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mercoledì, aprile 04, 2012

"2^3"

Purtroppo i limiti grafici non mi consentono di inserire il titolo come vorrei, che va interpretato come "due alla terza" (o al cubo). Il riferimento, ancora una volta, va al M° Sergiu Celibidache, che in una bellissima trasmissione della Radio Televisione Svizzera Italiana, nel 1974, spiegava che una sequenza di battute non poteva e doveva essere letta come un susseguirsi di cicli periodici (2+2+2...), ma come un 2 elevato a potenza, cioè come se nell'incipit ci fosse una potenza in sé che può farlo "esplodere" musicalmente dando origine al brano, mentre la semplice somma o reiterazione può dar luogo solo a suoni difficilmente "musicabili", monotoni, irrelazionabili. Come è sempre capitato da quando ho avuto l'immensa fortuna di conoscere, dopo la scuola di Antonietti, quella di Celibidache, i "travasi", i complementi, le analogie hanno sempre più arricchito il mio patrimonio relativo ai principi e ai criteri di entrambe le materie (canto e musica). Nel fare alcune considerazioni sul basso Vanni Maroux, che presto inserirò anche in un post, mi si è presentata anche l'analogia vocale con questa straordinaria illuminazione di Celibidache, cioè il valore esponenziale della voce. Come si può notare un po' con tutte le voci, fino a buona parte del '900 l'importanza attribuita al colore e al volume (inteso come spazio interno) della voce era piuttosto scarso, tant'è vero che anche baritoni ritenuti storici, come Battistini o Stabile, a fronte di un colore vocale quasi tenorile, hanno ottenuto riconoscimenti indiscussi da parte di pubblico e critica (e anche autori). Solo a partire dal periodo immediatamente precedente la Seconda Guerra Mondiale si è cominciato a dare maggiore importanza a queste caratteristiche fino al punto, recentemente, di considerare quasi inimmaginabile la possibilità per un basso o un baritono di avere una voce "chiara". Che questa involuzione del gusto sia coincisa con lo sviluppo delle tecnologie discografiche, la dice lunga! Il nodo fondamentale - immenso e spaventoso equivoco - è il ritenere che la voce chiara sia sinonimo di voce piccola, poco sonora. La realtà non è questa, e solo il disco ci può dare questa suggestione. Le voci gonfiate col colore creato artificialmente con una dilatazione muscolare delle cavità, non hanno presenza, non hanno espansione nello spazio acustico, e quindi si sentono meno, per cui possono diventare ben udibili solo se realmente molto forti di natura. Questo mi fa pensare anche a un'analogia tra il mondo dello sport vero e quello apparente. L'assunzione di steroidi e pasticci chimici vari, è noto che può far aumentare notevolmente la massa muscolare. Questo darà sicuramente un'immagine imponente di forza, che può piacere e può anche dare risultati laddove l'immagine può incutere timore a chi si lascia impressionare dall'apparenza. Sappiamo però che quella forza è vuota, priva di sostanza, e alla prova dei fatti darà risultati deludenti, senza contare tutte le ripercussioni sul piano della salute e sulla psiche. Il canto "gonfiato", quello che si basa sulla creazione fittizia di spazi, non regolati dall'equilibrio pneumofonico sviluppato grazie a una giusta disciplina, creerà un colore scuro irreale, una parvenza di potenza solo di tipo discografico (e per questo stiamo arrivando alla necessità di mettere i microfoni in teatro), ma tutto a detrimento del vero "belsuono", dell'espansione acustica della voce, con, anche qui, conseguenze sulla salute vocale e sulla psicologia dell'artista quando prenderà atto di essere su una strada erronea. Dunque, per tornare all'assunto iniziale, dove sta la potenza esponenziale della voce, che difficilmente può essere raccolta dalla registrazione, ma risulterà invece splendida nella realtà acustica di una sala? Nella parola, nel "verbo"! La parola ha in sé la potenza che, se saputa sviluppare sino alla sua massima lucentezza, può dare tutta quella ricchezza, ampiezza e libertà che il suono esemplare richiede per potersi definire tale, ovvero "riempire" una grande sala da teatro anche in ogni sfumatura espressiva.

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