Translate

mercoledì, agosto 19, 2015

Analisi

Riprendendo una vecchia prassi, anche su richiesta, analizzo l'esecuzione di "Dai campi dai prati", dal Mefistofele di A. Boito, aria per tenore, nell'esecuzione di Enrico Caruso; ne esaminerò in seguito altre esecuzioni e ne farò un'analisi musicale. Incisione del 1902, quindi piuttosto giovanile, e lo avvertiamo dal timbro ancora piuttosto chiaro e poco artefatto. Noto in questa registrazione un ricorso piuttosto frequente di Caruso nell'utilizzo dell'Acca aspirata, che oltre a essere poco gradevole, toglie appoggio. Lo avvertiamo subito: il passaggio dalla "A" alla "I" di "Dai" avviene tramite una appena percettibile (ma c'è) "H", e la I subisce un arretramento, tant'è che è leggermente gutturale. Anche la "I" finale di "prati" è difettosa, e inoltre è troppo forte, proprio nel suo ruolo di chiusura. La H si ripete nel "dai" successivo. Nella I finale di "prati" si può sentire anche un sollevamento diaframmatico-laringeo. "Che inonda la notte", prima proposta, ha una legatura complessiva e una secondaria a due a due, però direi che il legato latita alquanto, senza contare che le "A" vocalizzate, che dovrebbero essere deboli, sono invece sempre troppo forti. La "E" finale è ancora un po' troppo forte e inoltre troppo chiusa, vagamente gutturale, così come quella successiva del "che"; meglio curata la frase successiva (dai queti sentier), escludendo la pessima "I" che non si capisce neanche che vocale sia. Bene, decisamente meglio, la I sul fa acuto di "ritorno" ancora una volta però piomba sulla "O" finale con troppa forza, oltretutto pure rinforzando, una "pavarottata", insomma. L' "e di pace" è pronunciato malissimo, quasi non si comprende, e nuovamente accenta e rinforza la finale. "Di-hi ca-hal-ma-ha pro-ho-fon-da", duine di crome, infiorettate di fastidiose H. La conclusione del periodo avviene in modo più elegante e corretto, per quanto la "O" di "sacro" sia eccessivamente larga, quasi una A. E' osservato e ben eseguito il diminuendo finale. Il periodo 'B' che segue è decisamente migliore; in particolare la "A" conclusiva, prima della ripresa, si distingue per una apprezzabilissima filatura. Commette un piccolo errore di solfeggio, tenendo solo un quarto "core" invece dei due previsti. Riprendendo sentiamo più raramente le H, anche se le I continuano a suonare piuttosto di gola. Qui una articolazione più staccata ("ritorno e verso l'Evangel") è confortata dalla scrittura non legata. Modifica leggermente la scrittura in chiusura, come credo sia un po' di tradizione; lo spartito prevede "m'accingo", con una "O" brevissima, breve pausa, "a" lunga e sfogo sul "meditar", che però dovrebbe avvenire con una "messa di voce", cioè lento rinforzo e quindi filatura al piano, risolvendo, il che Caruso non fa, anzi enfatizza l'acuto in modo eccessivo, improprio. Nel complesso una esecuzione apprezzabile ma non eccelsa; tolto il sib finale, l'aria non è acuta, ma la tessitura non è comodissima, insiste in alcuni punti, fin dal principio, sul Fa-sol, che probabilmente risulta scomodo, poco agevole.
Brevemente: Pavarotti, esecuzione in studio; sostanzialmente piatta, non si coglie alcun aspetto riflessivo, meditabondo (come indicato). Vocalmente è gagliardo, ma come suo solito eccede nelle A, alquanto sguaiate, accenta spesso le finali e finisce con un'irruenza persino superiore a quella di Caruso.
Inutile commentare l'esecuzione di Del Monaco, tutta strapotente e piattissima, con finale declamato e frequenti quanto inopportune accelerazioni.
M'aspettavo molto di più da Bergonzi, '66 dal vivo, manierato in alcune frasi e improvvisamente irruente, declamatorio in altre, con sbalzi poco comprensibili e frequenti accentazioni fuori luogo. Filacuridi ha una buona vocalità, ma l'esecuzione non presenta alcun interesse. Lodevoli le intenzioni di Corelli in un concerto con la Rai di Milano; spesso modera il volume e cerca espressione. Il finale, per quanto tenuto forte, non è eccessivo. L'unico dato negativo è il ricorso a un carattere vocale continuamente "piangente", piuttosto fastidioso. In alcuni punti avverto leggeri calamenti. Giovanni Malipiero è uno di quei tenori di provincia di cui si favoleggia come grande ma escluso dai grandi teatri per la presenza di giganti. Ha bella voce, salda, sicura. Direi basta; oggi forse farebbe più successo di Florez, ma non ne sento molto la mancanza. Non mi straccio le vesti neanche per Tagliavini, concerto RAI 56, che aveva sicuramente i numeri per darne un'esecuzione di grande rilievo, cosa che non fa, imitando, mi pare, Caruso. Del mitico Checco Marconi (1908) si deve apprezzare la vocalità libera, aperta e avanti, ma anche qui l'esecuzione è deludente. Nessun interesse offre il mio omonimo Gianni Poggi, alquanto ingolato. Di Stefano nel 58 era già ridotto malissimo, quindi l'esecuzione è sguaiata e forte quindi censurabile sia sotto l'aspetto musicale che vocale; ciò nonostante si riesce a cogliere il giusto carattere dell'aria. Pertile ha parecchie frecce al suo arco; sa ammorbidire e entrare nello spirito, però alla fin fine è musicalmente spesso scorretto e non cede alle enfasi di un verismo qui inopportuno. L'esecuzione in studio nel 1975 da parte di Alfredo Kraus è forse la più corretta di quelle finora prese in considerazione. Buona vocalità e discreta esecuzione. Anche per lui vale il discorso che con i mezzi a disposizione qui avrebbe potuto fare cose decisamente più importanti. Il finale sempre enfatico. Seppellisce tutti quanti il giovane Beniamino Gigli (credo 1918), che pecca soltanto con un eccessivo finale, del resto nella retorica del tempo. Esecuzione morbidissima, ben fraseggiata, espressiva, mai singhiozzante o piangente, luminosa e non manierata. Davvero di riferimento. Pessimo Zenatello 1906, sembra un dilettante allo sbaraglio, quasi sempre calante e piangente, fisso, accentante inopportunamente. E' molto bravo Petre Munteanu, vocalità splendida, però l'esecuzione è solo a tratti all'altezza dei suoi mezzi. Comunque da ascoltare. Antonio Melandri è un altro di quei tenori di cui si favoleggia; certo la voce era bellissima e gagliarda, ma rappresenta quel "machismo" di inizio 900 che in un'opera e in un'aria del genere sono fuori luogo. Routinier Giuseppe Campora, niente di che. Piero Pauli ha ottima vocalità, come accadeva spesso a inizio 900, però l'esecuzione alla fine non è rilevante. Di gran lunga meglio Gennaro De Tura, 1908. Vocalità ancora più libera e franca, morbidezze e bei fraseggi. Quasi allo stesso livello Guido Volpi, 1929. All'eccellente vocalità questi cantanti univano un vero studio del personaggio e del carattere dell'aria; non cantavano per farsi sentire e lodare, ma per comunicare. Se non c'è la vocalità corretta, per quante buone intenzioni si possano avere, la comunicazione è interrotta. Per l'appunto, anche McCormack ha la vocalità giusta, e comunica molto; peccato che l'esecuzione sia dinamicamente piuttosto piatta, avrebbe potuto far meglio. Non è male, in tempi recenti, Ramon Vargas, per quanto enfatizzi troppo l'acuto finale. Decisamente rilevante l'esecuzione di Giacinto Prandelli (incisione completa dell'opera con Cristoff) specie sul piano musicale. E' l'unico tra quelli ascoltati fin ora che tenta, perlomeno, di smorzare il sib finale. Oserei dire pessimo Hipolito Lazaro. Tutto il testo cosparso di H, frequenti ricorsi al naso, vocalità stentorea, senza criteri. Non so come si potesse dire che Schipa era l'erede di Anselmi. Non ci scorgo alcun aspetto di somiglianza. Non è affatto una buona esecuzione, questa, vocalità buona ma non eccelsa.  Ottima vocalità Edoardo Garbin, ma non molto altro, oltretutto non sa mentenere il tempo, accelera in continuazione. Anche Gedda (1984) è piuttosto deludente, però fa una cosa strana: quando sta per affrontare il sib finale, si ferma e lo emette pianissimo. Peccato che sia una chiusura glottica tutt'altro che gradevole e l'effetto complessivo non è quello che forse lui intendeva, comunque... ci ha provato. Lodevolissimo Nino Ederle, da segnalare sicuramente; eccellente vocalità e buona esecuzione (con qualche stranezza) prende il sib piano e lo rinforza; non sarà esattamente quanto scritto ma è più che apprezzabile. Piuttosto gutturale, non eccelso, Marcello Govoni, sebbene accompagnato da Toscanini, che non riesce a convincerlo a smorzare il sib. Interessante De Lucia, ma non mi sento di andare oltre. Nessun interesse invece mi desta Carreras 1972, se non la bella voce. Non ho trovato un'esecuzione di Lauri Volpi, non so se esista, mi sarebbe interessata.Prossimamente farò un esame dello spartito.

2 commenti:

  1. La discografia di Zenatello è molto discontinua. E' parecchio diseguale, accanto a dischi assai validi o addirittura di riferimento come ad esempio l'aria degli Ugonotti, ci sono prestazioni decisamente scarse o mediocri.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. sì, infatti in passato mi pare di avere analizzato qualche aria dove la sua esecuzione era ottima.

      Elimina