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mercoledì, agosto 20, 2014

Il trattato - 9

Un cantante dalla voce ben educata ha e deve avere una dizione chiara, limpida, perfetta. E' inesatto affermare che per esigenze di testi, quelli lirici in particolare, le parole passano in secondo piano. Ciò che sembra impossibile è, invece, possibile; ma è indispensabile che vi siano le condizioni per accedervi; diversamente sarà un campo degenere, aperto a tutte le conseguenze. L'incomprensibilità delle parole equivale ad un difetto, e dove c'è difetto c'è tecnica e non Arte. Cantare bene significa operare con apparente facilità laddove per tutti gli altri è impossibile. Il bel canto, quello vero, sensibilizza l'udito, che purtroppo viene desensibilizzato dalla degenerazione, quando questa prevale.
 Il passo mi pare molto chiaro; l'unico punto su cui intervengo è "c'è tecnica e non Arte", dove con tecnica i intende una serie di espedienti per aggirare l'ostacolo, che è la dizione. Molti pensano, anche seriamente, che non dire le parole sia un cammino corretto e sensato per apprendere l'arte del canto, perché questa è la favoletta che molti raccontano, fino a farla diventare realistica, ma invito tutti coloro che vogliono intendere seriamente il canto a riflettere se questa strada sia veramente corretta e sensata!
Vi sono periodi più o meno degenerativi che preludono a lunghissimi
periodi di decadenza, perché il ciclo di risalita è sempre, in ogni caso, di diverse generazioni.
Il m° riteneva che in ogni arte ci sono periodi di esaltazione, come furono la Grecia e il Rinascimento,  e altri di decadimento, durante il quale ci troviamo. Attendiamo impazienti che inizi la risalita.

L'Arte non è presunzione, ma sicurezza, cioè una condizione che non è espressione fantastica o contingente, ma riconoscimento della infallibilità dell'atto che la determina.
Questa è una delle tante frasi che dai più non viene accettata o accolta seriamente, ma come sempre io invito a non giudicare, ma proseguire nella lettura per farsi un'opinione complessiva.  

L'impostazione della voce si è sviluppata, nel suo tempo più proprio, sugli insegnanti e sulla ricerca, molto faticosa dei singoli.
Difficilmente un cantante che, per ovvie ragioni, inizia o conta di iniziare la propria carriera il prima possibile, può inseguire uno studio certosino e una ricerca approfondita che porti alla perfezione, per cui è giocoforza che a questi risultati giunga invece il maestro, cioè un cantante che per ragioni varie, a cominciare proprio dallo spirito di ricerca molto sviluppato, non ha percorso carriera di artista teatrale, ma si è dedicato anima e corpo non solo all'insegnamento ma a un insegnamento artistico, cioè ha disciplinato un'arte didattica del canto e cerca di portare a quel risultato, in tempi accettabili, i propri allievi.
 
Chi ha la fortuna di avere un buon insegnante risparmia una enormità di tempo rispetto a chi, per ragioni varie, non ha avuto questa possibilità, ammesso che abbia in sé la possibilità o la potenzialità di diventare un virtuoso. E' vero che il grande "bel canto" non è nato con i maestri, ma è anche vero che il dono di ricerca e di risultato è così raro che bisogna considerarlo un privilegio talmente eccezionale, che consigliamo di escluderlo, ma di escluderlo veramente, affinché ognuno non si ritenga un privilegiato o una eccezione, perché la tendenza a credersi tale è deleteria (e non poco) e più diffusa di quanto si possa immaginare. Non è una macchia o una riga che fa il virtuoso pittore, ma la sublimazione dell'atto che determina l'opera d'Arte. 
Troppe gradualità tecniche si definiscono Arte, ma ciò non può che creare un campo fecondo per le mistificazioni, che purtroppo sono di ogni tempo e di tutti i giorni.

Qualsiasi soggetto che si sottopone alla disciplina per accedere al Bel canto, crede e ritiene possibile, specialmente se ricco di disposizione, che raggiungerà quel traguardo che, ahimè, è sconosciuto sempre ai non artisti, perché l'Arte, quella da noi intesa, è inconoscibile e ingiudicabile, se non da chi la possiede. Chi fa mille "centri" con la mente, e li fa anche con l'arma che gli è più congeniale, sa che non si tratta di fenome-nalità, ma di conquista sensoria subordinata ad una disciplina che indirizza, o può indirizzare, verso l'infallibilità. 
I concetti di inconoscibile e ingiudicabile sono fondamentali, ma sono proprio i più difficili da accettare. Ogni persona appena un po' inoltrata nel campo del canto pensa di poter riconoscere e distinguere suoni vocali buoni da meno buoni e di poterli giudicare nonché dare consigli su come migliorarli o proprio farli correttamente. Il più delle volte provengono da persone che manco sanno cantare...

L'Arte non è trascendenza, l'Arte è conoscenza, anche se si manifesta eccezionalità. L'atto artistico significa privilegio di piena coscienza mentale, il perfetto, quindi, non necessita di esercizio per mantenersi tale, cosa che avviene invece regolarmente e indispensabilmente ogni qualvolta esiste un qualsiasi livello tecnico. 
Altro concetto difficilissimo. Come mai è possibile raggiungere un livello tale per cui non è più necessario l'allenamento? Si ritiene, analogamente allo sport, che qualunque condizione che superi la normalità necessiti sempre di allenamento e riscaldamento. Ciò non è del tutto vero, specie nel canto e nelle arti, perché è possibile far diventare questa disciplina come un nuovo istinto, un senso, per essere precisi, che contenga il canto stesso, lo consideri una attività necessaria e utile a quel soggetto, e quindi, come ogni senso, non lo osteggi ma permetta il suo mantenimento.

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