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martedì, maggio 15, 2012

Il cantar fiorito

Proseguendo nella descrizione degli elementi legati all'agilità, senza entrare troppo nei dettagli, faccio qualche rapida escursione terminologica e storica.
Si parla di canto "fiorito", cioè ricco di ornamentazioni di vario tipo, soprattutto nella musica del Seicento, quindi ai primi albori del melodramma e durante la fase di diffusione seguita ai grandi successi. Come credo sia noto, alla fine del '500 la forma musicale più in voga era il Madrigale; da una stesura polifonica, cioè a più voci, si passò rapidamente a una composizione monodica, cioè dove solo una voce eseguiva il canto. Già in alcune composizioni polifoniche si era manifestata una sorta di supremazia di una voce rispetto alle altre, e una estrema semplificazione del tessuto polifonico, quindi una sostituzione delle armonie delle voci sottostanti con strumenti. I testi si facevano sempre più articolati e complessi, e si giunse quindi alla nascita di lavori basati non più su poesie, più o meno lunghe, ma su drammi interi. Già nelle forme monodiche cinquecentesche, si era manifestata una caratteristica musicale che prende il nome di "diminuzione", e consiste nell'articolare le note lunghe (longhe, brevi, semibrevi) in un insieme di note di minor valore (semiminime, crome..., da qui il termine diminuire) con lo scopo di variare e "fiorire" per l'appunto la composizione. La fioritura non era un disegno casuale, ma non era nemmeno una imposizione definita dal compositore. Dobbiamo ricordare che questo periodo di transizione dalla monodia al melodramma prende il nome di "recitar cantando", perché, come espresse mirabilmente Claudio Monteverdi, la parola era regina della composizione, e la musica "serva". Non è una dichiarazione di secondarietà, in realtà, ma una osservazione molto acuta, che si comprende particolarmente bene quando si cantano - più che nell'ascolto, se non di esecuzione mirabile - molti madrigali di quel periodo, in particolare di Monteverdi. La parola però, per quanto "recitata", non poteva e non doveva essere mossa con l'espressività comune, che era ritenuta volgare e superficiale, ma grazie agli "artifici" musicali, cioè per l'appunto, le diminuzioni, le cadenze, le fioriture. Grazie a questi emergevano con maggior enfasi e profondità, gli "affetti" insiti nella parola stessa. Insomma, la musica, secondo questa concezione, riesce a comunicare gli stati più intimi e profondi dell'animo umano, cosa che la semplice parola non è in grado di fare, ma per poter far questo è necessario l'apporto del cantore. Deve essere lui, grazie al sommo studio, a fiorire con quei sentimenti dettati dal testo, a trovare - pur in un "catalogo" abbastanza condiviso - quelle fioriture che possano comunicare lo stato emotivo del personaggio. Credo sia opportuno, per chi non ha dimestichezza con la musica di questo periodo, postare qualche esempio; metterò pertanto il famoso "possente spirto", tratto proprio dall'Orfeo di Monteverdi, dove il protagonista, sceso agli inferi per cercare di riportare in vita la sua amata Euridice, morta per essere stata morsa da un serpente il giorno delle nozze, si imbatte nel traghettatore Caronte, che gli vieta l'ingresso. Egli allora intona questo canto ricco di fioriture di ogni genere per cercare di incantarlo e impietosirlo.
Possente spirto e formidabil nume,
senza cui far passaggio a l'altra riva
alma da corpo sciolta in van presume,
non viv'io no, che poi di vita è priva
mia cara sposa, il cor non è più meco,
e senza cor com'esser può ch'io viva?

Posto anche la versione di Lajos Kozma che mi pare migliore, e parliamo del 1968, con N. Harnoncourt che riprende per la prima volta lo strumentale antico.

4 commenti:

  1. Questo modo di fare l'agilità con tutti quei colpi secchi di gola a me non piace... lo trovo meccanico ed innaturale, mi sembra un mero artificio, dal punto di vista espressivo non mi comunica niente... non so se sia il limite del cantante, la cui pronuncia non mi sembra così chiara, dell'esecuzione musicale, o della musica in sé, ma l'ascolto mi ha parecchio annoiato.

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  2. A volte basta una O un po' aperta e diventa impossibile capire il senso della frase... "formidabil nume", qui sembra "farmi d'abil nume"... basta la più piccola imperfezione e non si capisce più nulla!

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  3. Ecco, non so quale hai sentito, perché ne avevo postato un'esecuzione e poi l'ho cambiata. Purtroppo sono quelle presenti su youtube; la migliore che conosco è quella di Lajos Kozma, nella prima versione Harnoncourt, ma dovrei estrarla. Quel che dici è vero, e, sembra di ripetere sempre la solita solfa, ma nessuno, o molto pochi, hanno l'idea di quanto raffinata (proprio in senso... chimico!) deve essere la pronuncia perché sia chiara e intellegibile...

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  4. Pardon, mi sono accorto tardi che è stato cambiato il video. Il commento si riferiva a questo:
    http://www.youtube.com/watch?v=EJqpuIpDeQs

    Comunque questo modo di fare l'agilità è interessante, anche se non mi piace, paiono gargarismi... Sono poco documentato però in materia di fioriture nel canto rinascimentale, mi piacerebbe saperne qualcosa di più.

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