversi tipi di trillo possano esistere, mentre ai tempi di Farinelli pare ne esistessero qualcosa come 25! Si tratta non tanto di una tipologia diversa dell'esecuzione del trillo, di cui sono esistite poi solo due o tre diverse varianti, ma di cosa poteva succedere nel corso dell'esecuzione: dalla preparazione e risoluzione, innanzi tutto, poi delle dinamiche, ai portamenti (faccio persino fatica a immaginare cosa potesse essere - ne parla solo Tosi - un trillo su un portamento di suono!!!), alle messe di voce, alle riprese con variazioni (è difficile da spiegare a parole, funziona meglio l'esempio grafico, comunque si attacca il trillo, poi si fa una rapida fioritura, si riprende il trillo, si fa una seconda fioritura uguale o diversa, ecc.), alle scale trillate, ai ritmi puntati... insomma, un arcobaleno di colori e virtuosismi meravigliosi, che non potevano e non dovevano essere usati indiscriminatamente, pena severe critiche, ma al punto giusto, cioè dove il testo lo ammetteva, e la competizione era in parte sulla bravura funambolica di emettere tali virtuosismi impeccabilmente e con lunghi, lunghissimi fiati, ma soprattutto riuscendo a far provare profondamente agli spettatori quei sentimenti, quelle emozioni legate al momento drammatico. Credo siano tanti a pensare che potesse trattarsi di un'arte ingenua e che quel modo di accentare e colorire la parola sia lontano da noi, ma non è vero! Cantando alcuni madrigali di Monteverdi, anche senza tutto l'apparato belcantistico, già ho avuto l'opportunità di provare delle emozioni vive, palpabili, come non accade di certo con le urla, i singhiozzi e i sospironi veristici, che nel miglior dei casi possono farti provare qualche brivido a pelle, ma poco di più, e che spariscono in fretta. Posso dire con sincerità che pianto, riso, malinconia, tristezza, ecc., grazie a una scrittura musicale di cui è oggi davvero difficile penetrare il mistero, sembrano emergere dal proprio animo come se una forza irresistibile le attraesse fuori. Purtroppo il mondo dell'opera è molto diviso tra i cosiddetti melomani che si concentrano quasi unicamente sul repertorio ottocentesco, e gli altri, che ritengono troppo difficile, o noiosa la produzione precedente. Mi rivolgo a loro perché provino, con un po' di buona volontà, ad ascoltare alcune opere soprattutto del primo periodo, poi qualcosa anche di Vivaldi, Haendel, ecc., per cercare anche di appropriarsi di una maggiore prospettiva sulle possibilità espressive e comunicative della musica e del canto. Dopo tale "cura", forse anche l'ascolto dell'opera romantica e naturalista potrà portare a nuove e interessanti riscoperte.

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