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sabato, agosto 30, 2014

Il trattato - 10

L'Arte del bel canto non investe o non coinvolge solamente l'esecutore perfetto, che, in natura, non esiste mai, come non esiste mai l'alimentatore perfetto (respirazione), che è poi quello, in definitiva, più difficile da "domare". L'Arte vuole un coordinamento perfetto di tutto ciò che concorre allo scopo, e questo coordinamento comprende: apparato vocale, apparato respiratorio, apparato psichico, apparato fisico in tutta la sua accezione. In parole povere, per ottenere il vero Bel Canto, noi dobbiamo avere, nella stessa persona, tre condizioni artistiche, e cioè: perfetto strumento, perfetta alimentazione, perfetto esecutore. 
Concetto più volte esposto nel blog; se strumento e alimentazione sono già potenzialmente in sincronia, l'aspetto esecutivo-musicale è un capitolo a parte, che però andrebbe sviluppato contemporaneamente, ma non sempre e non tutti gli insegnanti sono in grado, ecco perché, almeno da un certo momento in avanti, occorrerebbe valutare l'ipotesi di essere seguiti da due insegnanti, uno per la parte strettamente vocale e uno per quella musicale, a meno che non ci si trovi nella condizione di avere un insegnante valido in entrambi i campi (poi c'è da vedere anche l'aspetto scenico).
La palestra dell'Arte, specialmente quella vocale, è una palestra dura perché il risultato si conquista pagando sempre in proprio. Nessuno può pagare per noi, anche se siamo dei privilegiati dalla natura, sia come disposizione, sia come incontri didattici, sia come condizione esistenziale di un tempo in cui è in un auge l'arte che ci è più congeniale.
Questi periodi credo non abbisognino di commenti, li separo solo perché in questo modo chi legge può soffermarsi e soppesare più approfonditamento il contenuto.
 Il risultato cui si va incontro, è bene ripeterlo, è sconosciuto, perché va sempre oltre i nostri limiti conoscitivi contingenti, in quanto la nostra conoscenza ci consente solamente di aspirare ad un progresso tecnico già intuito per esperienze acquisite.
Abbiamo sempre viva quella contrapposizione tra la nostra coscienza vigile e contingente, cioè legata ai bisogni esistenziali, e quella occulta e "profonda" che fa fatica ad emergere e a manifestarsi e soprattutto a portarsi a livello cosciente, proprio perché ostacolata dalla nostra condizione umana-animale.
Quando vi sono le condizioni di accesso all'Arte, la nostra condizione esistenziale viene sottoposta ad una vera e propria coercizione, ed è ovvio che l'insofferenza alle disciplina assuma aspetti di intolleranza che non sono immaginabili. Per questi motivi l'Arte sarà sempre una condizione rarissima, perché sottopone il fisico a una prova talmente dura che solo pochissimi, che noi abbiamo classificato "eletti", possono conquistare.
Quella che segue è una delle metafore più belle del trattato, l'avevo già riportata sul blog, ma ripeterla non può che giovare a chi legge.
La voce deve uscire dalle labbra come se fosse il ballo classico in stato di grazia, cioè leggero, aereo, come se fosse a cavallo di una nuvola. La voce deve sprigionarsi e apparire senza peso, morbida, pulita e deve strappare l'anima all'uditorio e fondersi con esso. Deve essere vibrante all'unisono con l'aria dell'ambiente o del teatro e deve penetrare in ogni anfratto, in ogni angolo, limpido e comprensibile. Deve volare senza fatica alcuna e conquistare il pubblico, avvolgendolo; sconcertarlo e rapirlo, cioè portarlo via nel sublime, superando ogni e qualsiasi difficoltà. Deve cioè rendere partecipe tutto e tutti, come se il canto fosse prodotto da un flusso mentale che conquista e sovrasta ogni attimo. La voce deve uscire a ventaglio largo e verticale, come se fosse emessa in un sogno, cioè come un soffio divino, e deve portare nel sogno tutto ciò che la circonda. La voce deve staccarsi dall'umano ed entrare nel trascendente, cioè nell'impossibile (che è possibile), come se cantasse un angelo.
Ogni fibra dell'esecutore deve sprigionarsi nell'estasi e cancellare ogni e qualsiasi gradualità tecnica, ogni e qualsiasi traccia di fatica. La voce deve diventare pensiero puro e, come tale, deve corrispondere all'interpretazione e alla espressione del volto, del sentimento, e deve strappare letteralmente l'uditorio dalle poltrone: coinvolgerlo, conquistarlo, dominarlo. Solo così incontreremo l'Arte, solo così si manifesta l'Arte, solo così l'Arte può essere intesa tale.

2 commenti:

  1. Salvo4:26 PM

    Ma questa "energia trascendentale" in un certo senso "vìola" le leggi fisiche che conosciamo....? Oppure e la parte più nobile di esse?

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  2. Ecco qui, domanda interessante, anche se non mi pare qui si parli, perlomeno direttamente, di energia trascendentale e, a dire il vero, il maestro non parli pressoché mai di trascendenza, semmai di conoscenza. Comunque rispondo volentieri. A parte il m°, anche il sottoscritto è stato ed è spesso additato di essere un succube dei maestri e di essere un settario e lasciarsi coinvolgere in ogni genere di setta, facendo rientrare in questo ambito sia Antonietti che Celibidache. Una caratteristica tipica delle sette, quelle vere, è quella di credere e diffondere teorie molto fumose, fantascientifiche, paranormali e via dicendo. Se ci mettiamo a dire che mediante la disciplina che auspichiamo come percorso di elevazione della parola a canto esemplare abbiamo accesso a una "energia trascendentale" cadiamo dritti nella trappola. Allora ribadisco il concetto, non c'è nulla di trascendentale, in senso esoterico, semmai in senso fenomenologico, cioè si supera quel limite imposto dal vivere comune per accedere a un vivere artistico, che però non può superare i limiti del corpo umano. Però con questo non ho detto molto, perché quale sia questo limite non è facile da presupporre, ma è molto avanzato, e la facilità con cui i pochi che conquistano quest'arte possono arrivare a esprimersi, possono far pensare gli astanti che possa trattarsi di un fenomeno sconosciuto, irriproducibile e fuori dalle regole fisiche. Confermo che così non è, e dici bene quando definisci "parte nobile", che noi indichiamo anche come "sublimazione", che è sia un termine chimico-fisico ma anche spiriturale (il sublime), ovvero la purificazione eterea della materia.

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