Questo titolo mi dà lo spunto per due metafore, assai lontane tra loro. La prima cui voglio far riferimento è la distillazione di sapere, di conoscenza. Bisogna riconoscere che, nel bene e nel male, un po' tutti gli insegnanti col tempo "distillano", cioè abbandonano ciò che hanno sperimentato non essere efficace ed utile da quanto lo è. Ovviamente a patto di avere anche strumenti positivi, ma, come avevo già detto, in fondo ognuno una qualche "tecnica", metodica, la trova. Esiste anche la possibilità del contrario, e cioè che qualche insegnante non demorda dall'applicare ottusamente e sistematicamente un metodo imparato magari teoricamente, incolpando poi sempre gli allievi di non farcela, di non avere possibilità, di non applicarsi, di non essere tagliati, di non avere talento e via dicendo. Può essere vero che ci siano persone poco versate nell'apprendimento di una certa materia, indipendentemente dall'interesse e dalla volontà, ma questo inciderà più che altro sul tempo di apprendimento, ma non sulla possibilità intrinseca. Può anche essere una necessità di qualche insegnante il non volersi dedicare a chi non mostra immediati segni di pronta attitudine, per svariati motivi; diverso è il caso di insegnanti che con questa scusa vogliono solo trovare un escamotage per alzare le proprie quotazioni o mostrare il proprio ingombrante ego. Se l'insegnante è capace non umilierà mai l'allievo, a meno di comportamenti evidentemente scorretti, maleducati, offensivi; dire la verità è un conto, ma il modo è sempre quella caratteristica che contraddistingue la persona ignorante da quella realmente colta, che non significa istruita, con diplomi, ecc. Dunque il grande, l'ottimo vero maestro, prosegue per tutta la vita a distillare, cioè a rendere "laser" il proprio insegnamento, sempre più semplice, sempre più fruttuoso, perché sa comprendere al volo ciò che serve a ciascun allievo in ogni momento, e non si rifà a un metodo standard, ed è sempre pronto a cambiare e a "inventare" esercizi o a modificarli a seconda dei problemi riscontrati e a quanto, in base alle conoscenze e all'esperienza, sa essere opportuno in quel momento. E' così che talvolta nascono "i miracoli", cioè situazioni che sembrano inamovibili, incancrenite, che grazie all'intuizione del momento (non arbitraria, ma fondata sul sapere) vengono sbloccate e danno luogo a improvvise e risolutive eccellenti esecuzioni.
Il concetto di distillazione, però, mi era sorto in un'occasione diversa e per motivi prettamente canori. Capita abbastanza spesso che l'allievo riesca a emettere con la giusta levità, leggerezza, spiritualità una vocale. Il problema che si manifesta è il passare a un'altra vocale, per la quale l'allievo mette di mezzo i muscoli, e non riesce a cogliere la differenza di sostanza tra i due. Allora l'alambicco può aiutare! La distillazione è un processo chimico volto a separare diversi componenti di un materiale, dove la parte più solida, impura, resta sul fondo, e le parti più nobili, pure, evaporano (spirito - alcool) e si andranno a condensare in altro recipiente. Allora noi dobbiamo anche ritenere che il suono vocale possa, in determinate fasi iniziali, essere considerato come costituito da una parte impura e una nobile, e la nostra disciplina consenta proprio di realizzare una sorta di distillazione, ove sulle labbra giungerà solo il prodotto puro e spirituale (ma che non significa privo di forza, di energia, di "corpo" - si vedano la benzina o l'alcool, che pur essendo prodotti di distillazione, rappresentano esempi di forti cariche energetiche), scevro dalle interferenze muscolari, valvolari e quant'altro. Questo che è un discorso generale, può particolarmente rappresentare un ausilio nel passare da una vocale a un'altra - o ad altre - meno valide perché più muscolari e fibrose. Il suggerimento, quindi, dovrà essere quello di un riferimento alla torre di frazionamento, dove alla base c'è la massa di petrolio, denso, scuro, pesante, che viene riscaldato provocando il vapore che andrà a condensarsi sui piatti della torre. Il nostro canto sarà una sorta di vapore (evitando però l'effetto "phon" o sfuggite di aria) che andrà a condensarsi sulle labbra. All'inizio sarà difficile perché sentire il suono che sfugge alla presa dei muscoli faringei farà pensare a un suono che perde caratteristiche di intensità, di timbro, di volume, e quindi si farà molta resistenza. Quando finalmente, dopo ripetute sollecitazioni ed esempi, l'allievo si deciderà a "mollare" la massa densa e scura del suono (ed ecco che la laringe non sarà più coinvolta ma potrà trovare la propria sede idonea) per lasciar andare il prodotto puro e aereo, si renderà anche conto che quel suono non risulterà piccolo e insignificante come immaginava, ma forte, chiaro, vero, bello. Cin cin.
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