Translate

giovedì, maggio 30, 2013

Cantar sul fiato

Torno su questo argomento che è, ovviamente, centrale e fondamentale. Ribadisco ancora una volta che il concetto di canto sul fiato, oltre ad essere molto "occulto", quindi difficile da comprendere nella sua completezza, è spacciato a sproposito da quasi tutti gli insegnanti di canto, che non hanno veramente la più pallida idea di cosa significhi. E' certamente difficile, per cominciare, entrare nella logica di distinguere "sul" da "col" fiato, ma è anche la chiave del problema. In questa complessità c'è anche il rapporto tra fiato, suono e parola, che secondo alcuni sono fatti slegati e indipendenti. Il bello, ma tremendamente difficile, di tutta questa relazione, sta in una dipendenza/indipendenza dei vari organi/apparati, come è già stato spiegato in passato su questo blog. A parte le corde vocali, che non possono fare a meno di essere eccitate dal fiato, per quanto col concorso di un impulso nervoso, l'articolazione, quindi il complesso di muscoli, cartilagini, ossa e tessuti del condotto oro-faringeo, possono agire anche indipendentemente dall'azione respiratoria, ma quando il suono entra in relazione con l'articolazione, pur conservando una apparente indipendenza, i vari apparati (alimentatore - fiato - produttore - laringe - e articolatorio) si mettono anche in mutua dipendenza e ciascuno è influenzato dal funzionamento degli altri, per cui in base a ciò che si vuole cantare, inteso come articolazione verbale, colore, intensità, ecc., anche gli altri ne subiranno le conseguenze. A partire da ciò, noi possiamo arrivare a una migliore comprensione del concetto di canto sul fiato, il che avrà luogo quando l'equilibrio delicato su cui si regge questa dipendenza/indipendenza potrà reggersi esclusivamente su un minimo apporto di fiato, capace di innescare il processo sonoro e amplificante. Questo è un traguardo molto ambizioso da raggiungere, anche se può sembrare semplice, fin troppo. In poche parole potremmo definirlo un suono totalmente privo di pressione/spinta, dove le parole sono totalmente libere e "parlate", perché non risentono degli squilibri laringei - che si ripercuotono poi su tutto l'apparato articolatorio - che impastano e distorcono tutti i suoni verbali dalla loro verità e chiarezza. Più che Tito Schipa, che aveva raggiunto una condizione talmente valida da risultare difficoltosa da percepire nelle sue componenti se non da orecchie sensibilissime, credo che un esempio molto valido possa essere quello di Giacomo Lauri Volpi ma forse anche meglio, con tutti i limiti, da un 92enne!!! che in questi giorni si è esibito in alcune località, Angelo Lo Forese, anche buon insegnante di canto. Se ascoltate alcune sue esecuzioni, noterete che il suono, apparentemente semplice, è estremamente "staccato" dalla gola - appunto SUL fiato - e le parole si stagliano nettamente, grazie a questa libertà. Cantare col fiato, che può essere considerato un fatto banale, potremmo definirlo un errore, per lo meno a un certo livello, perché presuppone che esso superi la barriera delle corde vocali e entri in qualche modo nell'articolazione stessa. Questo rappresenta il problema più grosso da assimilare, perché sembra ci sia una contraddizione, cioè il fiato non entra nel meccanismo articolatorio, ma noi diciamo di sì, allora come si coniugano queste apparenti affermazioni contrarie? In pratica: il fiato genera il suono, e quando il "meccanismo" è perfetto, basta un piccolissimo spunto d'aria perché ciò avvenga; se le forme sono correttamente disposte e morbide ed elastiche, danno luogo a quella amplificazione assoluta NON dentro, ma all'esterno, cioè lasciano passare, pur compiendo un'elaborazione fonica, il suono, che trova una modellazione da parte delle pareti in base a impulsi nervosi e non a movimenti muscolari volontari. Questo suono è aria (non quella polmonare ma quella presente in bocca) vibrante, che in questa sua condizione genera anche una pressione, un "peso" che - quando corretto - mantiene in mirabile equilibrio la laringe stessa, che potremmo dire che galleggi nel condotto faringeo. Provate a sentire se sentite questa condizione nel video di Lo Forese che pubblico(ce ne sono altri che potete vedere/ascoltare)

6 commenti:

  1. ... e iniziò come baritono! Leggo su Wikipedia che passò al registro tenorile (ma è il più classico esempio possibile di contraltino!) sotto la guida di Emilio Ghirardini, baritono, di cui esistono anche alcune incisioni a 78 giri... Ebbe tra i propri maestri anche Pertile, ma non credo che debba a quest'ultimo la conquista di una simile facilità di emissione.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esatto; io lo sapevo da tempo perché avevo nella cronologia dei teatri di Asti questo Lo Forese, che non conoscevo, sia in recite come baritono che come tenore. Confermo che secondo me Pertile non ha molto (o nulla) da spartire con questo modo di cantare.

      Elimina
  2. Salvo9:48 AM

    http://youtu.be/V9j83uZC8tg
    Penso, correggimi se sbaglio, che l'esempio di quanto sia "alto", "staccato" ed "etereo" il suono, sul fiato, appunto, e di quanto sia flebile la linea di "galleggiamento" si può notare sull'acuto finale che ad un certo punto sembra interrrompersi ma che lui riprende con estrema facilità... a 92 anni sfido chiunque...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esatto, molto esatto. Quella stessa linea "flebile" la si sente spessissimo in Lauri Volpi, a un pelo dalla stecca (rif. a quanto scrissi qualche settimana fa proprio sulla stecca). Se si ascolta il duetto del Rigoletto che si trova su youtube con la Pagliughi mi pare a Napoli nel 53, si sente spesso questa linea sottolissima di galleggiamento, e la sua bravura consiste proprio nel non "spostarla", non spingerla, non cercare di ispessirla, gonfiarla, ma lasciarla così, apparentemente fragile e semplice, ma in quella eterea volatilità sta la grande arte del canto.

      Elimina
    2. Anonimo1:47 PM

      Ciao.
      Riprendo un topic vecchio, lo so, osservazioni molto valide su Loforese che ammiro da sempre, come sapete, esempio di come un tono ben calibrato, con ben poco o niente stress per le corde vocali possa avere qualsiasi altezza, timbro o volume ed essere controllabile, a tratti più lirico, a tratti quasi "rock", e forse è il segreto che permette di superare il Do4 a oltre 90 anni. Non so se è contraltino ma tenori flessibili, anche non contraltini, cantano ben da baritoni, solo non nel repertorio da tenore e ovviamente non con la timbrica di un baritono. Come un baritono non avrà necessariamente un Do4 spiacevole, ma non con la timbrica del tenore.
      Quanto alla stecca, mi chiedo se è possibile steccare nel registro di falsetto allo stesso modo in cui si steccherebbe tirando su il petto alleggerito. La stecca di petto è un vero e proprio yodel, appunto un passaggio incontrollato ad un falsetto debole e spoggiato ed un salto di nota, una stecca di falsetto è più un'increspatura ed uno spoggio di questo. Certo anche sbalzi tonali, perchè dopotutto si tratta equilibri muscolari e di fiato che vengono a mancare, sia in falsetto che in petto.
      Se volete (non mi piace infierire su errori umani) posto questa stecca megagalattica di "la donna" è mobile, lì mi pare evidente che il tenore stesse tirando su di petto di brutto.

      Elimina
  3. Anonimo12:38 AM

    Que tal,
    Εs verdad qque ees la primera vеz que he visitado el
    sitio y qսiero deсir quе me esta gustando y creo que
    entrare mas ɑ menudߋ рpor estos lares.
    Saludos!

    Para vеr mas articulos relacionados Lucia

    RispondiElimina