La propriocezione è la percezione che ogni essere umano ha del proprio corpo. Permette di sviluppare quella sensibilità che ci rende consapevoli della posizione e della spazio che occupa un determinato muscolo. Quando si canta una moltitudini di muscoli viene messa in movimento.Necessità? E per quale motivo sarebbe una necessità? Quando mai c'è una necessità di conoscere la posizione di un muscolo? A maggior ragione in un'arte come il canto, visto che esso è formato da aria e vibrazioni dell'aria stessa. Nel momento in cui io sono "consapevole" che emettendo un suono si mettono in moto determinati muscoli, che vantaggio posso trarne? Ma c'è ancora una domanda preliminare: siamo proprio sicuri di percepire correttamente? Cioè quando sento qualcosa in un determinato punto all'interno del nostro apparato respiratorio-fonatorio, sappiamo che muscolo si è attivato, e siamo proprio sicuri che sia quello e che sia esattamente lì? Non possiamo saperlo, perché i muscoli sono collegati tra loro e una sensazione provata in un punto non significa con sicurezza che un determinato impulso abbia origine o abbia una qualche influenza lì; potrebbe essere partito altrove ma darmi una percezione "lì", perché lì avviene qualcosa che è più rilevante o perché quel punto è particolarmente sensibile. La sensibilità interna è piuttosto differente da individuo a individuo. Come già scrissi in passato, ci sono persone che bevono e mangiano a temperature vulcaniche e altri che non sopportano nemmeno cibi tiepidi, e questo è in rapporto con la sensibilità delle terminazioni nervose; ci sono persone che percepiscono le vibrazioni del suono in alcune zone della bocca, altre molto meno e persino poco o niente. Questo è anche un motivo per cui insegnare canto mediante le sensazioni è sbagliato! Il motivo più importante per dire che "farsi un'idea dei muscoli che vengono coinvolti nel canto" porta a gravi difetti e a un'insegnamento erroneo del canto, sta nel fatto che se io sto dietro a quella sensazione, frenerò il flusso sonoro, il fiato, cercherò, inconsapevolmente, di posizionare il suono là dove provo la sensazione. Vuol dire bloccare il canto, mettere una sorta di "pinza" al mio faringe, alla laringe o altro luogo interno. Il canto esemplare significa raggiungere l'obiettivo di eliminare le propriocezioni! Il canto esteriorizzato mi fa provare solo la percezione della mia voce nell'ambiente esterno, tramite le orecchie! Tutt'al più un leggero formicolio sul palato anteriore, da non considerare importante, da non cercare, però, da non seguire e non considerare come qualcosa di fondamentale e indispensabile, perché rischia subito di portarci indietro, in una regione interna, quindi nuovamente frenare il flusso, impedire la piena libertà e il costante e regolare decorso del suono, come fosse il fiato stesso. Naturalmente per moltissimo tempo l'allievo avrà propriocezioni, anche il maestro le sentirà "per simpatia" e darà suggerimenti e indicazioni affinché si possano superare, perché non si radichino, e dovrà sudare per trovare le strategie per togliere quelle già fissate da idee proprie o indotte da studi precedenti.
Riuscire a “farsi un’idea”, “sentire” quei muscoli che vengono coinvolti nel lavoro vocale e della loro posizione è tra le prime necessità di chi si approccia allo studio del canto.
La propriocezione, però, rappresenta anche un ostacolo importante alla disciplina artistica. Quando l'allievo inizia lo studio del canto e l'insegnante invece di partire da dove la Natura già ci ha portato, cioè dal parlato, pensa di partire da zero su tutta un'altra strada, muscoli, cartilagini, legamenti, ecc., rappresenteranno un punto di appoggio importante sia per le reazioni biologiche che il corpo metterà in essere quando si sentirà "minacciato" da un'attività che egli avvertirà come forzata e provocatoria, sia per l'allievo stesso che non saprà come guidare la propria voce in un modo diverso da quello quotidiano. Quindi le stonature, le difformità rispetto alle richieste dell'insegnante, con cosa si potranno guidare e modificare? Con la gola e i muscoli in genere. Questi, pertanto, rappresenteranno la sicurezza, il terreno solido su cui puntare per guidare il proprio canto. Naturalmente pessimo!! Se questi allievi (e sono la quasi totalità) trovano certezza in questa dimensione materiale, cosa capiterà quando un insegnante più elevato cercherà di svellere la vocalità dalle àncore, dagli artigli, dalle resistenze e attriti della muscolatura? Che l'allievo si sentirà come un novellino che ha sempre nuotato in 30 cm d'acqua, contando quindi sul fondale appena sotto di sé, buttato in mezzo a un'oceano! La totale perdita di sicurezza, di appigli, di guide, quindi la paura!. Se il canto sul fiato è quello che ha questo nome, solo su di esso si può contare, ma togliere i muscoli vuol anche dire far galleggiare una grande massa su un tappeto d'aria. Immaginate quale energia necessita? E questa occorre sviluppare. Punto.
Credo che questo sia un post di una "verità" indiscutibile.
RispondiEliminaMa come si può pensare di "sentire" la muscolatura del proprio corpo se è proprio da esso che noi dobbiamo "fuggire"? Cioè dalla fisicità, dal peso, gravame.
Quanta estasi c'è invece in un canto che trae origine sì da qualcosa di fisico, concreto, come l'aria e si arricchisce mano mano nel suo percorso per poi sfociare all'esterno come se fosse tutt'uno. L'arricchimento non è dovuto ad apporti muscolari esterni perchè già è intrinseco nel fiato stesso.... l'energia che ha il fiato deve solo liberarsi e donarsi.... le corde vocali ed il tessuto "mucoso" (io lo chiamo così...) sono le uniche parti "fisiche, organiche" che carezza il fiato, come il movimento delle braccia o dei piedi quando si galleggia... La gestione del fiato e della parola, del parlato, è l'UNICO sistema che può portare al CANTO Artistico. L'esercizio vero che bisogna fare ogni giorno è quello di perfezionarsi sempre di più sul parlato, sull'intonazione, sul superamento dell'istinto, delle sue paure e quindi sviluppare un fiato che ci dia il massimo rendimento senza sforzo alcuno (sarebbe l'ideale). Non è facile, ma questa è, per me, l'unica strada da percorrere...
Perfetta analisi. Eppure certa pubblicistica sul canto, fior fior di siti che presumo anche costosi, molto elaborati e ricchi di effetti, propinano questa "verità", cioè che prima di tutto devi conoscere e "sentire" i tuoi muscoli. Ma, dico, possibile non si rendano conto dello sprofondo in cui siamo caduti? che se non si riflette sul fatto che quanto si sta dicendo e propalando non porta a niente di buono? Ma intanto, evidentemente, il cassetto si riempie e dunque perché mettersi in discussione?
RispondiEliminaPuò darsi che sbagli, ma ho sempre pensato che nella vita tutte le attività umane debbano essere fatte con serietà, passione, civiltà, onestà, ecc. Ma alcune di queste non possono solo considerarsi dei "mestieri", hanno un qualcosa che va al di là.... UN sacerdote, un politico, un medico, un maestro, un vero artista, dovrebbero possedere una "vocazione"... qualcosa di trascendentale che li porta a metetrsi in gioco per donare conoscenza... per aprire i cuori, per essere uomini migliori. Migliorare la nostra umanità, cercando di conoscerci meglio.
RispondiEliminaHo letto una intervista di una pianista ungherese ultra sessantenne ancoar in attività, non ricordo adesso a memoria il nome, che ha ribadito ancora una volta che l' Arte nel momento stesso in cui si commercializza... non può più assurgere ad Arte.... non ha nulla da spartire con essa. Certo, l'Artista deve campare come tutti, è vero, deve essere anche gratificato economicamente, ma il suo scopo interiore non può limitarsi al "riempimento" di quel cassetto come farebbe, giustamente, un qualsiasi imprenditore. C'è qualcosa in più....
Infatti ci pensavo proprio ieri a fare un post sul "professionismo", laddove per qualcuno è un valore imprescindibile, mentre realmente non lo è, nel senso che alcuni scelgono la strada del professionismo e quindi dedicano interamente il loro tempo a questa attività, mentre altri fanno un lavoro per campare e dedicano altro tempo alla funzione artistica. Ciò non ha per forza risvolti di maggiore o minor competenza, bravura, ecc., però non pochi professionisti si sentono addirittura depredati e usurpati nella loro attività dai non professionisti. E' comprensibile, visti anche i tempi che corriamo e la scarsità di lavoro che sta coinvolgendo pesantemente anche il mondo dello spettacolo e dell'arte in genere, ma questa è una caratteristica imprescindibile dell'arte, come hai evidenziato anche tu; eticamente è corretto che chi ha un altro cespite di sussitenza faccia in modo da non mettersi in concorrenza sleale e togliere il pane a chi vive di musica, però non se ne faccia una questione di qualità, per l'appunto. Infine l'artista non può giammai vivere "per" i soldi; se anche non sono oggetto di corruzione, saranno comunque corruttori per l'anima. Si vive per l'arte; altrimenti si è commercianti, è un'altra cosa.
RispondiEliminaSei un Grande Maestro Fabio, su ogni piano. Grazie anna
RispondiEliminaGrazie!! :)
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