Anni fa ebbi una discussione in un forum; definii "sopranista (o contraltista) artificiale" un falsettista, come ho spesso letto su libri e riviste, per fare una distinzione col castrato, che viene definito sopranista o contraltista - e basta - oppure: "naturale". La discussione fu piuttosto lunga e sostanzialmente inutile. Oggi, e da un bel pezzo, i "naturali" non esistono più, dunque è fatale che un sopranista sia per forza "artificiale", nel senso che è un maschio con laringe maschile che sfrutta alcune prerogative per cantare un repertorio da castrato o da soprano. L'obiezione era che non è possibile fare "artificialmente" una voce, ma è sempre e per forza naturale. L'obiezione è sostanzialmente corretta, perché il nocciolo della questione è che per artificio in genere si intende qualcosa di imitato con mezzi diversi; un computer può fare musica o canto artificiale, una persona no. Ciononostante rivendico la possibilità di uso di questo termine in alcune circostanze che vado a specificare. La voce ventriloqua posso definirla artificiale; la voce di, mettiamo, Mike Buongiorno fatta da Sabani o Noschese, è definibile artificiale, non perché creata con mezzi artificiali, ma perché non è la voce "naturale" di quella persona, cioè non è la voce che utilizza quotidianamente e normalmente. Non c'è niente di negativo o di penalizzante in questo, anzi, in molti casi può essere un utilizzo piacevole e anche virtuosistico, per quanto la valutazione sia piuttosto soggettiva. Nel campo dell'insegnamento del canto, ci si scontra spesso con questa terminologia, anche a livello di scuole. Ho già parlato in passato del pessimo utilizzo del termine "impostazione", contrapposto a "naturale"; così come viene inteso da molti, il concetto di impostazione sarebbe identificabile con "artificiale", il che va contro i più elementari fondamenti di un canto artistico, ma con naturale si intende, per contro, una voce totalmente priva dei requisiti minimi di educazione. Ecco dunque che anche qui non ci siamo, perché una voce ineducata è ineducata e basta, non c'è alcun riferimento al "naturale". Ancora passando ad altre scuole, si vuole che il percorso di studio per educare una voce incolta si definisca naturale, per contrapporlo alle scuole di tecnica e metodologia improntate soprattutto a lavoro fisico. Anche qui c'è da ribattere, perché il concetto è sempre da rapportare al contesto. Allora provo a scrivere un modesto contributo per cercare di fare chiarezza.
Una persona che parla quotidianamente senza alcun interesse al canto o alla parola ricercata, ha una voce naturale e che possiamo definire PERFETTA relativamente al contesto, cioè alle esigenze esistenziali di quella persona.
Se un bel giorno quella persona viene contattata mettiamo per presentare dei concerti, per cognizione propria o sentendo qualche amico o persona competente, si renderà conto che la propria voce risulta, invece IMPERFETTA relativamente a un nuovo contesto che si è aperto. Dunque in qualche modo dovrà superare il nuovo ostacolo che si è frapposto. Se poi quella persona decidesse di darsi al teatro di prosa, troverebbe che anche la "seconda voce" che ha educato, e che magari dopo un certo tempo risulta perfetta rispetto alla situazione, si presenta ora deficitaria, e anche gravemente, rispetto al nuovo impegno. In un terzo momento, poi, la persona vuol mettersi a cantare, e nuovamente la condizione, ammesso che sia stata raggiunta, risulterà inidonea, e quindi si aprirà un nuovo scenario in cui IL FIATO, sempre e solo IL FIATO di questa persona, renderà necessario un ulteriore sviluppo; se si tratta di canto artistico, è necessario lo sviluppo più estremo relativamente al contesto vocale. Bisogna quindi riconoscere che esiste una condizione di perfezione RELATIVA al contesto istintivo, cioè quello di esigenza di vita, di sopravvivenza del singolo, di perpetuazione, di relazione e di difesa della specie e una perfezione che va OLTRE le esigenze di sopravvivenza, e che è ovviamente inconoscibile e inimmaginabile da chiunque in quanto anche la nostra mente è organizzata istintivamente, e non può conoscere ciò che va oltre il suo limite soggettivo. Attenzione, però, non è che questo limite sia invalicabile, ma è soltanto dormiente in quanto non utile, esattamente come la voce perfetta o l'udito di un cane o la vista di un'aquila. Una persona che ha in sé l'esigenza di promozione ad un livello superiore, e che mette in atto le strategie necessarie, o meglio ancora trova il maestro o i maestri che possono guidare le sue azioni a superare quella condizione limitata, si troverà proiettato in un campo sconosciuto dove la sua mente si arricchirà di nuovi elementi, così come la voce si sviluppa e si a amplia di nuove componenti. Questo campo di crescita ha però uno STOP soggettivo; per qualcuno sarà di poco superiore a un traguardo "tecnico" (che è comunque una condizione di perfezione soggettiva), per qualcuno può arrivare a quella condizione INSUPERABILE, cioè che deve arrestarsi perché rischierebbe la DISUMANIZZAZIONE, cioè una condizione che va oltre le possibilità organiche, fisiologiche e anatomiche del soggetto. Questa la possiamo definire una perfezione OGGETTIVA, che non ammette giudizi e valutazioni esterne, perché la può comprendere appieno solo chi si trova in una condizione analoga o prossima, e sarà un tipo di espressione che sarà valutata come fenomenale, strana, assurda, impossibile, dalla maggior parte delle persone, e osteggiata e combattuta da molti, perché incomprensibile e quindi "pericolosa". Sono andato un po' oltre il discorso che volevo fare, ma ormai mi ero buttato...
In effetti ciò che mi premeva scrivere è che a lezione io spessissimo dico agli allievi: questo suono non è "tuo", è artificiale. Spero sia chiaro, dopo tutta la chiacchierata, cosa intendo: cantare con la propria voce, emettere le parole, le vocali, esattamente con la voce che si usa quotidianamente e costantemente, cioè non permettere (si fa per dire!) che il salto energetico imposto dall'intonazione o dal diverso volume che si vuol dare alla parola, impedisca di pronunciare con la stessa NATURALEZZA, cioè utilizzando la NOSTRA VOCE. Quando riusciremo a capire, cioè a fare, questo, ci renderemo anche conto che è il fiato che si sta sviluppando naturalmente per consentirci di raggiungere questa esigenza soggettiva(non di specie).
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