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mercoledì, aprile 25, 2012

Della non indipendenza

C'è stata una critica, mossa a questa scuola, di considerare l'articolazione legata al fiato, laddove altri ritengono che essa sia "indipendente". E' bene, ritengo, analizzare un po' di fatti. Come è noto la nostra disciplina ritiene che si possa definire artistico quel risultato unificante più elementi concorrenti allo scopo. Nel caso di un'emissione artistica gli elementi fondamentali sono tre: "alimentazione", ovvero respirazione, produzione (organo laringeo), articolazione-amplificazione; secondo tale principio, nel corso di una emissione vocale nessun elemento si può definire indipendente. Facciamo una rapida carrellata: il fiato è indipendente nel momento in cui è utilizzato esclusivamente come fonte di ossigenazione; un certo impegno fisico, infatti, già presuppone un coinvolgimento della laringe e del diaframma. Quando la laringe, per qualunque motivo, entra in gioco, il fiato non è più del tutto libero, ma assoggettato a leggi fisiche, per cui esso si troverà più o meno compresso entro i polmoni, e questo causerà implicazioni dei muscoli respiratori che a loro volta causeranno diverse azioni e reazioni. La laringe è l'unico dei tre apparati sempre dipendente. E' possibile farle compiere alcuni movimenti volontariamente, ma di poca o nulla utilità. Ciò che rende in qualche modo utilizzabile quest'organo è il fiato. La sensibilità di funzionamento è altissima, per cui è sufficiente un leggero aumento di velocità o di pressione per modificare piuttosto radicalmente il suo atteggiamento. L'articolazione può sembrare apparentemente indipendente nel momento in cui noi muoviamo la lingua e/o la mandibola in assenza di suono vocale. Sappiamo, in realtà, che anche in questo momento non lo è del tutto, perché la masticazione, e quindi ogni movimento di questo apparato, che NON E' prioritariamente di articolazione fonica ma attenente l'alimentazione, è legato alla deglutizione, che richiama una serie di movimenti del faringe e della laringe. Tralasciamo questo aspetto, anche se non è di poco conto. Noi possiamo articolare senza suono, senza fiato, cioè muovendo solo labbra lingua e mandibola. Non esce voce, ma l'articolazione è non solo possibile, ma facile. Dunque potremmo dire che questa è indipendente? In altre parole, noi possiamo articolare le parole indifferentemente dal "collegare" o meno l'apparato fonatorio? Andando ancora oltre, è ipotizzabile, da questo punto di vista, che il canto articolato sia "solo" un modificare un suono vocalico "neutro" senza che questo sia influenzato dall'articolazione? Ovviamente do per scontato che chi afferma che l'articolazione è indipendente, ritenga (e si renda conto di dire) anche l'opposto, cioè che la respirazione e la produzione sonora sia indipendente dall'articolazione. Possiamo parlare solo parzialmente di 'interdipendenza', laddove ciascuna componente è dipendente dall'altra, ma dove il "motore" fondamentale è e sarà sempre il fiato. Il Garcia, forse per primo, constatò che (subito in apertura) "l'apparecchio vocale, complicatissimo, sta sotto la dipendenza di quello della respirazione", ma soprattutto "Il modo di acconciar la bocca nel canto fu anche per gli antichi maestri riguardato sempre siccome cosa della massima importanza. Essendo le labbra quelle che segnano il limite del tubo pel quale scorre il suono, ne segue, che per quanto bene appreso fosse dall'allievo il modo di accomodar questo tubo, ogni effetto sarebbe perduto se la bocca fosse male aperta." Questo concetto è straordinariamente importante, tant'è che ne parlano anche i due grandi trattatisti precedenti, cioè Tosi e Mancini. Dunque, Garcia individua con grande sagacia che le labbra sono l'estrema propaggine di un TUBO! Se si condivide la coscienza che l'insieme degli apparati vocali forma un tubo, FLESSIBILE (sempre parole di Garcia), come in ogni tubo in cui scorre un fluido o gas, la pressione varia a seguito delle modificazioni dello stesso. Dunque alzare o abbassare la mandibola, stringere le labbra, alzando o abbassando in vario modo la lingua, modificando l'ampiezza faringea o l'elevazione del velopendulo (cose, quest'ultime, non volontarie, ma comunque che avvengono), la pressione del fiato cambia. Siccome è ciò che succede durante l'articolazione, è molto evidente che fiato e articolazione sono dipendenti. Nella produzione di determinate vocali - o anche consonanti - noi abbiamo necessità di un maggior apporto di fiato o di un fiato con determinate caratteristiche di pressione. Allo stesso modo, la base del fiato è influenzata da vocali e consonanti, ricevendo, nella modificazione del tubo, una maggiore o minor pressione. Ecco, dunque, che è facilmente constatabile che fiato e forme sono strettamente dipendenti e quindi anche reciprocamente influenzanti. Se una determinata vocale viene pronunciata non correttamente, possiamo desumere che il fiato che origina il suono che ne sta alla base sia difettoso (può essere che che lo sia sempre stato o che lo sia diventato nel tempo). Cercando di migliorare la pronuncia, noi mettiamo in atto, senza rendercene pienamente conto, un processo di sviluppo respiratorio, cioè creiamo un'ESIGENZA per il nostro fiato di dover migliorare le proprie caratteristiche al fine di supportarci in un parlato (che è esigenza esistenziale, non dimentichiamolo, anche se non primaria) migliore. Se questo non avvenisse, il nostro parlato resterebbe mediocre; un miglioramento anche lieve della componente respiratoria, ci permetterà di pronunciare meglio e avviarci su toni via via superiori. Ogni tono migliorato sarà il trampolino, o base, per il tono successivo. Sull'articolazione c'è poi una ulteriore critica, che valuteremo nell'articolo successivo.

2 commenti:

  1. Peraltro chi sostiene l'indipendenza dell'articolazione rispetto al "respiro" non fa che imporre l'ennesima concezione del canto a compartimenti stagni, contraddicendo in tal modo quella tanto sbandierata visione "olistica". Il risultato poi qual è? Una pronuncia biascicata ed una voce tutta indietro, bolsa e sfocata, insopportabilmente calante di intonazione. In breve, la negazione dell'arte... A questo porta l'estremo pressapochismo e l'arbitrio nello studio delle fonti. Fermo restando che è una follia pensare di poter imparare a cantare, o peggio ad insegnare, semplicemente studiando i trattati, illudendosi per giunta di scoprire in essi i "segreti del belcanto"...

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  2. Il concetto di unificazione, e quindi di visione olistica, è realmente e tremendamente difficile da conquistare. E' una bella parola, ma la coscienza dell'unità ha un peso non facile da sopportare. Per qualcuno è più agevole togliere qualche pezzo... più agile anche da raccontare...
    Grazie dell'intervento complementare.

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