Prima di proseguire nell'approfondimento di alcuni importanti aspetti legati alla nascita del melodramma, che sono anche fondamentali per quanto riguarda lo studio della voce, mi accingo a parlare di un argomento tanto importante quanto complesso e articolato: l'agilità staccata. Quando ho iniziato, poco tempo fa, a scrivere in merito al tema dell'agilità, l'ho suddivisa in legata e staccata; è, credo, evidente, che può esistere anche una agilità "mista", cioè con parti da eseguire staccate e parti legate. Queste alternanze sono molto utili sul piano espressivo e tecnico, e forse più difficili delle due agilità pure prese a sé stanti.
Mentre l'agilità legata può essere eseguita indifferentemente su tutta la gamma, quella staccata è più propria delle corde sottili (falsetto e testa, ed ecco quindi il grande proliferare di soprani acuti di coloratura), risultando quindi più difficile quando viene eseguita in corda di petto, e quindi soprattutto dalle classi vocali più gravi. Questo perché la corda di petto è una corda spessa, quindi si muove con minore agilità, come è facilmente intuibile. Il problema numero uno dell'agilità staccata, manco a dirlo, è la respirazione, ma qui il problema si fa talmente macroscopico, da far veramente credere che questo tipo di agilità sia destinato solo a persone particolarmente dotate. La pazienza, lo studio costante e concentrato, sono le sole armi che si possono usare per poter sperare, se non si è in quella condizione, di raggiungere un valido risultato. In cosa consiste più precisamente questo problema respiratorio? Credo di riuscire a spiegarlo abbastanza facilmente: se voi provate a eseguire alcuni suoni staccati, ad esempio sulla "O", piuttosto rapidamente, vi accorgerete subito che sprecate un mare d'aria. Se poi provate ad accelerare ulteriormente, vi accorgerete di non riuscire più a staccare i singoli suoni. Oltre a ciò vi renderete anche conto del grande contributo muscolare richiesto in zona sottosternale. Insomma: difficoltà a eseguire una lunga sequenza di note staccate per consistente spreco di fiato, affaticamento fisico, difficoltà di intonazione, intensificazione e pulizia del suono. Qui si comprendono meglio tante frasi degli antichi trattati legate alla capacità di trattenere il fiato, alla sostenutezza di petto e alla forza del petto. La frase "trattenere il fiato" è, mio modo di vedere, inopportuna, però è proprio quello che si è portati a considerare, visto il rapporto così sproporzionato che si realizza tra quantità di fiato, pressione e singoli suoni da emettere. Sinceramente si può comprendere anche, pur non potendolo condividere, il consiglio di Garcia relativamente al colpo di glottide. Quest'ultimo artificio è infatti un possibile mezzo meccanico per pronunciare nettamente le vocali evitando ulteriore uscita di aria, e questo certamente permette una agilità staccata intonata, pulita e sufficientemente lunga. Naturalmente noi riteniamo che ci sia di meglio! E a questo proposito ritorniamo a dire, come nel primo post sull'argomento, che l'agilità è meglio cominciarla a studiare (seriamente) quando l'educazione vocale ha già raggiunto un discreto livello. Questo perché due sarebbero le condizioni ottimali per poterla ottenere con caratteristiche significative: la pronuncia "fuori" dalla bocca (piccola e avanti), e una respirazione già integrata a costale (se non addirittura galleggiante). Infatti una agilità staccata con una respirazione diaframmatica è pressoché impensabile a meno che non sia glottica. Peraltro anche una respirazione costale imperfetta comporterà grossi problemi, in quanto la ricaduta delle coste comporterà un aumento di pressione dell'aria e quindi una decisa difficoltà a mantenere la costanza e l'omogeneità di emissione dei diversi suoni, che dovrebbero invece presentarsi come "perle". Questa condizione è possibile a patto che l'aria non abbia una soverchia pressione, che ci metterà nella condizione di non riuscire a trattenerla o controllarla. E' quindi indispensabile esercitare (ma sempre a patto di essere nelle condizioni per poterlo fare senza ripercussioni) un tipo di respirazione che non faccia ricadere le coste. Questo fenomeno, infatti, comporta quasi automaticamente l'aumento di pressione sottoglottica, che è invece da diminuire drasticamente; ecco perché questo genere di agilità è bene riservarla a quando si sarà "domata" gran parte della reazione istintiva. Inoltre è indispensabile riuscire a sentire o percepire la pronuncia delle vocali esternamente, riuscendo, poco alla volta, lentamente e poi accelerando, a emettere sequenze di vocali staccate tutte uguali e tutte fuori. Questo tipo di agilità si presenterà subito molto netta e forte, al contrario di tanta agilità imperante oggi che si presenta alquanto debole. Naturalmente è difficilissimo riuscire a mantenere a lungo quella postura e quella posizione di suono, sia per la concentrazione che richiede per l'impegno fisico; si sarà tentati a ogni suono di farla rientrare verso la gola, di farla legata, di alleggerirla e impoverirla. Ma sappiamo che la verà agilità belcantistica era tutt'altro che debole e povera! Raggiungere l'abilità respiratoria idonea a questo tipo di agilità perseguirà anche il fantastico risultato di riuscire a "rubare" i fiati in tempi record, il che vuol dire che con qualche abilità si riuscirà a cantare lunghe frasi dando l'impressione di non aver mai respirato!
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