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lunedì, gennaio 26, 2015

Il suono alimentante

Riprendendo discorsi già intrapresi più volte, preciso la catena che si realizza nell'emissione artistica. Il fiato è alimentazione del suono, quindi la sua funzione iniziale è quella di mettere in azione le corde vocali. Quando non sussiste più reazione istintiva il fiato richiesto è di quantità piuttosto modesta e non si ha più alcun senso di affaticamento, spinta, pressione, ecc. Tutto si concentra in una "postura" che si definiva, e possiamo ancora definire, "nobile", dove il punto chiave è rappresentato dalla "sostenutezza" del petto (che non c'entra niente col "sostenere" la voce, che fa a pugni col "galleggiamento"). In questa prima fase il fiato esaurisce (o esaurirebbe) la propria funzione sul limitare della rima glottica, cioè sulle corde vocali.
Al di là di questo limite noi non abbiamo più il fiato polmonare ma abbiamo il suono da esso generato. Questo suono è SOLO suono, cioè una vibrazione aerea. In sé, pur potendo già essere definito più o meno bello o brutto, è comunque un fenomeno alquanto modesto, persino rozzo (specie quando ingrossato da vibrazioni indebite - ma non sempre indesiderate!). Anche il suono ha (ripeto, nella emissione artistica esemplare, quindi diciamo meglio "dovrebbe avere") un limite, che è quello della bocca, quindi delle labbra. Entro questo limite, pur avendo già subito qualche modifica, nessun suono può ancora definirsi compiuto nella più alta elevazione sonora umana. Questa possibilità si può attuare SOLAMENTE oltre quel limite, quindi il suono diventa ALIMENTAZIONE della vocalità, ovvero di tutte le vocali che soltanto fuori possono accedere alla loro massima purezza e possibilità espressiva ed espansiva. Se mancano le condizioni, il suono resta suono, nella sua povertà e rozzezza, per quanto forte. Quindi la catena vocale artistica si rappresenta con la sequenza: fiato - suono - vocale (o vocalità).
Dalla fenomenologia celibidachiana apprendiamo che il suono non è musica, ma lo può diventare. Dunque c'è un'equazione molto intrigante: il suono esterno che viene percepito dall'uomo PUO' diventare musica entro la persona stessa SE ci sono determinate condizioni sia nella produzione dei suoni sia nella percezione; l'uomo produttore di suoni PUO' diventare cantante artista SE sarà in grado di sviluppare una vocalità che nasca e si proietti al di fuori di sé, non ingabbiata, frenata, ostacolata e manipolata da resistenze muscolari o mentali MA, attenzione, come la musica, grazie anche all'ARTICOLAZIONE. Questa è una necessità dell'uomo stesso. Non articolare significa impedire alla coscienza di funzionare, per cui l'idea di limitare o comunque non perfezionare l'uso della più ampia gamma vocale e sillabica è già in partenza un impedimento a qualunque futuro sviluppo.

2 commenti:

  1. Mi succede di vedere, sempre più spesso, cantanti il cui viso si "deturpa" in una serie di smorfie, inarcamenti, accigliamenti, storcimenti,(ho visto più di un cantante cantare con le labbra storte, cioè spostate di lato-sigh) che nulla hanno a che fare con un canto interpretativo, ma piuttosto con una ricerca muscolare (almeno questa è stata la mia impressione....) e quindi sforzi, per raggiungere "rumori", pronunzie incomprensipili, distorte.
    L'articolazione (come tutto il meccanismo del canto) non ha bisogno di "sconvolgimenti", ma solo (secondo me) di giusti indirizzamenti. La pronuncia deve essere liberamente giusta ed il fiato, come per magia, si incanala da solo.... questa è la meraviglia del canto! Quando mi esercito nella mia stanza, lontano da rumori e luci, ad entrare in sintonia con il mio fiato, la sintonizzazione avviene affinando sempre più la pronuncia, le vocali, le consonanti. Il suono puro, etereo, non ha bisogno di NESSUNA "spinta".... è già patrimonio della vocale, della parola che ha come carburante il fiato e come volano la pronuncia, le labbra.

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  2. I vari "...enti" che tu elenchi sarebbero persino vagamente positivi se fossero attuati con una volontà di perfezionamento della proiezione e della pronuncia; purtroppo queste distorsioni sono subite, più o meno consciamente ma comunque senza alcuna capacità di poterle risolvere o annullare. Non dimentichiamo che il problema più grosso non è quello di "fare", ma quello di superare le reazioni che nascono e si sviluppano facendo. Constrastarle significa per lo più rafforzarle, quindi la disciplina artistica resta l'unica strada per raggiungere questo difficile obiettivo (e cosa significa disciplina artistica lo si desume da qualche decina di post di questo blog!).

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