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lunedì, gennaio 05, 2015

Dei particolari

Non v'è dubbio che un'arte complessa come il canto coinvolge veramente una quantità considerevole di fattori. Quando si va ad eseguire un brano è abbastanza fatale che chiunque abbia un po' di esperienza e competenza abbia da ridire su qualcosa: quella nota stonata, quella pronuncia falsa, quella vocale indietro, quel passaggio di registro troppo evidente, ecc. ecc. ecc. Questo a livello esecutivo; ed è un bene che si colgano i punti deboli, perché costituisce il piano di apprendimento, si "sturano" le orecchie e soprattutto si sviluppa la coscienza. In ogni caso, al termine di un'esecuzione deve essere la VISIONE D'INSIEME quella che produce la valutazione interiore più importante. Perché questa possa essere positiva, è piuttosto necessario che una visione d'insieme o unitaria sia presente in chi la produce, e perché ciò avvenga è quasi del tutto scontato che sia posseduta da chi insegna. Fin dall'inizio dell'insegnamento è necessario tener presente il maggior numero di criteri possibili, ovvero mantenere il processo canoro in una visione unitaria. Per l'allievo sarà del tutto impossibile, ma non è così fondamentale, non si può sperare in un risultato così elevato nell'arco di poco tempo, ma questo deve essere comunque lo stimolo e l'obiettivo del maestro. Quando le questioni macroscopiche saranno superate, si comincerà a lavorare sui particolari. Attenzione però! Quando mi riferisco alla cura dei particolari non mi riferisco a una correzione di questi fini a sé stessi, ma SEMPRE (SEMPRE) in una visione globale, complessiva e unitaria. Lo scopo della correzione deve comportare l'elevamento dell'insieme. Ricordo di aver ascoltato una prova di un cantante con un pianista che riteneva di poter dir cose anche di vocalità; fermava di continuo il cantante individuando una nota meno intonata, una parola poco espressiva, ecc. Dai e ridai giunse a una esecuzione che riteneva buona. In realtà era peggiore di quella iniziale. E' vero che c'erano note calanti e parole poco contestualizzate, ma il cantante aveva una sua omogeneità complessiva e alla fine, pur dilettantisticamente, poteva essere accettabile. L'esecuzione finale secundum il pianista, invece, risultava la somma di tanti pezzettini che forse singolarmente potevano essere più corretti (ma in realtà sempre forzati, imposti, evidenti), ma nell'insieme distruggevano ogni unitarietà. Questo è anche motivo per un'altra annotazione. Il buon insegnante si sofferma molto e insiste sulle prime note e parole di un brano o di un esercizio. Non è una questione di particolari! Non si dimentichi il precetto fenomenologico "la fine è contenuta nell'inizio". Il cantante artista non canta un certo numero di sillabe, di note e parole, non c'è piano, forte, pianissimo e fortissimo, c'è UN brano, il quale, per essere UNO, necessita di una relazione continua tra l'inizio, il punto in cui si è, il punto massimo e il finale. Quando si inizia occorre tener presente 'dove si sta andando' e passando per dove, come una mappa. Se abbiamo presente il punto massimo, dovrò partire in un certo modo per dare rilievo a quello, se so che c'è un punto di minima intensità, dovrò partire in un certo modo per far sì che quel punto emerga, dovrò fare in modo che il finale sia la conseguenza di quella partenza e di quei punti significativi (ma naturalmente ogni punto è significativo, perché è sempre consequenziale e predittivo). Il m° Celibidache spiega, con la sua incredibile capacità sintetica, di non fare 2+2+2+ ecc. ma 2 elevato a... cioè far sviluppare dal "seme" iniziale di ogni brano, quella potenza INTERNA che farà nascere l'intero brano. Come si può essere più chiari ed efficaci di così?

4 commenti:

  1. Non c'è il pulsante "mi piace"? :)

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  2. Salvo3:05 PM

    Bravo Fabio..... bellissimo inizio di anno.
    A proposito.... auguri a tutti
    che sia un anno felice, buono, in salute.

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    1. Grazie, buon anno anche da parte mia!

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