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martedì, marzo 31, 2015
Zona 30
Anni fa vidi una puntata del cartone animato dei Simpson in cui il crudele e vecchissimo sig. Burns, proprietario della centrale nucleare, si sottopose a un check-in medico. Il dottore, dopo numerosi accertamenti, espone la sua tesi: il paziente ha tutte le malattie possibili, ma queste non si manifestano. Come mai? Lo spiega con un esempio. Prende il modellino di una porta e una serie di pupazzetti; premendoli tutti contemporaneamente nello spazio dell'apertura, contrastano tra di loro e non riescono ad uscire. Così virus e batteri rimangono ingorgati nell'organismo del sig. Burns e non producono alcun sintomo e alcuna patologia. Ancora anni fa vidi un interessante documentario dove si spiegava, con modellini e simulazioni, perché è stata introdotta nei centri cittadini la zona 30, cioè strade dove non si può superare la velocità di 30 km all'ora. Se gli automobilisti seguissero questa regola ci sarebbero pochi intasamenti. La spiegazione è la stessa del medico dei Simpson! Una serie di automobili che si muovono lentamente (ma non troppo) riescono comunque a sfilare e procedere, mentre aumentando la velocità si accumulano nei pressi degli incroci, contrastano tra loro e di fatto bloccando il traffico. Questa è anche la spiegazione a un interrogativo che è stato posto nei commenti e che numerosi insegnanti di canto sostengono in senso opposto, cioè che la pressione sottoglottica sarebbe una "qualità" relativa al canto lirico. Appare evidente che se la pressione sottoglottica aumenta, l'aria si "ingorga", ovvero una parte metterà in vibrazione le corde vocali mentre un'altra parte provocherà una spinta sull'intera laringe che quindi tenderà a sollevarsi. Insegnanti e allievi conoscono questo segnale, che considerano negativo e cosa fanno per contrastarlo? Spingono giù. Quindi da un lato si dice che la pressione sottoglottica ci vuole, ma poi la contrastano in modo assurdo, cioè schiacciandola. Non è più logico e sensato evitare di crearla? In questo modo la laringe non si solleverà. Ma, ancor meglio, non si creerà l'ingorgo "all'incrocio"; l'aria sarà quella giusta e sufficiente per la vibrazione cordale e avrà anche la massima velocità possibile, perché se di aria ce n'è troppa, il "traffico" si bloccherà (e alla fin fine questo è l'effetto valvolare di cui ho sempre parlato). C'è altro! Quando la pressione sottoglottica aumenta, tra laringe e diaframma si crea un sodalizio istintivo, che è quello che scaturisce ogniqualvolta compiamo un sforzo fisico, uno sforzo fisiologico (da qualche insegnante richiesto per cantare!!!!) o ci pieghiamo in avanti e tentiamo di rialzarci e di sollevare un peso. L'apparato respiratorio si trasforma in una sorta di pneumatico che collabora con la muscolatura esterna per vincere lo sforzo e riprendere la posizione eretta. In questa fase la laringe è sottoposta a una notevole pressione (tanto che è difficile e financo impossibile emettere suoni) e il diaframma compie un sensibile sollevamento per comprimere l'aria. Quindi, molto semplicemente, possiamo affermare che l'aumento di pressione sottoglottica comporta anche un sollevamento del diaframma, quindi un sensibile spoggio della voce e una difficoltà di emissione. Per contrastare questa situazione, in molti casi voluta, cercata e approvata, si compie un notevole sforzo opposto, cioè premere verso il basso, per evitare che la laringe si chiuda e si sollevi unitamente al diaframma. E' chiara la situazione? Siamo su una porta dove il soggetto da un lato spinge, pensando che questa spinta sia necessaria per avere il suono "lirico", ma preme anche dall'altro lato della porta, con ancor maggior forza, se possibile, perché solo così riesce ad avere la potenza del canto lirico... sì, avete capito bene; è un gioco di contraddizioni senza capo nè coda, ma siccome alcuni soggetti particolarmente robusti sono riusciti a ottenere risultati fonici rilevanti (non certo di qualità canora e soprattutto espressiva), questo sistema delirante viene ancora diffuso e ricercato. Se semplicemente si applicasse il buon senso si avrebbero risultati molto più piacevoli e interessanti, ma c'è una risposta anche a questo dubbio: perché la gente spesso preferisce un canto stentoreo ma privo di qualità espressive? Perché poco "contrastato"! Noi sappiamo che l'energia è il frutto di un contrasto o di una trasformazione o entrambe le cose. La voce si forma per una trasformazione di aria in suono; questa trasformazione può essere "incruenta", cioè semplicemente il passaggio da uno stato all'altro con un minimo dispendio di energia muscolare con la bilancia in pareggio o addirittura in attivo, cioè l'energia (vocale) che ottieniamo uguale o superiore all'energia utilizzata. Se aumenta la pressione sottoglottica, noi abbiamo una bilancia negativa, cioè lo sforzo impiegato (o energia) è superiore a quella risultante (il canto), ma non solo! Il suono prodotto non sarà più puro ma si sommerà ad altri "rumori" prodotti da laringe e faringe non più in stato di quiete (gola "morta"). In questo secondo caso, quindi, lo sforzo produce un contrasto, un'azione muscolare anche molto evidente, che a molte persone piace appunto perché dà l'idea di una vittoria dell'uomo "forte" che doma la natura a prezzo di fatica. Il cantante che si esprime con facilità e sicurezza, piacerà anche, ma con un vago senso di insoddisfazione perché non è il maciste che riduce il nemico cattivo a più miti consigli. In questo senso, proprio al contrario di quanto mi viene imputato da alcuni, è chi cerca di modellare il proprio strumento con la volontà, che oppone un presunto "bene" a un istinto "malvagio", a una natura "matrigna". Infatti io ho sempre detto che la natura e l'instinto non vanno contrastati, ma aggirati. Ma questa è un'altra storia.
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Si potrebbe rinominare l'affondo come "metodo Montgomery Burns" ahahahaha
RispondiEliminaCiao, lol, mi ha divertito la tua citazione dai simpsons ^_^.
RispondiEliminaQuello di cui parli è la spinta, che, non son sicuro, ma è diversa dall'energia benigna della compressione.
In pratica il diaframma viene appoggiato e sostenuto ed il flusso del fiato rallentato, rallentato ma sempre energico. In questa situazione non è necessario costringere per creare la giusta "impedenza" glottica a livello addutivo. E' la spinta invece che, basandosi su di uno squilibrio tende a disperdere il suono, l'aria è in ogni caso ingorgata, esce fuori troppa aria se le corde sono disposte bene, le corde tendono in generale a divaricarsi, se poi sono rigide, vengono travolte e creano impurità e piccole distorsioni, nella migliore delle ipotesi.
Se le corde sono bene approssimate ma non rigide e l'aria è appoggiata bene, sarà questa a fornire la giusta quantità di energia per la compressione, non si avrà quasi dispersione di lavoro (come giustamente facevi notare non esiste la macchina perfetta). Da quello che ho capito se il flusso viene rallentato e sostenuto ulteriormente, potrebbe crearsi un ulteriore compressione, ma comunque in maniera sicura, senza spinta.
Devo fare presente che anche gran parte degli insegnanti moderni, quando parlano di compressione, parlano del risultato di un giusto appoggio e non di una spinta, per quanto è vero che il loro appoggio è molto meno raffinato e sostenuto, probabilmente, in genere.
A presto :).
non ci vedo niente di benigno nella compressione... Tutto il resto mi paiono quelle chiacchiere di Patalini che non condivido quasi per niente. Quello che scrivi è profondamente diverso da quella che è la mia proposta educativa; non ho ben capito il tuo intervento; sono richieste di chiarimenti o è una tua linea di pensiero che vuoi affermare?
EliminaCiao.
EliminaNon sto affermando una linea educativa in contrasto con la tua, anzi. Sto cercando di capire se c'è per caso un equivoco terminologico per cui qualcosa che altri propongono che ti sembra equivalente alla spinta, non sia in realtà, almeno in certi casi, così in contrasto con la tua (nostra ^_^, perchè la condivido, poi la pratica è un'altra cosa, vero) scuola di belcanto.
Quindi non saprei, forse è sbagliato chiamarla compressione, che probabilmente è un termine che rimanda proprio a ciò che tu stigmatizzi come sbagliato, ora che ci penso, cioè spinta sottoglottica in squilbrio rispetto all'impedenza cordale ed aria ipercompressa ingorgata sotto le corde.
E' chiaro, una giusta compressione serve, perchè crea l'energia cinetica, questo voglio dire, ma chiaramente ogni parte di questa energia che non si trasforma in vibrazione cordale o in un aumento dell'ampiezza di questa (volume alto), è energia che si accumula nella laringe, giusto? Si ingorga e la fa salire.
La compressione è probabilmente un immagine infelice che viene contrapposta all'ariosità o debolezza tipica del falsetto e della voce di testa quando non sono appoggiate.
Se lo scambio vibrazione aria non è ottimale, non si forma il "bernoulli", ma è come se le corde vocali si trasformassero in una valvola di sfogo.
Si hanno esiti dalla caduta del tempo di contatto alla riduzione della vibrazione all'eccesso di tempo di contatto, alla distorsione, all'urlo apparentemente forte.
Sab 04- 04 - 2015
Capisco anche il discorso sull'intervenire molto meno con modificazioni all'interno della gola, perchè la risposta ce la dà l'appoggio. Però il passaggio è una manipolazione laringea, tuttavia, se ho ben capito la chiave di tutto è una, se non fai la cosa giusta te ne accorgi perchè diventa impossibile appoggiare. Questo è il motivo per cui qui si affronta la materia da tutti i punti di vista.
RispondiEliminaMa se devo essere sincero non so proprio quale sia l'appoggio adatto, so che devo dosare la velocità del fiato e rallentarla, ma quanto?
Altra osservazione e dubbio: Se l'adduzione è insufficiente uscirà molta aria quindi lo stesso flusso di aria non si traformerà in energia cinetica per le corde, tutta via rallentando il flusso al diminuire dell'adduzione cosa succede a tuo avviso?
Inoltre serve anche il sostegno oltre all appoggio e serve a rendere la risalita del diaframma meno sensibile agli sbalzi legati all'aumento di tensione cordale in acuto, dove appunto dici che il peso sul diaframma aumenta?
4 apr 2015
Anto, qui non c'è lo spazio per rispondere e dire tutto, però continuo a pensare che tu voglia tentare una sorta di compromesso tra metodiche e teorie foniatriche e la mia scuola di natura artistica, ma a parte questo, mi pare di cogliere una carenza piuttosto profonda relativa alla mia proposta educativa. Non è facile da scrivere e non è facile da cogliere, ma è indispensabile se si vuol entrare in questo "regno". Ti invito a leggere, o rileggere, i post tipo "le masse contrapposte" ma anche molti altri dove cerco di spiegare (anche se l'esempio sarebbe sempre la "spiegazione" migliore) che la pressione esiste in quanto frutto di una reazione corporea organica e istintiva, la quale va eliminata. Quella forza che residua è la minima indispensabile per mettere in vibrazione le c.v., e non la possiamo nemmeno più chiamare pressione perché si esaurisce nella vibrazione stessa (cioè non ha alcuna ripercussione su altre parti della laringe) ed è annullata percettivamente dalla contromassa sonora che si forma oltre le corde. Questo crea la sensazione del "tubo unico", di cui ci parlano anche maestri del passato. Anche l'appoggio (il sostegno è una stupidaggine se inteso come diverso dall'appoggio stesso) è un percorso educativo che deve andare ad esaurirsi nel tempo, quando cioè le reazioni termineranno. E' sufficiente una diversa qualità respiratoria che si sviluppa nel tempo.
Elimina"Quella forza che residua è la minima indispensabile per mettere in vibrazione le c.v., e non la possiamo nemmeno più chiamare pressione perché si esaurisce nella vibrazione stessa" Io intendevo questo, quando parlavo di energia scaricata tutta nella vibrazione delle corde e non sprecata in altro. Parlavo di pressione perchè è comunque una forza pressoria a muoverle e tale pressione aumenta e diminuisce in sincronia rispettivamente con le fasi di chiusura ed apertura del ciclo di vibrazione delle corde, tutto lì. Mi pare che in mancanza di quest'alternanza non si abbia un condizione ottimale.
RispondiEliminaL'aria deve quindi scorrere con libertà anche se non con velocità ed effettivamente se c'è il giusto appoggio non ci sono ostacoli quindi è quasi come se uscisse liberamente solo con più lentezza, poichè la pressione dell'aria che esce dai polmoni è più che sufficiente, anzi è eccessiva se non viene regolata dall'appoggio.
Però come fa questo a conciliarsi con l'idea che il peso che il diaframma si trovi a fronteggiare cresca con l'alzarsi della tonalità e specie, mi dicevi, durante il passaggio al falsetto pieno. Se tale impedenza aumenta non ci si trova a fronteggiare più pressione e che quindi questa si scarichi sulla laringe? Se non sbaglio il falsetto serve proprio ad evitare che si abbia la rigidità dovuta al dover far vibrare troppa massa ad una tensione eccessiva, necessaria alla tonalità desiderata, quindi i conti tornerebbero.
Anche per questo immaginavo che il sostegno potesse servire a non aumentare la spinta, per non perdere il momento di forza e l'accelerazione dell'appoggio. Ma su questo punto mi riservo di sbagliarmi a maggior ragione.
A presto.
Ok. Noi dobbiamo distinguere "la pressione" dalla "percezione della pressione". Nel momento in cui si ha cognizione di una pressione sottoglottica, vuol dire già che ce n'è troppa, cioè travalica quel fabbisogno di cui abbiamo scritto. "Regolata dall'appoggio"... che significa? E' po' come dire, in musica, "tempo giusto". Qual è il tempo giusto di esecuzione? E quel è il giusto appoggio? Qui non si può non uscire dalla logica della modalità statica, cioè dal "fare" cose illudendosi che ci sia una "modalità" per cantare meglio. Può esistere una "evoluzione", se affrontata mediante una disciplina, per cui l'intero apparato respiratorio si pone al servizio di una vocalità più elevata, ma questo richiede un tempo e una modificazione anche nell'approcio, nella considerazione di cos'è un'arte respiratoria volta a un canto artistico. Se non si inibisce la reazione istintiva/diaframmatica la pressione sarà sempre mal distribuita, perlomeno laddove l'intensità o l'estensione si estenderanno oltre la "normalità" del parlato semplice o del canticchiare. Per inibire la reazione, non basta "sperare", illudere, rilassare, sintonizzare e via dicendo; ci vuole una disciplina che risponda ai perché dei perché!!
RispondiEliminaGiusto, ma appunto per queste cose esistono le lezioni, qui più che altro si discute :). Si condividono insomma informazioni di carattere generale e non certo specifici suggerimenti (come dicono nei disclaimer dei programmi di medicina, lol) che richiederebbero un tu per tu.
RispondiEliminaVerissimo che la pressione sottoglottica non si deve sentire.
Per regolare con l'appoggio, comunque, io intendevo rallentare la risalita com'è noto, l'aria pompata troppo velocemente ha un'accelerazione. Ma appunto non c'è una modalità statica teorica che sia poi facilmente applicabile consciamente tipo tot appoggio e tot velocità per tot tensione o opposizione cordale, perchè appunto c'è l'istinto di mezzo. Mica uno sta lì a farsi tutti questi calcoli. Chiedevo quindi solo come funzionasse a livello teorico, ad esempio la regola della candela. E' sempre valida?
Sì! Non deve uscire aria insonora. Però l'adduzione delle corde non deve avvenire forzosamente e non deve essere ciò che "blocca" l'aria, perché è ciò che si aspetta l'istinto. L'adduzione deve essere musicale, leggera e non contrastante. Ciò può avvenire con la disciplina che abbatte la reazione.
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