Devo fare alcune precisazioni rispetto il post precedente sulla respirazione.
La precisazione principale riguarda proprio il termine "respirazione". Con respirazione si intende un'attività fisiologica tesa allo scambio tra ossigeno e anidride carbonica. E' un'azione di notevole rapidità e che non comporta quasi nessun tipo di attività meccanica e una blanda attività muscolare. L'attività muscolare però deve intervenire nel momento in cui abbiamo necessità di attività meccaniche che investono il fiato e che sono di due tipi: sforzi esterni: sollevamento di pesi o raddrizzamento del corpo, oppure interni: evacuazione fisiologica. In questi due tipi di attività il fiato viene imprigionato nei polmoni mediante la chiusura glottica, ovvero l'apnea. In questa fase la laringe assume la funzione valvolare; all'interno dei polmoni, per mezzo dei diversi muscoli respiratori, si forma una pressione più o meno elevata a seconda dello sforzo che si compie. Quando lo sforzo è elevato anche il parlare diventa quasi impossibile a causa delle elevate forze di chiusura glottica. Questo tipo di situazione, particolarmente richiamata da alcune metodiche vocaliche (l'affondo ma non solo) sono assolutamente da evitare, decisamente antivocaliche in quanto impediscono un efficace utilizzo della laringe in quanto strumento. Dunque non di "respirazione" dobbiamo parlare ma di "alimentazione". Non si tratta semplicemente di questioni semantiche! ("muta d'accento"). Nel momento in cui definiamo il respiro "alimentazione di suoni puri a fini artistici", noi gli attribuiamo una condizione decisamente diversa rispetto quella di fiato fisiologico ("... e di pensier!").
La condizione di fiato alimentante è potenziale nel fiato, ma inespressa e inesprimibile ad alti livelli se manca la conoscenza, perché anch'essa è potenziale in noi, ma non si può manifestare se non si accede a quel regno del pensiero profondo che è perlopiù ostacolato dalla ragione materiale e fisica, che però è predominante perché governa l'esistenza.
Fiato "alto" o "basso. La discussione se nella respirazione si debba privilegiare il torace o "la pancia" prosegue, e probabilmente proseguirà in eterno. E' un falso problema, è una discussione inutile e oziosa. Anche qui il discorso riguarda il prima e il dopo. Quando si canta spontaneamente, senza alcun tipo di disciplina, per i nostri apparati si compie un'azione meccanica, simile a quella apneica dello sforzo, e questo perché nella stragrande maggioranza delle scuole si vorrebbe partire da zero con esercizi e tecniche che vorrebbero inventare suoni e respirazioni tese a produrre un canto forte ed esteso. Dimenticano che esiste il parlato. Il parlato è il nostro vissuto vocale con un utilizzo previsto e noto al nostro cervello. Durante questa attività la nostra respirazione è pressoché identica a quella puramente fisiologica, cioè l'attività meccanica è minima, quasi inavvertibile. Nel momento in cui chiediamo di più in termini di sonorità, di colore ed estensione, la nostra mente non sa come relazionare gli apparati, e li dispone nel modo che le sembra più prossimo, cioè lo sforzo, con forte attività diaframmatica e tendenziale chiusura glottica prossima all'apnea (ma dipende da quanto forti ed estesi si vogliono i suoni). Per questo Melocchi, predecessori e successori, trovano una certa disponibilità corporea al metodo dell'affondo, che potrebbero anche definire naturale, peccato che si tratta di una naturalezza che a tutto si può avvicinare meno che al canto. In ogni modo è abbastanza normale e fatale che nelle prime esperienze canore, per quanto valide, ci si trovi a vivere una fase meccanica, appunto perché è del tutto, completamente, sconosciuta qualunque altra via, esclusa quella del parlato. Questo porterà a privilegiare la respirazione di tipo diaframmatico-addominale, perché l'intensa attività diaframmatica rischia, con altro tipo di respirazione, di provocare un sensibile innalzamento della colonna d'aria non solo con conseguenze di spoggio del suono, ma anche di portare a respirazione apicale, decisamente controproducente.
Con una saggia educazione, cui ho accennato nel post precedente, noi inneschiamo un cambiamento, una commutazione della condizione respiratoria che da "respirazione" diventerà "alimentazione", con caratteristiche intrinseche decisamente diverse, e dove l'azione meccanica diminuisce fin quasi ad annullarsi, cioè viene pressoché esautorato il diaframma; l'azione alimentante può essere svolta esclusivamente dal fiato e dai polmoni; i muscoli conservano solo un'attività posturale esterna.
Ho notato, specie nei trattati più antichi, che alcuni maestri parlano di "ritenere" il fiato o la voce. Questo mi disturbò alquanto un tempo, ma mi indusse anche alla riflessione. So che ancor oggi ci sono insegnanti che esortano gli allievi a non sprecare fiato, quindi a economicizzare, a conservare aria. Il mio maestro ha sempre detto il contrario, e lo diceva continuamente: spreca, consuma, non trattenere, non frenare. Si tratta di una contraddizione? No, si tratta di "prima e dopo". Come ho più volte espresso in queste pagine, il difetto più grave dei trattati di canto sta nel parlare del "dopo", dimenticando che chi li legge si trova "prima", e se si applicano quelle regole quando non ci sono le condizioni, il risultato non ci sarà, sarà deludente. Però gli antichi trattatisti partivano da altre situazioni, da altri modi di disciplinare la voce, non c'era quell'ansia e quell'impazienza che si è instaurata successivamente. In sostanza l'allievo arriverà a togliere al diaframma la sua preminente azione meccanica, e l'alimentazione risulterà esclusivamente polmonare e toracica, quindi anche dal punto di vista posturale non sarà più utile una respirazione diaframmatica, ma di tipo costale, che però definiamo artistica perché diventata nel frattempo alimentante, pur, ovviamente, conservando le caratteristiche fisiologiche di sopravvivenza.
Ecco dunque che il soggetto che raggiunge questa condizione avvertirà in modo tangibile l'azione polmonare e della gabbia toracica che si dilaterà e non ricadrà durante il canto, ma rimarrà "aperta" e "alta" (ne parla anche il Mancini) totalmente in assenza di apnea ma con quella stessa libertà e ampiezza che si riscontra nell'espirazione fisiologica. E' come cantare alitando, con la stessa facilità e con, in più, l'esaltazione nel sentire che quell'alito si "infiamma", si traduce in vocale sonorissima, senza ostacoli, frizioni e freni. Praticamente è un'apnea senza chiusura glottica, ovvero un galleggiamento del fiato che non è più spinto, e viene unicamente governato dalla muscolatura toracica intercostale e dalla volontà.
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