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sabato, maggio 12, 2012

Seconde considerazioni...

Il mondo del belcantismo, dell'agilità o coloratura, è davvero immenso; questo non è un trattato, sono posts isolati e quindi non posso dare una reale continuità agli interventi, che comunque devo inserire con un minimo di progressività. C'è tutto un discorso relativo alla Storia del belcanto che non è certo di poco conto, e che richiede attenzione da parte di chi vi si dedica, anche se potremmo tagliare corto dicendo che è un campo specialistico e che quindi merita approfondimenti a parte che non è il caso trovino posto in un blog come questo, più indirizzato a consigli e riflessioni sull'educazione vocale. Comunque qualche accenno lo faremo anche su questo argomento.
Mi sono appena soffermato sull'agilità legata, accennando agli esercizi sulle scalette. In fondo questi esercizi sono abbastanza comuni nella normale vocalizzazione, e possiamo dire lo stesso sugli arpeggi, perlomeno quelli fondamentali, prima di tre note (su una quinta) poi sull'ottava e anche sulla decima. Ho già anche accennato al cromatismo, che dovrà partire da tre suoni (es: do,do#,re), e poi proseguire fino a scale d'ottava. Ma infine si dovrà arrivare alle figurazioni più articolate e complesse, anche musicalmente, per irrobustire il senso dell'intonazione e della musicalità. Esercizi in merito se ne trovano a josa nei trattati, a cominciare dal Garcia, poi ci sono ottimi metodi di vocalizzazione, come il Concone, il Panofka, ecc. che in genere, però, puntano più sul melodico. In questo senso la parte avanzata del Vaccaj è più consona al bisogno. Molto importanti risultano i salti ampi, quinta, sesta, ma soprattutto settima, ottava, nona e decima, e soprattutto legata e in particolar modo discendente. Meglio ancora se doppia, cioè, ad es.: do2-do3-do2, re2-re3-re2, ecc. Sarà conveniente iniziare dal salto semplice, solo ascendente o solo discendente, e poi, una volta individuati e risolti, almeno sostanzialmente, i problemi di emissione, raddoppiarlo. In genere nei salti ampi, che trovo siano piuttosto utili didatticamente, l'allievo è portato, psicologicamente, a "portar su" anche il fiato, quindi diaframma e laringe, ed esagerare il volume. Ci vorranno non moltissimi esercizi, sempre dietro l'esempio dell'insegnante, per far notare che non ci deve essere quel dinamismo interno, ma una sorta di staticità, durante il salto, e l'aumento di intensità, specie nella zona centrale, sarà molto più contenuto di quanto immagini. Altra cosa importante è che nel passaggio da una nota all'altra non ci debbano essere, oltre alle già più volte richiamate "H", anche altri "rumori", quali schiocchi, singhiozzini, lamenti che facciano presupporre un'attività non fluida e continuativa dell'emissione. Sarà buona pratica anche l'eseguire, propedeuticamente, l'esercizio con portamenti leggeri; anzi, sarà bene ricordare che il portamento di suono è come virtualmente - sotto traccia - sempre presente nel legato, perché è l'unico tipo di emissione che può indicare con precisione la quantità di fiato e di impegno che diversifica un suono da un altro, specie nei salti lunghi. Nei salti discendenti ci possono essere difetti di altro genere: spesso prima di scendere gli allievi interrompono il suono, fanno piccole apnee, oppure tendono a portarlo indietro, ad abbandonarlo. Qui vale sempre il consiglio di "specare fiato", "alitare", e anche portare il suono, finché le cose non miglioreranno. Un difetto molto diffuso, nei salti discendenti, anche piccoli, è quello di dare forti accenti portando il suono indietro, anche sulla glottide. Qui bisogna aver pazienza e insistere perché si ammorbidisca il passaggio, sempre ben legato. E' un difetto generato puramente dalla psicologia, all'inconscio, non ci sono particolari ragioni perché il suono non esca corretto, ma il "cambio di marcia", cioè il fatto di "arretrare", discendere, dà sempre l'illusione che il suono non stia più su, cada, e quindi, invece di continuare ad alimentarlo, lo si blocca, lo si accenta esageratamente, rendendolo di fatto difettoso. Ci vorrà tempo ma si aggiusterà. Quando gli allievi presentano una accesa propensione a rimarcare questo difetto, sarà conveniente lavorare preferibilmente su esercizi discendenti fin dall'inizio delle lezioni.
Un capitolo particolare, e piuttosto difficile, è rappresentato dai suoni legati e accentati (quelli in sincope, ad es.). La tendenza potrebbe essere quella di farli staccati, ma se la scrittura è chiaramente di suono legato-accentato, lo staccarli sarebbe una semplificazione ingiustificata stilisticamente e musicalmente. La questione, come vedremo meglio quando parlerò di agilità staccata, riguarda il ... dove e come accentare! Sarà comune il dare l'accento premendo sulla laringe o con colpi di varia origine interna o bassa, ed è per questo che ho scritto, in apertura, che l'agilità vera e propria si deve studiare quando si ha già una buona qualità di emissione, perché se si ha già una discreta padronanza nel gestire il suono avanti, si potrà tentare anche di produrre questo tipo di agilità, altrimenti si potrebbe avere un regresso. Non ho scritto finora, ritenendolo abbastanza scontato, ma forse è meglio ribadirlo, che ogni esercizio è bene iniziarlo lento e poi velocizzarlo, senza esagerare, perché ci sarà sempre un punto, nell'accelerazione, che comporterà cambiamenti e l'insorgere di difetti, e quindi bisogna soffermarsi e mettere a posto. In questo senso bisogna osservare che quei difetti tornano a vantaggio dell'intera vocalità, nel senso che una volta esaminati e risolti (e saranno: intonazione nuovamente imprecisa, suoni poco chiari, scivolati, cambi di colore e di pronuncia, allargamenti...), saranno utilissimi da riportare nel lento, perché daranno molto più chiara all'allievo l'immagine del suono corretto, piccolo, chiaro, perfettamente pronunciato e avanti, staccato dal fisico. E' un po' lo stesso tipo di vantaggio che possono talora dare i salti verso il basso dove l'emissione è più corretta nella zona acuta. La cosa più difficile da sentire in un bel vocalizzare legato è lo stacco del suono dalla muscolarità faringea. Quasi sempre si sente quel "tira e molla" muscolare, che, una volta eliminato dà quella sensazione di suono sospeso per aria, senza corpo, apparentemente di grande facilità, e sonoro e veramente agile e piacevolissimo, in quanto anche veramente bello, perché purtroppo l'immaginario comune del suono squillante è quasi sempre un suono stretto che "rumoreggia" perché stride sulle pareti muscolari, segno che la gola non è realmente aperta. Cercherò di postare, in questi giorni, anche alcuni video-audio che possano esemplificare nel bene e nel male quanto ho cercato di descrivere sull'argomento.

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