Translate

martedì, novembre 25, 2025

Presentazione

 Sabato 29 novembre, alle ore 17 sarò a Cagliari, per il festival "note su carta" dell'Associazione "Ennio Porrino", presso il teatro della Scuola Media di via Stoccolma a presentare il libro "La voce svelata", Zecchini editore, facendo gli scongiuri per aggirare lo sciopero generale indetto per quel giorno. Mi (e ci) farà l'onore di presenziare all'evento il soprano Tiziana Fabbricini, che ha studiato alla mia stessa scuola e ha molto insistito affinché scrivessi questo libro. 

L'evento sarà diffuso in streaming, per cui vi lascio il link a cui collegarsi e dove potete anche vedere la locandina con tutti gli eventi. Nel pomeriggio del 29, oltre al mio, saranno presentati altri due libri: 1) Angelo Molino, Introduzione alla musicoterapia (Gremese 2024); 2) Giorgia Spampinato, Autismo e musica (Youcanprint, 2024). 


https://www.facebook.com/notesucartafestival

Per chi vuole rivedere lo streaming, con, purtroppo, alcune interruzioni, il link è il seguente:

https://www.facebook.com/share/v/17s71Kbggd/

Il mio intervento dal minuto 1:22.17



martedì, novembre 18, 2025

L'eco

 Dobbiamo riconoscere che il termine ECO e la sua realizzazione pratica sono concetti molto presenti in campo acustico-musicale. Secondo alcuni antropologi è stato grazie all'eco di una grotta che qualche uomo scoprì di avere una voce e quindi di poterla utilizzare. In tempi successivi, uomini ben più evoluti e colti, i greci, utilizzavano l'eco delle valli per educare le voci degli allievi che avrebbero potuto successivamente diventare oratori o predicatori o altra professione che avrebbe richiesto l'uso di una voce risonante.

Ma le questione dell'eco è anche presente a un livello più personale. La cavità oro-faringea altro non è che una "grotta" entro la quale la voce può risuonare, quindi provocare un'eco. Questo è un dato fondamentale, perché dobbiamo considerare che la voce su cui procede il parlato NON è il suono prodotto dalle corde vocali, ma la sua eco, quindi non ha una consistenza materiale, ma è solo risonanza. cioè il prodotto di molteplici riflessioni del suono nello spazio. Quindi è assurdo spingere e premere, perché manca l'elemento da spingere (ma qualcosa da spingere lo si trova sempre!). Occorre lasciare che questo elemento eterico, impalpabile, governato dalla mente e dallo spirito possa compiere liberamente il proprio ruolo, senza manipolazioni disturbanti.

C'è un livello ancora più avanzato dell'eco, che riguarda proprio la pronuncia. Nel libro parlo di una pronuncia "immaginaria", che va benissimo, ma possiamo parlarne anche come di un'eco della pronuncia. Purtroppo la nostra fisicità ci induce a creare internamente le vocali, che si "attaccano" alla muscolatura. Dunque abbiamo la necessità di togliere energia e lasciare quello scorrimento naturale del fiato sulla punta del quale si forma la vocale ma senza particolare sostanza, ma con assoluta precisione. 

domenica, novembre 16, 2025

L'airbag

 Le tipologie di esercizi per consentirci di migliorare progressivamente l'uso del fiato fino al suo massimo rendimento possono essere molteplici. Uno particolarmente efficace e divertente è quello che ci fa assomigliare a un ranocchio. Se lo facciamo fare a un bambino, lo farà perfettamente. Fatelo fare a un adulto e, nella maggior parte dei casi, fallirà! 

Si tratta di gonfiare le gote e poi emettere una vocale mediante il fiato accumulato, senza spinte e senza retrocedere aiutandosi con la gola. Solita storia: se lo fate da soli è probabile che sbagliate. In ogni caso dovete guardarvi nello specchio per cercare di farlo il meglio possibile. Se pensate di controllarvi mentalmente sappiate che sbaglierete al 90%!.

Tutto deve nascere fuori della bocca. L'interno non deve essere coinvolto per niente. Non si deve spingere, ma semmai è come se la vocale esternamente tirasse il fiato. Meglio se invece della vocale dite una sillaba con una consonante labiale: BA o PA o più composta: BRA, BRE, BRO... ecc. Vi farò un video esemplificativo. Conviene fare rapidamente, senza pensare, senza bloccarsi, senza rallentare, sempre LANCIANDO lontano. Se le guance non si gonfiano, smettete subito o fate esercizi solo per comprendere cosa state combinando di sbagliato e fate una sola sillaba alla volta, controllando di riuscire a gonfiare senza coinvolgere la gola. Il mio consiglio è di NON fare niente se non sotto osservazione di un maestro. Tenete presente che se fatto maldestramente, questo esercizio può anche avere qualche conseguenza.




mercoledì, novembre 12, 2025

... proseguendo

 Questa cosa della "fuga di gas" contiene aspetti che si stanno rilevando più importanti di quanto pensavo tempo fa. 

Da sempre induco gli allievi a consumare molto fiato, a sprecarlo, persino. Poi mi rendo conto che questo non succede quasi mai o con molta difficoltà. Non capiscono cosa significhi e in alcuni casi spngono, scambiando il consumo di fiato con lo spingere. Dunque, il problema è COME fare a consumare fiato evitando ogni coivolgimento muscolare. 

Cominciamo da un punto importante. Come, cosa produce la vocale? Qualcuno dirà: le corde vocali. Assolutamente no. Le c.v. producono un suono, anonimo, non qualificato, che poi dà origine a una risonanza. Successivamente avviene una modellazione della risonanza verso la vocale pensata. Ora bisogna considerare un fatto essenziale: la vocale NON viene generata da elementi fisici, materiali. E' il FIATO che genera la vocale, ovvero è il PENSIERO attraverso il fiato. Ecco il problema: la nostra volontà (riferimento al post precedente) cercando di formare la vocale muscolarmente, di fatto impedisce o inquina quella capacità, per cui la vocale non uscirà pulita, pura. Affinché questo avvenga, noi dobbiamo LASCIARE ANDARE il fiato. E siamo da capo.

No, non siamo da capo. La soluzione l'ho già data, ma devo cercare di spiegarla meglio. Noi inconsciamente cerchiamo il punto di produzione della vocale. Naturalmente cercheremo per ogni vocale un posto diverso. In realtà questa è una questione mentale. Abbiamo l'illusione che le vocali abbiano vari punti di nascita. Sentiamo le I davanti e in alto, la U in basso in gola, e così via. Ovviamente queste sono illusioni che dobbiamo scacciare. Tutte le vocali, e pure le consonanti, si formano esternamente. 

Facciamo un esempio: la I. Siccome questa vocale provoca un sensibile innalzamento della lingua, ecco che il punto di congiunzione tra lingua e palato può diventare il punto d'innesco, cioè d'attacco, della vocale. E questo genera una netta difficoltà a pronunciarla, perlomeno correttamente. Dunque, come risolvere? E rivelo subito che la soluzione sarà utile per tutte le vocali.

Primo avvertimento: è capitale NON PREMERE o schiacciare, sulla lingua. Dopodiché occorre LIBERARE il FIATO. 

In pratica, la muscolatura (in questo preciso caso la lingua) fa sì che si accumuli del fiato nella zona posteriore dell'oro-faringe. Il cantante, inconciamente, avverte questa "ostruzione" e conseguente accumulo d'aria, e per liberarsene fa la cosa più ovvia, dal punto di vista della mente: SPINGE!

Questa è ovviamente la cosa più erronea che si possa fare. Dunque qual è la corretta alternativa. E' liberare quel fiato, far sì che scivoli via, che sblocchi l'ostruzione ("bucare il pallone o generare una fuga di gas"). Il suggerimento più semplice è: SOSPIRARE. Ma molti non capiscono o non riescono a seguire questo consiglio, un po' confondendolo con l'H, un po' buttando fiato a caso, un po' non rtiuscendo a separare il fiato dalla voce, e quindi continuando a spingere il fiato-voce, specie cercando di pronunciare. Invece non dobbiamo pensare alla pronuncia, ma dobbiamo verificare con l'udito che si crei esternamente. Dunque, l'elemento fondamentale di questo processo è L'ALLEGGERIMENTO: 

E' FONDAMENTALE che l'aria galleggi SOPRA LA LINGUA e scorra in avanti, sempre più avanti davanti alla bocca. ma GALLEGGIANTE, quindi SENZA PESO. Per far questo bisogna anche accontentarsi di una voce molto poco intensa, perlomeno per qualche tempo, perché si è sempre provocati dall'istinto che ci spingerà a premere sulla lingua. E facendo una scaletta di note, ogni nota dovrà essere più leggera della precedente. 

Piano piano si prenderà coscienza che le vocali si formano da sole senza la nostra volontà, e noi dobbiamo LASCIARE ANDARE, permettere che questo avvenga. Sganciare la mandibola. Se stiamo alleggerendo e lasciando fluire il fiato (sospiro), leggerissimo, la mandibola sarà anch'essa LIBERATA, e noi non saremo costretti ad aprire la bocca, ma avvertiremo che essa è sganciata da qualunque obbligo muscolare. 

Ho scritto tutte queste cose, e me ne sto un po' pentendo, perché sono tutti suggerimenti importanti, ma che se fatti senza un ottimo controllo, risultano molto difficili da eseguire, quindi provateli in una zona centrale, non salite sugli acuti, perché vi garantisco che non ci riuscirete. Però cominciate a vivere questa autentica libertà, la vera scuola del canto SUL FIATO, che tutti proclamano, ma nessuno, o quasi, sa cosa sia. 

martedì, novembre 11, 2025

Liberarsi della volontà

 Potrà sembrare un paradosso, ma è fondamentale, a un certo momento del processo di formazione, liberarsi anche della volontà, che di certo ha un ruolo nelle fasi iniziali. Sappiamo bene, infatti, che non è con la volontà che si decide dove va messa la voce, quando attaccare, quando muovere gli intervalli, ecc. Raccomando sempre di leggere il libro "Lo Zen e il tiro con l'arco", e mi colpisce molto quell'esempio fatto dal maestro: pensa a un neonato che ti prende il dito e lo rilascia non quando la volontà lo impone, ma quando egli è attratto da qualcos'altro. Così non è la volontà che ti guida a rilasciare la corda dell'arco. Anche nel canto noi... lo sappiamo quando e come rilasciare la voce, ma abbiamo paura che non sia il momento giusto, che il maestro ci rimproveri, ecc. Noi lo sappiamo e in linea di massima sappiamo di saperlo, ma preferiamo seguire indicazioni esterne o interne ma in quest'ultimo caso non spontanee ma dettate da regole e, per l'appunto, volontà. Se è la nostra coscienza, la Conoscenza, che ci hanno spinto a seguire la musica e il canto, dobbiamo lasciare che possano agire guidando la nostra fisicità, come la nostra mente razionale non saprebbe assolutamente, essendo l'arte qualcosa di totalmente estranea alla nostra vita materiale. Però apprende! Se ci lasciamo andare e permettiamo alla Conoscenza di agire per noi, la mente imparerà che è possibile fare qualcosa che le era oscuro, o è possibile modificare dei comportamenti. Noi sappiamo che il settore acuto della voce è un residuo della "voce animale", cioè la voce primitiva che agisce per necessità (dolore, allarme, lotta, ecc.) e che è rimasta priva della capacità di articolare parole con la semplicità e facilità del centro. Questa è l'unica spiegazione per cui quando si accede al settore più acuto, per la mente si sta compiendo uno sforzo, come quando solleviamo un peso. Questo impedisce quella facilità che denota invece il settore centrale, dovuta all'unificazione dei tre apparati (respiratorio, produttivo e amplificante-articolatorio). Il diaframma tende a sollevarsi e la glottide a chiudersi per generare quella pressione che aiuta la muscolatura del busto a ritrovare la posizione eretta o collaborare nello sforzo. Ecco perché è fondamentale articolare il meglio possibile le parole man mano che si sale (come diceva e faceva Tito Schipa). La mente deve imparare che è possibile, che il settore acuto può essere "civilizzato" e dunque, a seconda dei casi, può essere utilizzato per vincere gli sforzi, ma anche per cantare senza che entrino in azione quelle forze endogene per cui diventa tutto molto, troppo impegnativo e di cattiva qualità, o ancora che necessitino di un continuo allenamento, per forzare la tolleranza dell'istinto, che però ben presto si riprende ciò che abbiamo estorto, se non c'è la coscienza di ciò che stiamo facendo. Lasciare andare e lasciarsi andare sono atteggiamenti essenziali. Voler padroneggiare, guidare, controllare, sono tutti comportamenti fondamentalmente errati. Meglio sbagliare e capire, che voler fare senza sapere cosa e come. Imparare da ciò che sentiamo e vediamo anche da noi stessi, oltre che dagli altri. Capire cosa stiamo facendo e imparare a valutare.

domenica, novembre 02, 2025

La fuga di gas

Le motivazioni per cui si spinge possono essere parecchie, ma ce n'è una che va attentamente considerata perché va oltre la volontà, cioè si finisce per premere anche se non lo si vorrebbe fare.

Il problema è che, per cause perlopiù anatomiche, si crea un accumulo di aria nella zona faringea. Questo accumulo può essere molto variabile, quindi può essere variamente percepito sia da chi canta che da chi ascolta. Naturalmente è fondamentale che l'insegnante sia dotato di un ascolto molto sensibile in modo di percepire anche un minimo accumulo.

Questo avviene pressoché sempre e in tutti, specie quando si sale, anche per ragioni psicologiche. Più la persona è rilassata di natura, meno si creerà il problema. Per questo l'invito a rilassare è sempre necessario. Peraltro non è che basta dirlo! Ci sono molte persone che non riescono e bisogna anche stare attenti perché nel cercare di rilassare fanno altre azioni controproducenti. 

Qual è la possibile soluzione del problema? L'ho definita "la fuga di gas" per dire che ci deve essere una liberazione da una pressione inopportuna. Può anche essere un "troppo pieno", cioè c'è una quantità di aria non utile e anzi dannosa, per cui si è portati a SPINGERE per liberarsene. Naturalmente è un'azione negativa che va evitata, ma anch'essa non è per niente facile da controllare.

Cos'è, in concreto, che fa generare l'accumulo? è la lingua, soprattutto la sua parte posteriore (gobba), a volte di concerto con il faringe. Quindi è una vera e propria ostruzione che, a seconda del grado, fa uscire comunque una certa quantità d'aria, ma insufficiente a mantenere la giusta fluidità. 

La libertà che noi vorremmo, può essere percepita come un "vuoto" che ci spaventa, una "emorragia" di aria che temiamo sia eccessiva, quindi un certo "freno" tutto sommato ci tranquillizza. Sbagliato! Noi dobbiamo davvero sentire che il flusso aereo non incontra il minimo ostacolo. Quell'eccesso di flusso d'aria che potremmo sentire nei primi tempi, si regolarizzerà ben presto e tutto ci apparirà "beante", piacevole e vero. Ma come facciamo ad arrivare a quella situazione?

E' fondamentale il ruolo della lingua, attivamente o passivamente. E' anche la strada del galleggiamento.

Se noi alleggeriamo molto la voce (anche falsettino), notreremo un assottigliamento del flusso aereo che ci "accarezzerà" la lingua, e scorrerà pacificamente tra essa e il palato, senza pressione, senza colpi. Dobbiamo percepire, per l'appunto, come una fuga di gas, cioè una liberazione da una pressione accumulata in zona faringea che trova una via di fuga sopra la lingua, ma senza la minima pressione. Potremo definirlo uno "sblocco". E questo è ancor più vero quando sentiremo che l'ntero torace si è sbloccato da una forza che lo teneva irrigidito, e ci causava, tra l'altro, una più o meno forte apnea. L'apnea nel canto non deve esistere, così come la pressione sottoglottica. La "valvola" deve sempre restare aperta. 

Quando questa soluzione non sembra produrre effetti di rilievo, si può passare a un metodo un po' più radicale. Tirare fuori la lingua, un bel po', senza avvertire dolore, naturalmente. Con la lingua fuori si possono fare brevi vocalizzi sulla A e sulla è, leggeri e ampi. In questo modo si avrà modo di vivere l'ampiezza e il "vuoto" interno. Il passaggio alla I sarà il più difficile, ma può essere superato immaginando che il sollevamento della lingua dalla A o dalla è comporti anche l'alleggerimento senza freno della voce verso il palato.

Come ribadiscoe che insegnare canto per iscritto è sbagliato, quindi anche ciò che ho scritto va preso molto con le pinze, e sarebbe sempre meglio essere seguito da un insegnante che sappia di ciò di cui si sta parlando. Il punto chiave è lo SBLOCCO del fiato, che deve sempre scorrere come un torrentello quieto.  

venerdì, ottobre 24, 2025

Rallentare l'espirazione

 Ieri ne ho sentita una bella. Siccome stavo commentando che la pratica dell'appoggio premendo verso il basso si ooppone alla naturale uscita dell'aria, mi viene riferito che un docente di canto dice: "L'appoggio serve a far rallentare l'uscita del fiato". Questo potrebbe fare il paio con un'indicazione del Mancini sul "risparmio" di fiato. Credo che intendesse una cosa diversa, ma tant'è, le parole possono sempre avere multipli significati, se non c'è la persona presente a chiarire. 

Però c'è da fare un chiarimento. Specie nella nostra scuola, a un certo punto potrebbe esserci la sensazione di consumare tantissimo fiato. E' un problema contingente, che dura pochissimo tempo, ed è un buon segno! Significa che il fiato non incontra ostacoli e fluisce con assoluta libertà. Se ci dà la sensazione di consumarsi troppo in fretta, è perché non tutto si trasforma in voce, ne resterà una parte ancora insonora, e dovremo rimediare, ma senza fretta. Si deve arrivare a percepire la pronuncia non fatta da noi materialmente, ma che si crea naturalmente sulla punta del fiato, cioè esternamente e anche piuttosto lontano da noi. Il motivo essenziale per cui ci preoccupiamo di contenere il fiato, è perchè LO SPINGIAMO! L'obiettivo è far sì che il fiato duri a lungo? basta non premere! Parlare senza forzare e adottare la stessa strategia per cantare. Dite che non si può cantare la lirica in questo modo? E' falso! E' la qualità del fiato a far sì che la voce sviluppi risonanza, sonorità, pienezza, colore, ecc. E quello lo può fare tranquillamente chiunque semplicemente perfezionando il parlato ed estendendolo laddove non è nel suo range abituale, ed evitando di farlo gridando, declamando, strillando, ecc. Più il parlato è pacato, tranquillo, misurato, meglio sarà, soprattutto salendo verso gli acuti. 

giovedì, ottobre 23, 2025

Il piacere

 Un aspetto della nostra personalità su cui non mi sono mai soffermato, è il piacere. Nell'ambito del canto non è così invasivo come in altre attività, ma dobbiamo sapere che esso è "pericoloso" tanto quanto l'ego.

Consideriamo che il piacere è una rovina per tutta l'umanità, Per esso noi mangiamo i cibi peggiori, fumiamo, ci droghiamo, beviamo porcherie, per non parlare di pratiche alquanto disdicevoli. 

In ogni modo anche il cantante si pasce della bella voce e non è infrequente che preferisca un certo timbro, una certa manifestazione della propria voce anziché una fonazione corretta. Su questo punto c'è poco da fare, si può cercare di insistere, ma è difficile far cambiare abitudini e idee a chi le ha fortemente radicate. Purtroppo esiste anche l'opposto, cioè persone che sentono il bello delle altre voci e non sopportano la propria. Anche qui c'è poco da fare, se non provare a far capire che una buona scuola può far sì che la propria voce diventi più bella, ma sarà comunque una battaglia dura. Addirittura ci sono persone che sono ricorse a medici che operano la "cosmesi vocale" (ebbene sì, esistono) per migliorare la qualità e l'estensione della voce. Ovviamente a prezzi notevoli, non solo pecuniari, perché non oso pensare ai risultati, specie a lungo termine. 

Vedo che negli ultimi anni molte persone seguono alimentaristi ed esperti in stili di vita più sani e salutari. Temo che in molti casi ci sia qualche trucco sotto sempre per vile sete di guadagno, in ogni modo, senza lasciarsi avvinghiare da questi commerci, considerando che anche la voce necessita di uno stile di vita piuttosto corretto, oltre alla salute vocale, consiglio di affidarsi comunque a associazioni ed esperti di sicura esperienza e poco avidi per godere di una vita semplice ma con benefici.

mercoledì, settembre 24, 2025

Perché fare arte?

 In apertura di un concerto che diressi una volta a Modena, mi rivolsi al pubblico e chiesi, un po' provocatoriamente: "perché siete qui?". Vidi subito gli sguardi perplessi di alcune persone, che si interrogavano guardandosi in faccia. Ma io li tolsi dall'imbarazzo rispondendo per loro: "per ascoltare questi ragazzi che suonano". Dopodiché mi girai verso il gruppo dei musicisti e feci una domanda analoga, facendoli ancor più meravigliare: "e voi perché siete qui?" E rispondendo ancora io per loro poco dopo: "per farvi sentire". "Ma sopra tutto questo c'è una domanda per tutti: perché?. Qualcuno potrà dire: perché la musica è bella, perché sono appassionato, e tante altre risposte, piuttosto vaghe e generiche, quindi dove manca una risposta collettiva condivisa." Le stesse domande le potremo porre a chi va nei musei, nelle pinacoteche, a visitare città d'arte dome Firenze, Roma, Venezia, Atene, Siracusa, ecc.

Il motivo in fondo non è molto difficile: perché siamo esseri spirituali, anche se non tutti avvertiamo allo stesso modo questa forza interiore. C'è il comune intendimento: che lo spirito è legato alla religione e alla filosofia teorica, ma dobbiamo considerare che la spiritualità è presente e ci guida in tutte le azioni della vita, e dobbiamo anche renderci conto che la religione potrebbe non entrarci per niente. Certo la domanda di fondo che un po' tutti si pongono è "chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo", ovvero come mai siamo sulla terra, cosa succede dopo la morte, ecc. Su questo sono state date le risposte più varie e astratte, confutate poi dalla scienza, che si occupa di cose concrete. Ma a mio avviso anche questa è una sciocchezza! L'osservazione e lo studio scientifico non sono in contrapposizione con la spiritualità, però, come ripeto, l'errore sta nel confondere questa con la religione. 

Dunque, perché quasi tutti gli esseri umani, in un modo o nell'altro, seguono l'arte? Leggendo un libro, ascoltando musica, esprimento le proprie opinioni su quanto è bello/brutto un quadro o un palazzo o un tappeto, ecc. ecc. 

Lo spirito ci anima, ci sprona a intraprendere una via di conoscenza. E' una via di consapevolezza e di evoluzione. Posso porre anche questa domanda: perché evolviamo? La scienza ha decretato che esiste un'evoluzione, ma non so quanti si siano chiesti: perché? Del resto la religione cristiana dice che Dio ha creato l'uomo. Bene, ma perché? Oltre questo, perché l'uomo si evolve? Indipendentemente dalle teorie darwiniane, non c'è dubbio che l'uomo faccia continui cambiamenti. E questo la religione come lo spiega? 

Ritengo invece che ci sia una Conoscenza, cioè un principio che determina l'esistenza e l'andamento di tutto ciò che è "essere". Un principio evolutivo. Ogni fenomeno tende a scomparire, a decadere, e richiede energia per proseguire. Inoltre niente può essere uguale a qualcos'altro, tutto si deve differenziare. E in ogni frammento si cela un frammento di verità (che è la Conoscenza). Ciò significa che ogni cosa è spronata dalla Conoscenza a evolversi fino alla perfezione, che è anche verità. Purtroppo, c'è anche una legge molto severa: la verità non deve essere conosciuta da tutti (molti i chiamati, pochi gli eletti). Il motivo è semplice, se tutti la conoscessero, si creerebbe il caos! Pensate un po' se apparisse un essere divino che annunciasse a tutti i popoli che in realtà dopo la morte non c'è niente e tutto finisce lì! Chi si preoccuperebbe più di vivere con giustizia, di rispettare il prossimo, ecc.? Scoppierebbe il mondo, con guerre, uccisioni, e le altre peggiori cose. Quindi il principio stesso cosa si è inventato? Che la verità sia irraggiungibile, se non con enormi sforzi, e un piano di distruzione di chi e cosa si avvicina troppo alla verità. 

Dunque, lo spirito preme, in modo differenziato, sugli esseri umani affinché facciano o partecipino a fenomeni d'arte vera. Nel nostro mondo viene definita arte qualunque cosa, perché quasi nessuno sa indicare cosa significa e come riconoscerla realmente. Quindi in primo luogo abbiamo bisogno di criteri per poter individuare cosa è arte e cosa no. Lo stesso discorso vale per gli artisti. Vengono individuati con questo termine personaggi buffi, divertenti, strani, senza uno straccio di criterio per poter capire se sono dei venditori di fumo o realmente artisti. Ma anche persone serie, professionali, non è detto che solo perché si presentano bene e parlano in punta di forchetta siano davvero artisti. 

Ciò che contraddistingue l'arte è il "gesto", cioè un'attività concreta che venga sviluppata fino alla sua perfezione. Anche su questo c'è forte dibattito. "La perfezione non è dell'uomo, è irraggiungibile," ecc. ecc. Non è così. Certo, se intendiamo una perfezione assoluta, è impossibile, perché l'uomo, essendo fatto di carne, ossa, muscoli, fibre, avrà sempre dei limiti fisici, che sono quelli che invece non ha lo spirito, che in quanto tale, però, non ha gli strumenti fisici per poter realizzare opere d'arte fruibili. L'opera d'arte a cosa serve? A permettere a tutti gli spiriti, compresi quelli di chi non comprende l'arte, di trovare un sistema di comunicazione con gli altri spiriti. La Conoscenza è, potenzialmente, un'unità, che come unità non può essere perché non potrebbe porsi in relazione con niente, contenendo già tutto, e quindi essendo fine a sé stessa! Per cui deve differenziarsi in tutto ciò che esiste. Però la sua forza spinge verso l'unificazione, quindi tutto cerca di attrarsi e creare unità. Le quali, come ho detto, vengono attaccate dai "microbi", cioè dalle creature che rallentano e frenano questa tendenza, per volontà della Conoscenza stessa. 

Quindi, alcuni soggetti, dotati o non dotati di specifiche capacità (saper suonare, disegnare, scrivere, ecc.) spinti da una particolare e forte pressione spirituale, si dedicano a un'arte e se la spinta è veramente potente, la possono portare fino a un punto che definiamo "non oltre", cioè un punto oltre il quale non possono proseguire perché occorrerebbe la disumanizzazione, ovvero il trascendimento da fisico a etereo, il che non si può avverare. Se raggiungono quel punto, avranno anche la rivelazione della verità, entrando nel cerchio dell'unità. Più il gesto artistico è elevato, più gli spiriti presenti negli esseri umani saranno attratti dalle opere prodotte da quegli artisti, come Mozart, Michelangelo, Dante, ecc. 

Fare arte è un atto evolutivo. Cosa significa? Che qualcosa di noi che si trova a un livello "basico", lo spirito ci spinge a farlo evolvere, superando anche i limiti fisici che possediamo. Ci sono persone che si ritrovano, senza volerlo, delle capacità "innate" molto elevate e addirittura strabilianti, che vengono classificate come "extrasensoriali". Perché avviene ciò? Perché la Conoscenza necessita di riconoscimento. Ogni cosa richiede di non essere fine a sé stessa, così come non possono esistere due cose identiche. Ci sarebbe un annullamento, ma l'annullamento non può starci. Qui dovrei spiegare cos'è il nulla e il perché di questa affermazione, ma la faccenda è già troppo lunga. Spero di aver delineato il mio pensiero, che naturalmente può essere completamente rifiutato, è solo uno stimolo a riflettere. 

martedì, settembre 23, 2025

Sbloccare il fiato

 Il fiato sta nei polmoni e noi pensiamo che il suo funzionamento sia unicamente legato a "entrare" e "uscire". Non è proprio così, perché c'è un legame stretto anche con la cassa toracica. Questo è uno dei motivi per cui sconsiglio di utilizzare la respirazione costale nei primi mesi di studio, e a volte anche anni e comunque ogniqualvolta si riscontrano tensioni, ansie, nervoso. Il problema di fondo è che in mancanza di un rilassamento soddisfacente, c'è il rischio che la cassa toracica crei una sorta di blocco (o freno) del respiro, ovvero l'aria non esce con totale libertà; potrei anche definirla "apnea toracica".. Quindi il consiglio è di iniziare ogni seduta di studio utilizzando, senza enfatizzare, la respirazione diaframmatica. Solo quando si ha la percezione di una buona fluidità si può integrare con la costale (quando lo studio è già avanzato), sempre senza creare tensioni evidenti. 

Ciò che aiuta a sbloccare l'espirazione, però, non è nel torace, ma in bocca. E' lì che il fiato trova una sorta di freno che si puntella nel torace, quindi dobbiamo lasciar andare il fiato dalla bocca e sentire che scorre e che non c'è un "cuneo" nel centro del petto.che preme nella cosiddetta fontanella, cioè al centro. La rilassatezza è molto importante, non è sufficientemente presa in considerazione. Dedicateci del tempo. 

Vedere prossimamente "la fuga di gas" come approfondimento.

mercoledì, settembre 17, 2025

venerdì, agosto 15, 2025

Fiato e mandibola

 Ho già scritto tanto in merito, ma mi rendo conto che questo fondamentale procedimento non entra. 

Detto in due parole: il fiato-suono deve scorrere come quando soffiamo o alitiamo (fatelo, e fatelo spesso per capire in cosa consiste! Non date niente per scontato, questo è CONCENTRARSI). Siccome non è più solo fiato, ma si è trasformato in suono, veniamo ingannati, ed avendo un maggior peso rispetto al solo fiato, siamo portati a TRATTENERE, a FRENARE. E TUTTI FRENANO E TRATTENGONO. Sono pochi i privilegiati che hanno l'automatismo di LASCIARE ANDARE e LIBERARSI della voce. Allora la "formula" è che se il fiato non è libero, non scorre, la mandibola si blocca, o tende a bloccarsi. Tutti coloro che fanno "smorfie" varie con la bocca, sono indotti a farlo perché stanno trattenendo, e frenano con i muscoli che controllano la mandibola. Questo è uno dei motivi per cui si tende a consigliare di aprire anche parecchio la bocca, però è una soluzione momentanea, che non risolve realmente il problema. 

Il fiato che non SFOGA, premuto verso l'alto dal diaframma che vuole sbarazzarsi del fiato ormai carico di anidride carbonica, genera pressione verso l'alto, coinvolgendo laringe, lingua e mandibola. Questo comporta una risalita incontrollata della laringe, movimenti inconsulti della lingua e blocco della mandibola. Le scuole meccanicistiche, pensano di operare fisicamente, bloccando la laringe, talvolta pure la lingua (o facendole assumere posizioni particolari) e tenendo aperta o bloccata la mandibola. Non sono soluzioni, ma tecnicismi che generano solo DIFETTI. E' l'educazione respiratoria (col canto) che risolve definitivamente il problema, e ciò che aiuta la soluzione è IL PARLATO, la DIZIONE esemplare!

Come ho scritto ormai milioni di volte, dobbiamo fare in modo che il fiato scorra e non venga in alcun modo frenato o, peggio, trattenuto. Il nostro obiettivo è LA LIBERTA' (come in tutte le arti). La voce deve SFOGARSI, quindi dobbiamo renderci conto che fluisce senza ostacoli. Dobbiamo ascoltarci e renderci conto se la voce scorre o è in qualche modo trattenuta. E qual è il sistema più semplice ed efficace per liberarla? IL SOSPIRO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! IL SOSPIRO!!!!!!!!!!!!!!!!!!! IL SOSPIRO!!!!!!!!!!!!

In che lingua devo scriverlo? La concentrazione dovrebbe riguardare solamente questo! E' inutile cercare di fare cose a livello fisico. Il sospiro libera la bocca, ovvero la mandibola. Man mano che saliamo verso l'acuto, la quantità di fiato necessario aumenta, quindi dobbiamo LANCIARE il fiato (sospiro) sempre più in avanti, sempre più lontano. Il sospiro non è direttamente voce, ma è fiato sonoro. Quindi non si deve cercare la pronuncia delle vocali internamente, trascinandola o spingendola. NO! NO! NO! Deve SCORRERE, SCIVOLARE!!!! E NASCERE DIRETTAMENTE ALL'ESTERNO, quasi magicamente. Cercare di pronunciare comporta un attacco muscolare e rigido, mentre noi abbiamo bisogno di assoluta facilità, RILASSATEZZA!!!!! Lasciare andare la voce in avanti e lasciare il busto rilassato sotto. Non premere per nessun motivo da sotto verso l'alto o da dietro verso il davanti. Dobbiamo solo sentire lo scorrimento.

Il nostro obiettivo è la NATURALEZZA! Dobbiamo cantare con la stessa facilità e leggerezza con cui parliamo! Se cominciamo a stringere, fare smorfie, sentire rigidità, chiusura, ecc. siamo sulla strada sbagliata. Fermarsi e riprendere col piacere della semplicità. Bisogna IMPEGNARSI in questo senso, e non proseguire sperando che le cose si aggiustino da sole. Non c'è un istinto "buono", ci possono essere dei privilegi innati in qualcuno, su cui però non bisogna far conto. 

SI CANTA SOLO E UNICAMENTE COL FIATO. Muscoli e ossa sono una GABBIA che ci ostacola, quindi occorre fare in modo di bypassarle proprio rendendosi conto che il fiato scorre liberamente. Se incontra un ostacolo, NON DOBBIAMO SPINGERE per superarlo, ma ALLEGGERIRE e RILASSARE per trovare la condizione di superamento più naturale. 

Ultima cosa, per chi è già un po' avanti, ricordarsi che si deve conquistare la SOSTENUTEZZA DEL PETTO, cioè "star su" col torace e mantenere questa posizione il più a lungo possibile, mediante una respirazione costale, INTEGRATIVA della diaframmatica, che sarà da superare dopo qualche tempo di studio, affinché si eliminino le apnee, che chiudono la gola.

PS: possiamo dire che tra la pressione aerea e la struttura mandibolare c'è un rapporto meccanico; quando la pressione dell'aria non è adeguata, troppa o troppo poca, la mandibola offre una resistenza, cioè impedisce al fiato di scorrere. In sostanza, anche questo rapporto è di tipo VALVOLARE. Le valvole si comportano così, se non c'è una pressione adeguata, si chiudono.

domenica, luglio 27, 2025

Gli scuri

 E' noto che la voce può essere modificata in vari modi, tra cui il colore, chiaro o scuro con tutte le gradazioni intermedie. Il colore è una risorsa espressiva e quindi lo si può modificare per ragioni drammaturgiche. Non solo, il colore può avere importanti ripercussioni anche sull'emissione, infatti da qualche decennio lo scuro viene utilizzato anche per facilitare il passaggio di registro, e viene considerato un importante mezzo per aumentare l'appoggio (questo, in sintesi, lo scriveva già il Garcia figlio). Scurire la voce, specie nella parte iniziale dello studio, è alquanto rischioso, perché non avendo ancora un fiato sufficientemente evoluto, possiamo essere quasi sicuri che la voce andrà indietro, cioè si dilaterà internamente, e sarà a rischio ingolamento e comunque meno brillante. Sappiamo, invece, che la strada maestra per lo sviluppo di una sana vocalità artistica, sta nell'espansione esterna, quindi si potrà utilizzare il colore oscuro quando il nostro fiato saprà sostenere questa caratteristica. Bisogna specificare che il colore oscuro corretto, non modifica in alcun modo la pronuncia (non ha nulla a che vedere con le intervocali!). Un esempio semplice di colore oscuro si manifesta mediante le due vocali più scure, cioè la U e la O. Se le alterniamo rapidamente, evitando di allargare la O, ma fecendo la O "piccola", cioè con l'accento acuto (orso), sentirete che di fronte alle labbra si forma un piccolo vortice molto ricco di armonici, e molto leggero. Dopo un tempo di esercizio in questo modo, se inizierete a pronunciare frasi con tutte le vocali (ma tornando saltuariamente all'U-O), noterete che in automatico tutto risulterà più scorrevole e leggero, resterà davanti alle labbra, e prenderà un colore leggermente più ambrato. Come al solito ribadisco che occorre l'esempio perfetto del maestro e la sua attenzione affinché vi corregga. 

sabato, luglio 12, 2025

La A sbagliata

 Ci sono molti video su youtube dove sedicenti maestri di canto ci insegnano che esiste una A sbagliata, che suona "aperta", voltagare, sguaiata, ecc., e una A "coperta", giusta, un po' arrotondata, un po' oscurata..

In realtà le cose stanno esattamente al contrario! La A deve essere "aperta", cioè chiara, ricca di armonici. Ascoltate qualche cantante di inizio 900, tipo Tamagno, o anche più recente tipo Filippeschi. Dicono A che più A di così non si può. Eppure sono belle, non sono sguaiate o volgari. La A fatta bene è la vocale più bella ed è anche quella che educa di più il fiato. 

Il fatto fondamentale è che la A che loro reputano giusta, e che non è una A, realmente, è indietro, è dentro, non sfoga, è povera e soprattutto non è vera. Perchè sia tale, occorre che sia esterna, cioè che si ampli nello spazio, cosa che internamente non può fare perché di spazio ce n'è pochissimo. Questa, che può sembrare una soluzione semplice, non lo è per niente, perché il fiato deve avere un'energia che in natura difficilmente si manifesta (e da qui il fatto che solitamente suona brutta), pertanto occorre studio corretto sotto corretta guida affinché si evolva, Seconda ma non secondaria cosa, è l'attacco della A. Garcia incredibilmente suggerisce un attacco sulle corde vocali. Follia pura. Intanto dobbiamo rammentare che le vocali non devono mai essere attaccate fisicamente! Sono espressioni di sentimenti e devono avere attacco sul fiato, altrimenti sarebbero consonanti. Ciò che aiuta di più è il sospiro (o alito) che ci permette di sentire che la A nasce esternamente e a distanza. Inizialmente è molto dura evitare che l'istinto ci faccia pronunciare la vocale con i muscoli interni. Ecco perché usare il sospiro (e all'inizio è consigliabile aprire molto la bocca, poi ci si accorgerà che non è necessario), consumando molto fiato, senza la volontà di pronunciare, ma SENTENDO che essa nasce e si diffonde senza la nostra partecipazione attiva. Certe A della Callas erano così. scivolavano, correvano senza un vero punto di attacco. Ultimo consiglio, prezioso: piano pianissimo, anche falsettino. In questo modo è più difficile spingere e la vocale nascerà magicamente precisa; facendo scorrere il fiato SENZA PRESSIONE si potrà intensificarla. Però da soli è quasi impossibile. ci vuole l'esempio del maestro. 

domenica, luglio 06, 2025

Lanciare

 E' uno dei termini che utilizzo maggiormente per far capire (spesso inutilmente) come far sì che la voce sia costantemente sostenuta dal fiato-risonanza. Partire con il sospiro e mantenerlo per tutta la frase, ovvero lanciare lontano da sè, specie in zona acuta. Vi posto il video di un ragazzino che canta una canzone. Ciò che egli fa con la semplicità e l'intuizione di chi non ha ricevuto assurde nozioni, è: lanciare! Cioè non far sì che il suono cada subito fuori dalla bocca, ma si propaghi. All'inizio può dare l'idea di gridare, ma questo è dovuto alla qualità del fiato, che dovrà evolversi, e lo farà se ne avrà le MOTIVAZIONI, ovvero l'esigenza, che noi dovremo trasmettergli. 

https://www.facebook.com/share/r/1ESWbq3zN6/

mercoledì, luglio 02, 2025

Monotonia, ninfa infelice...

 Colpevole è e sempre sarà il timbro! Quel piacere superficiale ed effimero che ci può prendere al sentire una bella voce, non ci può togliere la noia, la stanchezza dopo un certo tempo se resta la cosa principale. Il grande cantante ci fa ascoltare la musica, il ruolo, la situazione, la continuità... Una pletora di cantanti ci annoia senza tregua nel farci sentire quel mugugno che sulla prima ci può anche piacere, come ogni cosa che in im primo momento ci fa provare un certo piacere, può essere un suono, un gusto, un profumo... ma poi è l'esperienza che ci guida a provare nel tempo che quel primo assaggio dopo un certo tempo invece del piacere ci fa provare stucchevolezza. Come le cose dolci, ad es. I bambini sono molto attirati dai dolci, ma molti di loro, crescendo, addirittura li odieranno ed eviteranno, proprio perché il tempo porta a sentire il vero, cioè un gusto troppo acceso e incapace di profondità. Nella voce umana il timbro è come l'eccesso di zucchero nella marmellata! Dopo un po' disgusta. Ciò che invece non ci annoierà mai, è la parola, cioè il testo delle arie vestite da una grande musica (spesso nata proprio grazie alle parole). Se chi canta riesce a tenere davanti la parola, ci farà sempre vivere la situazione e la musica. 

Questo pensiero mi è nato casualmente quando in tv è partita una pubblicità dove un notissimo cantante, più avvezzo alla musica pop che alla lirica, attaccava una melodia. Ciò che mi ha subito colpito è stato il "dolciume" di quella voce, più nauseante che coinvolgente e realmente piacevole. I tantissimi ascolti di Schipa, che fossero lirici o canzonettistici, non mi hanno mai suggerito un'idea di impastato, di cupo e greve, ma sempre di luminoso, di leggero (ma non superficiale) e di comunicativo in senso stretto e diretto. Naturalmente non sono lui, però nei tempi recenti, anche cantanti di valore non riescono a produrre simili sensazioni. Manca quella profondità di lettura genuina, semplice ma carica di valori sentimentali vissuti. 

domenica, giugno 29, 2025

Canto sul sospiro

 E' un mantra che va avanti da un pezzo: cantare sul fiato! Sì, peccato che quasi non esista nell'attuale panorama operistico e soprattutto docente un vero canto sul fiato. Perché quasi tutti (uso il quasi per salvaguardare coloro che non ho mai sentito) pensano che per cantare sul fiato bisogna allenare il fiato, non considerando che il fiato fisiologico non c'entra granché con quello artistico, cioè quello che serve per cantare. E quando dico cantare artisticamente, mi riferisco a un fiato evoluto, cioè di qualcuno che ha lungamente studiato per arrivare a quel sublime risultato. Non solo la voce istintiva appare divisa in due parti, il cosiddetto "petto" e la cosiddetta testa (o falsetto-testa), ma il fiato funziona in due modi diversi, il centro, dove si parla, e dove scorre senza crearci problemi, e la zona acuta, dove non siamo istintivamente abilitati a parlare, e dove, quindi, andiamo incontro a problemi. In questo senso dovremmo eliminare l'uso di un termine come "registri". Non c'è alcun registro, ci sono due zone che in natura hanno funzioni diverse e che pertanto hanno approvvigionamenti aerofoni molto diversi. Nel centro il fiato alimenta il parlato, cioè una funzione altamente sofisticata, propria dell'uomo evoluto. Nel settore acuto, il fiato è "esistenziale", cioè si pone al servizio di esigenze di tipo animale, quindi meno evolute, tipo chiedere aiuto, segnalare allarme, indurre paura, oppure indicare stati sentimentali o patologici. Manca, in sostanza, l'articolazione verbale. Schipa lo disse: bisogna "piegare" la voce a parlare anche sulle note acute. Lui ci riuscì come pochi, forse nessun altro. E' un impegno di concentrazione davvero estenuante. Non finisco mai di ripetere, durante il canto dei miei allievi: "parla! parla!" Ma quando si entra in zona acuta, l'istinto si mette in mezzo e ci spinge a usare i muscoli, a premere, e addio pronuncia. E addio canto perfetto. 

In ogni modo, ciò su cui insisto. oltre al parlato, è il SOSPIRARE! Dire canto sul fiato oggi forse è disorientante, non si sa cosa significa e confonde le idee. Il sospiro, con bocca moderatamente aperta, ci dà la giusta senzazione di apertura, di spazialità, di scorrevolezza. Non si deve trattenere, occorre consumare fiato senza frenare. Abituatevi a fare un'unica frase consumando tutto il fiato, come l'arcata di un violinista.Non fate e non pensate alle note, superate queste divisioni. Fare cinque o più note come se fosse una sola nota e un solo sospiro vi aiuterà a percepire lo scorrimento del fiato ed è ciò che vi deve interessare realmente. Se è errato spingere, lo è altrettanto trattenere. LASCIATE ANDARE!!!

venerdì, giugno 27, 2025

Degli appoggi

 Istintivamente, cantando soprattutto nella seconda ottava superiore, si percepisce la voglia di appoggiare la voce, ovvero fornire una sorta di trampolino per poter lanciare gli acuti. Se da un lato abbiamo una maggior parte di insegnanti che insiste sulla necessità dell'appoggio diaframmatico, indicando una qualche metodologia che faccia premere l'allievo verso il basso, dall'altro dobbiamo constatare che comunque tutti i cantanti o aspiranti tali, perlopiù inconsciamente, vanno a cercare questo fatale punto di appoggio. Il più delle volte, disgraziatamente, è la gola, (vuoi laringe, collo, glottide... sono specificità che poco importano), Il problema di fondo è che quell'azione non fa che stringerla e impedire una corretta fluidità del fiato. In questo senso possiamo dire che il tentativo da parte della maggior parte degli insegnanti di andare a cercare l'appoggio sul diaframma, perlomeno cerca di saltare l'appoggio in gola. Non che questo salvi la situazione! Come dicevo poc'anzi, infatti, voler intensificare l'appoggio diaframmatico, significa per loro premere verso il basso, spingere sulla pancia o sulla schiena, il che in realtà non permette di aggirare la gola che si pone come mezzo concreto per realizzare l'appoggio. Di fatto deve essere l'orecchio dell'insegnante a essere raffinato al punto di percepire la libertà della glottide (o gola in senso più ampio) e porre rimedio affinché essa sia totalmente libera (rilassata) e consenta al fiato di fluire liberamente e, in particolare, di dilatarla naturalmente senza alcun intervento volontario. L'appoggio, che gli antichi non menzionavano mai, è in realtà uno dei tanti fraintendimenti delle scuole del 900. Il fiato deve scorrere placidamente ed evolversi in modo da generare tutta la ricchezza armonica di cui il nostro corpo è capace. E' una questione qualitativa sottilissima, che si sviluppa nel tempo e che non può essere accelerata. E' nello spazio esterno, enorme (rispetto allo striminzito spazio oro-faringeo) che la voce si amplia e produce senza fatica tutto il potenziale sonoro che la nostra straordinaria conformazione fisica è capace. Il nostro istinto ragiona in termini fisici e meccanici, dunque interpreta il canto lirico, cioè che si deve sentire in grandi spazi, e su una gamma di note piuttosto ampia, come uno sforzo da dominare mediante appoggi fisici concentrati e di notevole impegno. Viceversa, prima ci educhiamo alla morbidezza, alla mancanza di spinte e pressioni di ogni genere, al canto sul SOSPIRO, prima capiremo che è sufficiente il flusso aerofono a generare bellezza, sonorità, dinamica, colori, estensione (nei limiti soggettivi, ovviamente). La morbidezza e fluidità danno luogo, esternamente, a quella ampia risonanza che poi, grazie alla parola, aggiunge conoscenza, cioè quel "di più" che rende il canto veramente espressione di verità, ovviamente non generalizzabile, ma legata all'arte del paroliere.

sabato, giugno 07, 2025

Sulla cresta dell'onda - video esempio



 Beh, mi sono ritrovato uno spazio per confezionare un po' alla bell'e meglio un video relativo al post precedente e in risposta a un quesito posto da Fulvio. Buona visione.

giovedì, giugno 05, 2025

Sulla cresta dell'onda

 Avrete sicuramente presente quegli eccezionali surfisti che con il loro asse riescono a rimanere in equilibrio per diversi secondi, forse anche minuti, sulla cresta delle altissime onde oceaniche. Ebbene, anche questa è una stimolante e aderente metafora del grande canto artistico. L'onda, con la sua potenza ma anche leggerezza, plasticità, fluidità, rappresenta il fiato che, quando educato secondo i crismi dell'arte respiratoria vocale, è in grado di sostenere una voce che si spande per spazi infiniti senza alcuno sforzo muscolare. E l'analogia è ancor più attagliata se pensiamo che il suono... è un'onda! Dunque la voce sta in un delicatissimo equilibrio sulla cresta di quest'onda, nello spazio antistante il corpo, la bocca, e si diffonde uniformemente e velocemente in ogni ambiente. Rigidità, timore, trattenutezza, pressione, imposizione, non fanno altro che impedire la piena realizzazione dell'evento vocale artistico. Lasciate andare, non frenate, non cercate di "fare". Leggerezza, assottigliamento, scivolamento, sono le caratteristiche per ottenere un canto di elevata qualità. Non abbiate timore di cantare pianissimo, al limite del sussurro! Il sospiro è l'approccio corretto all'attacco. 

mercoledì, aprile 16, 2025

Il fiato che apre

 Forse questo argomento non l'ho mai trattato a fondo. 

La voce in teatro deve possedere una determinata AMPIEZZA per potersi diffondere ed espandere nell'ambiente. Il comune sentire è che si sentono maggiormente le voci POTENTI. La cosa è vera solo in parte. La voce (soltanto) molto forte (per natura) ha poca espansione e poca penetrazione. Inoltre la potenza ha un costo non indifferente se prodotta, come il più delle volte capita, con forza prevalentemente muscolare, che nel tempo può causare problemi fisici e soprattutto di stanchezza. 

La voce artistica è una voce DI FIATO, che si definisce SUL FIATO per giustificare l'appoggio, ma ritengo sia un concetto impreciso. Ciò che determina la vera voce artistica è la mancanza di pressione e forza indotte muscolarmente. Il fiato sapientemente educato in relazione alla voce, esce spontaneamente, almeno per un determinato tempo, e la giusta postura fisica (atteggiamento "nobile" w  quindi respirazione "artistica") consente poi di ottenere il giusto grado di energia anche su tempi lunghi grazie al movimento a "fisarmonica" dei polmoni. 

Non è così facile insegnare a cantare col fiato, soprattutto in relazione ai tempi educativi. Iniziare presto può significare spaventare l'allievo, che si troverà a consumare un mare d'aria, a non riuscire a completare frasi anche di modesta lunghezza, quindi è preferibile aspettare che la voce si trovi già a un buon livello di libertà. Anche in questo caso, però, la possibilità di "traumatizzare" l'allievo è elevata, perché fino a poco tempo prima riusciva a eseguire frasi anche lunghe con un solo fiato, e improvvisamente avverte un dispendio di aria che fa paura, perché non compatibile con il normale fraseggio imparato. L'insegnante deve tranquillizzare il discente e spiegargli che è una fase transitoria e nemmeno molto lunga. Purtroppo molti non riescono a calmarsi e tendono a tornare a un canto più materiale, il che significa retrocedere. 

Per i primi tempi, occorre prendere atto di questo consumo maggiore d'aria, e non solo: bisogna evitare ogni forma di trattenimento, ma incentivare il consumo e le prese d'aria, cioè respirare più spesso, in modo da mantenere LA QUALITà del canto. Se si è in presenza di persone concentrate e determinate, anche solo all'interno di una lezione (di durata non effimera), sarà possibile notare che in poco tempo già si potranno allungare gli intervalli delle prese d'aria. 

Qual è la propedeutica al canto sul fiato? Attenzione, perché ciò che scrivo non è e non deve essere considerato un esercizio da mettere in pratica solitariamente! E' assolutamente necessario che sia il MAESTRO a seguire l'allievo, sempre ESEMPLIFICANDO. L'elemento semplice e fondamentale per iniziare a percepire lo spazio esterno e l'ampiezza vocale, è il SOSPIRO (o sospiro di sollievo), rigorosamente da non confondere con l'H, che è invece assolutamente da evitare. Per un certo tempo ci sarà una condizione anche leggermente erronea nell'esecuzione da parte di chi inizia questo studio, perché tenderà a mescolare fiato e voce. Questo non passerà del tutto fin quando anch'egli non comincerà a percepire distintamente la pronuncia sulla punta del fiato, cioè esterna e a una certa distanza da sé, distaccata completamente dal corpo. Poi, più baderà alla nitida pronuncia, più il fiato si concentrerà sulla produzione vocale, e saranno eliminate tutte le "falle" di fiato insonoro.

Se l'allievo sa ascoltarsi, e si applicherà alla pronuncia esterna, arriverà rapidamente anche a percepire la "gola morta", cioè il totale distacco dalla voce, che invece esternamente prenderà sempre più corpo. Quale altro elemento è indispensabile per proseguire su questo percorso? La RILASSATEZZA. Può sembrare una banalità, ma è una condizione difficile (ai tempi nostri) e che richiede molta concentrazione. Se si seguono bene tutti i passi, la voce sembrerà volare, priva di peso, ma estremamente ricca e risonante nell'ambiente. Questo implica che l'udito sia molto sviluppato, e questo richiede tempo e attenzione. 

Ovviamente più si va verso le note acute, più fiato necessiterà. La tentazione di trattenere si farà sempre più forte, e non si vorrà più spendere troppo continuando ad alimentare, e questo potrà causare la rottura della voce, magari su note che fino a poco tempo prima si eseguivano con assoluta facilità. Sì, perché uno degli effetti collaterali è la minor facilità a salire. Ma, ripeto e confermo per esperienza, se ci si affida con fiducia a questo modo di affrontare la vocalità, in poco tempo si otterranno risultati notevoli. 

In particolare, ed eccoci al punto chiave, il fiato privato di ogni ostacolo e "gettato" lontano con distacco, ci darà la sensazione di un'apertura (e di qui l'ampiezza) straordinaria. E' questo che fa paura, perché per la nostra mente risulterà impossibile pensare di salire agli acuti con la sensazione di aprire (confondendo il suono aperto con il canto aperto, che è tutt'altra cosa). 

Un altro problema da affrontare è il "movimento" delle note. Bisogna sempre considerare che ciascuno di noi è guidato dalla mente, che non percepisce l'astrazione e ci spinge a utilizzare i nostri strumenti fisici, cioè muscoli, tendini, cartilagini, ecc. Se già è un problema fare una nota col solo fiato, risultarà poi misterioso comprendere come muovere le varie note di una melodia, oltretutto su sillabe e vocali diverse. Questo perché questi movimenti intervallari non richiedono alcuna azione muscolare, ma esclusivamente un semplice intervento respiratorio, legato al pensiero che sa che nota e che sillaba emettere. 

Vi invito calorosamente a NON provare autonomamente a produrre suoni col fiato, a meno proprio di pochissime note nel centro, ma non insistete se non avete un maestro in grado di seguirvi su questo cammino. Però vi invito a riflettere ed eventualmente a porre osservazioni e domande in merito.

martedì, aprile 01, 2025

Il tecnico della lavatrice

 E' vero che i capaci tecnici (della lavatrice, ma anche del televisore, della caldaia, ecc. ecc.), possono essere dei geni, che arrivano, stringono due viti, sistemano un cavo, sostituiscono una valvolina, e voilà, tutto come prima. Il m° di canto non è quella roba lì! Sa come operare, sa dove operare, conosce i motivi per cui non si canta bene, conosce i principi del buon canto e sa come farti arrivare, al di là dell'ultimo... "km", che è una questione che riguarda solo voi, la vostra consapevolezza, la vostra coscienza. Per il resto è sempre disponibile a dare consigli, sollecitazioni, soluzioni, a spiegare perché dice quello che dice, perché determinate cose non funzionano bene, perché tizio canta bene e voi no... e via dicendo... a lungo.

Il canto, il corpo umano, l'arte... non sono meccanismi, non ci sono meccanicismi. Ci sono auomatismi e abitudini, ma sono tutte da estirpare, per lo meno in campo strettamente vocale. Ripetere una sequenza pensando che si radicherà in noi è sciocco, banale, pensare che così "lo ricorderò" è altrettanto velleitario. Ciò che funziona è la concentrazione, è l'ascolto dei fondamenti del canto da parte del maestro e soprattutto l'ascolto più che concentrato dei suoi esempi. Il m° Antonietti raggiunse il suo stato massimo ascoltando reiterate volte gli esempi che elargiva a tutti i suoi allievi, maschi e femmine, bassi, tenori, soprani e mezzi il suo ultimo insegnante: Giuseppe Giorgi. Il quale i fondamenti non li conosceva, ma aveva un'esperienza e aveva avuto una brava insegnante, la figlia del tenore Domenico Donzelli, di cui ripeteva alcuni consigli. Nel canto non ci sono viti da stringere, bulloni, cavi, ecc., non ci sono manuali da consultare e soprattutto non è pensabile di poter sostituire dei pezzi, se non per gravi motivi di salute, che non sono compatibili col canto. 

Quindi, quando ci si rivolge a un maestro di canto, non chiedetegli "ma come faccio a fare quell'acuto, quella vocale, quella nota senza stonare", e via dicendo. Affidatevi a lui, che sa riconoscere subito i problemi e conosce la strada per portarvi in salvo. Non pensate, non giudicate, soprattutto voi stessi. Lasciate andare e cercate solo di bearvi dei risultati via via migliori. Come disse il m° Celibidache al termine di una preziosa trasmissione televisiva della Svizzera italiana, presente su Youtube ("idee sulla musica"), "non credete a Celibidache, ma realizzate voi stessi". Dovete seguire l'evoluzione della vostra condizione vocale e quindi considerare questi progressi NON come la bravura del m° ad "aggiustarvi" come foste una lavatrice, ma la sua capacità di recepire le VOSTRE qualità e capacità e farvele tirare fuori. Se migliorate e perché in voi ci sono le risorse del miglioramento. Mi permetto di suggerire anche la lettura del libro o di pagine di questo blog (frequentemente). Non l'ho scritto per lasciare una traccia di me, per vantarmi di aver scritto un libro (ne avevo già scritti tre) o altre vanità e narcisismi. L'ho scritto principalmente per i miei allievi e per i possibili allievi e maestri di domani. Molti mi hanno detto "è difficile" (altri non l'hanno detto ma è evidente che lo pensano). La risposta è nel libro stesso: il paragrafo: "evolversi o ripetere". O vi impegnate, vi concentrate e riflettete e vi mettete nelle condizioni di evolvere, oppure state buttando via il vostrto tempo e la vostra vita, e, seguendo un principio buddista, dovrete ripetere (come la bocciatura a scuola) e così via finché non avrete capito che sta in voi questo progresso, non nel maestro, che se avete avuto la fortuna di incontrare; dovrete assimilare da lui tutto il possibile, ma che comunque non è voi, ma la soluzione è in voi, non fuori di voi. Ricordate che l'arte... non serve a niente! Quindi se state cercando con determinazione di cantare non è per ilposto di lavoro, ma perché in voi c'è la fiamma dell'evoluzione. Però la dovete alimentare, se no rischia di spegnersi. 

sabato, marzo 15, 2025

L'altra voce animale

 Ho disquisito a lungo sulla voce animale nell'uomo, sia qui nel blog che sul libro. Non starò a ripetere, invito chi vuole a ritrovare le osservazioni in merito. Ciò che mi accingo a scrivere ora è una particolarità su cui non mi ero soffermato e che non è, però, da sottovalutare.

Ho spiegato che la voce animale o istintiva nell'uomo risponde a diverse esigenze: allertare i propri simili di un pericolo incombente, chiamare aiuto, imporre la propria autorità, offendere, e altre azioni violente e poi: segnalare dolore, segnalare affetto e invocare amore e altre azioni tenere e di piacere. Non ho mai indicato che queste due produzioni comportano diverse modalità di emissione con problematiche diverse, che possiamo sfruttare diversamente in campo canoro. 

La modalità "violenta" comporta sostanzialmente uno sforzo non indifferente da parte degli apparati, con chiusura glottica e sollevamento diaframmatico. Chi la utilizza frequentemente rischia usura e danni. Purtroppo ci sono metodologie di insegnamento che sfruttano questo sistema e che solo in caso di robustissimi fisici possono resistere nel tempo e dar luogo a un canto importante sul piano "tecnico", ma discutibile sul piano espressivo. 

La seconda modalità, quella del dolore intimo e dell'amore, non produce problematiche fisiche. E' un tipo di emissione chiaro, leggero, penetrante, diffusivo. E' quello che viene definito "falsetto" leggero nei maschi e che viene utilizzato dai cosiddetti "controtenori", o sopranisti o contraltisti. Può prodursi mediante un utilizzo più leggero della porzione acuta della voce o mediante il cosiddetto "stop closure" cioè una parzializzazione della corda vocale che la rende di dimensioni analoghe a quelle femminili e quindi utilizzabili in un repertorio analogo. 

A differenza della voce acuta piena, che richiede molto tempo per essere educata similmente alla voce di petto, perché l'istinto la considera uno sforzo, la voce detta di falsetto nei maschi non richiama reazioni importanti e quindi è educabile più facilmente. Naturalmente richiederà comunque un tempo importante per l'educazione respiratoria in grado di renderla artisticamente rilevante.

sabato, marzo 08, 2025

Va dove ti porta il fiato

 Credo sia difficile immaginare la rivoluzione che avviene nel corpo umano quando si raggiunge il vero canto sul fiato. Abbandonare completamente ogni contributo muscolare significa trovarsi con tutto il peso vocale sul fiato, che non essendo (ancora) esercitato a quel consumo, creerà il timore di non riuscire a cantare una frase "normale" senza dover prendere anche più volte fiato. Un vero esborso di fiato che ci pone in un forte imbarazzo. Eppure, se ascoltiamo un vero maestro che abbia conquistato quella condizione, noteremo che invece il fiato dura anche più del normale. Dunque, dobbiamo superare le paure. Le parole chiave sono "alleggerire", "sospirare", "lasciar andare", "rilassare". Occorre debellare ogni spinta, ogni pressione e ogni induzione a tirar su, o a premere in giù. Il fiato deve scorrere, e più si sale verso gli acuti più il fiato dovrà aumentare di portata e di quantità. All'inizio, come ripeto, spaventa, ma è proprio questo iniziale iperconsumo che crea in noi, nella nostra mente, l'esigenza respiratoria vocale artistica che in tempi brevi genererà la condizione sensoria per cui cantare non sarà più considerato un "lusso" saltuario, ma una situazione abitudinaria (ma non totalizzante come quella fisiologica) che non solo riusciremo a gestire con piacevole semplicità, ma che non ci costerà più fatica. Non solo, ma questa corrente aerea costante e priva di interferenze negli apparati, sarà addirittura benefica, salutare. Via ai mal di gola, ai raffreddori e alle tosse. Però si ricordi sempre che questo obiettivo ha un costo elevato di studio, di impegno, di diligenza. Non c'è mai abbastanza concentrazione per curare la dizione maniacalmente, senza premere e mantenendo rilassamento nella gola, nel collo, in tutte le parti della testa. Riposarsi spesso, perché è facile entrare in confusione, non capire più cosa si sta facendo. 

mercoledì, febbraio 26, 2025

Il vero passaggio

 Il vero e unico passaggio è che quello dai suoni sbagliati, ingolati, frenati, nasali, "immascherati", schiacciati, ecc, porta ai suoni giusti, ovvero liberi, fluidi, puri, piacevoli, E ho detto tutto.

mercoledì, febbraio 19, 2025

La non pronuncia

 Ma come? Ci hai massacrato le orecchie a suon di ripetere "pronuncia, pronuncia", "parla, parla", e poi vieni fuori con "non pronunciare"?

Esatto, la pronuncia può essere realizzata fisicamente oppure... no. In realtà non c'è contraddizione; quando parliamo non usiamo quasi mai una pronuncia fisica, muscolare, e deduciamo questo dal fatto che normalmente parlando riusciamo a essere fluidi e a non provare fatica e sforzo. La prima causa di questa facilità consiste nel fatto che il nostro apparato respiratorio, quando parliamo, è tarato su un tipo di emissione estremamente leggero e poco continuativo, cioè esce un po' a intervalli. Come sempre ricordate che sono questioni estremamente soggettive, quindi variano tantissimo da persona a persona. 

In ogni modo, il problema si presenta quando intendiamo cantare, soprattutto con intenzioni artistiche, cioè canto lirico, operistico, classico, che non necessita di un'amplificazione elettrica o elettronica, e ancor di più quando superiamo la prima ottava della nostra estensione. Ripeto per quanti non hanno seguito i dettami di questa scuola, che mentre la prima ottava è un dono della Conoscenza, fissato nel DNA, che ci consente di parlare fluidamente, la seconda ottava è un residuo ancestrale della nostra animalità, quindi è seguito dalla parte più antica della mente, che non la considera una zona per la comunicazione corrente, ma per l'emergenza e per occasioni specifiche e particolari (aiuto, aggressione, dolore...). Ciò produce una spaccatura non solo nelle meccaniche produttrici, ma soprattutto nell'alimentazione respiratoria. Ciò comporta che nella seconda ottava risulta difficile, a volte difficilissimo parlare, perché il corpo interpreta i nostri tentativi di utilizzare vocalmente quella zona in modo espressivo, come uno sforzo e pertanto si genera una chiusura della glottide e un sollevamento del diaframma. L'errore, involontario, che fanno quasi tutti gli insegnanti, è di considerare la seconda ottava alla stregua della prima, da affrontare solo mediante un "passaggio". Un passaggio che, però, porta in una dimensione limitata, infatti la maggior parte dei cantanti in zona acuta ha soverchia difficoltà di pronuncia, tende a gridare, o comunque a cantare molto forte, e avverte notevole fatica. Infatti i danni che si producono agli apparati vocali, si realizzano più frequentemente affrontando la zona acuta. 

Ma torniamo a noi. Nel momento in cui immettiamo nella voce la volontà di cantare, compiamo più frequentemente distorsioni e modificazioni e soprattutto perdiamo quella spontaneità e leggerezza tipica del parlato fluente e tendiamo invece a spingere e cercare ausili muscolari di vario tipo, in base agli insegnamenti ricevuti o alle proprie idee. 

L'idea che la parola sia la chiave del grande canto artistico, che era presente nelle antiche scuole di canto o vocali comunque sia, oggi non sfiora quasi più alcun docente, mentre ha preso prepotentemente piede l'idea di utilizzare i movimenti interni (velopendulo, lingua, faringe, laringe, diaframma, muscolatura addominale dorsale, pelvica, ecc.). Questo fa sì che mentre un tempo tutte le voci riuscivano in tempi ragionevoli a produrre ottimamente gli acuti (lo possiamo vedere nelle cronache musicali ottocentesche sui giornali presenti anche in internet, quando in centinaia di teatri pressoché contemporaneamente si producevano opere di elevato impegno vocale), oggi abbiamo una vera crisi, per cui molte opere devono essere eseguite abbassando la tonalità, e anche con questo pessimo artificio mandare i cantanti incontro a problemi e prestazioni mediocri. 

Quindi, come ripeto, la chiave di volta per arrivare a una vocalità esemplare, è la dizione, la perfetta pronuncia. Peccato però che anche così non basti!! La tendenza istintiva, infatti, ci fa utilizzare prevalentemente la muscolatura, e la propriocezione di ogni vocale ci fa credere che ognuna di esse abbia un punto o zona interna dove "suona", dove si produce. La questione, purtroppo, è drammaticamente sbagliata! Se noi osserviamo il nostro parlato quotidiano, non possiamo fare a meno di notare che la voce suona e si produce esternamente! Questo però avviene in modo spontaneo, come camminare e respirare. Nel momento in cui vorremmo prendere coscienza del fenomeno, sleghiamo le relazioni esistenti e mandiamo tutto all'aria. Quindi, se da un lato è fondamentale eseguire esercizi i più precisi possibili sul parlato, dovremo arrivare a cogliere la verità di esso per poterlo utilizzare anche nel canto a livello espressivo e nel modo più raffinato e sensibile possibile. 

Questo significa mettere in relazione perfetta fiato e parola. Ma nel momento in cui io vi dico che dobbiamo estirpare la componente muscolare dalla pronuncia, per lasciarla unicamente al fiato, voi giustamente domanderete: ma cosa produce la pronuncia, se è esterna? 

La risposta, molto poco tranquillizzante, è che non vi sarà niente di fisico (o quasi) in questo processo. Labbra, lingua, cavità orale e faringea, potranno atteggiarsi a seconda delle vocali che andremo a pronunciare, ma in modo appena avvertibile e secondo impulsi mentali non dominabili volontariamente. Anzi, è proprio il voler "fare" volontariamente che interrompe quella fluidità indispensabile al buon canto, e quindi alla buona pronuncia.

La frase che più frequentemente pronuncio soprattutto con chi è già un po' avanti nello studio, è "lascia andare" o "lasciati andare". Non ci deve essere volontà di pronuncia. Noi dobbiamo "sentirla", viverla come spettatori. Non è un "emettere", un "proiettare", perché questo induce pressioni e spinte, ma come una sorta di magia, allorché le parole, o vocali, o sillabe, nascono davanti a noi e si muovono scivolando, senza impulsi e "botte", solo grazie al consumo di fiato e dove gli apparati si lascino percorrere inerzialmente, senza collaborare, soltanto rilassandosi. 

Dunque la pronuncia non esiste fisicamente, è un prodotto astratto della mente. Non si può chiedere "come faccio a fare quella "A", o "E", ecc. non esiste alcun modo pratico. Devo lasciare che avvenga. Poi naturalmente ci sarà anche una seconda fase: come faccio a intensificare o ridurre l'intensità? Tutto è legato al fiato, alla sua continuità, al suo consumo. Ma anche su questo dobbiamo porre attenzione: non si deve premere sul fiato, lo si deve lasciare fluire. L'unica parte del corpo che noi dobbiamo controllare è il torace. Mediante la postura "nobile", cioè col torace alto e avanzato che non ricade durante il canto, noi faremo sì che il fiato stesso "galleggi", cioè non sia premuto e non prema a sua volta su niente. La leggerezza e la purezza. La magia sarà quando riusciremo, senza volerlo praticamente, a produrre il canto con una perfetta pronuncia che si espanderà davanti a noi occupando tutto lo spazio possibile. E' l'espansione dell'amore, del coinvolgimento degli altri. Non si canta per sé, ma per la felicità condivisa.

Se non vi è chiaro qualcosa, chiedete, ma soprattutto: leggete il libro!

sabato, febbraio 08, 2025

La gola morta

 "Gola morta" è un termine che veniva usato anticamente dagli insegnanti di canto. Ritengo sia un attributo eccellente per caratterizzare lo stato interno degli apparati durante l'emissione. Purtroppo non è così facile da conquistare, ma è ciò che provo e che sento in chi canta esemplarmente quando la voce dà il massimo delle sue possibilità. Tutta la voce risuona esternamente e dentro si ha la sensazione di una incredibile rilassatezza dei tessuti e degli organi, compresa la laringe, il faringe, il velopendulo, la lingua... E' come se non avessero più alcun ruolo attivo, puri testimoni passivi di un evento demandato unicamente al fiato, che andrà a generare il canto nell'acustica esterna. Alleggerire, diminuire, togliere, ecc. sono i termini che devo utilizzare di continuo con gli allievi per far sì che evitino di partecipare e far partecipare il fisico al processo di emissione, al di là delle sole componenti respiratorie. L'atteggiamento o postura "nobile" è l'unica indicazione fisica che può essere consigliata per far sì che il fiato "galleggi", cioè non sia compresso o spinto in nessun mondo. Per il resto... basta la parola (senza riferimento all'antica pubblicità televisiva)! 

martedì, gennaio 07, 2025

Dosare il fiato

 Uno dei problemi che i trattatisti del canto si sono sempre posti, fornendo varie soluzioni, è stato quello del dosaggio del fiato durante l'emissione. I primi grandi e celebri maestri hanno identificato l'origine della forza propulsiva col petto. Mancini, in particolare, ne parla spesso nel suo trattato, Questo avveniva già in precedenza, mentre successivamente il petto ha perso centralità nell'attività respiratoria, mentre è andato assumendo sempre più importanza il diaframma. Nel primo e nel secondo caso, comunque, questo ruolo ha sempre occupato un posto fortemente attivo. Che fosse il petto o che fosse il diaframma, i maestri han sempre ritenuto che l'uno o l'altro dovessero premere, provocare pressione sul fiato, che poi si ripercuotesse sulla voce. 

Una forza esterna al fiato stesso, ovvero ai polmoni, genera una pressione incontrollabile, o comunque difficilmente controllabile, e sempre maggiore rispetto quella effettivamente necessaria. Questa è la causa principale della spinta, che non può che avere ripercussioni negative sulla voce. In particolare questo genera la perniciosa confusione con lo sforzo, cioè quella attività istintiva che si genera quando compiamo determinate attività, fisiologiche (come il parto o la defecazione o il semplice riacquistare la posizione eretta quando ci si piega in avanti, specie se sollevando un peso) o lavorative. 

Petto e diaframma non è che non abbiano un ruolo, ma... passivo! Passato un certo periodo di tempo dall'inizio della disciplina, quindi superate le reazioni istintive più violente, quando è consigliabile utilizzare una respirazione diaframmatica leggera, si potrà integrare quel tipo di respirazione con una costale, che significa sostanzialmente aprire le costole e tenere il torace alto e avanzato, omde permettere la massima espansione polmonare, sostenendolo con la muscolatura toracica, ma senza farlo richiudere, il che significa che non ci sarà pressione sul fiato stesso, il quale "galleggerà". Ciò che servirà al fiato per avere la giusta dose di energia, è il polmone stesso, che è dotato di una elasticità sufficiente al bisogno. Perché il suo apporto sia efficace, è necessario che la respirazione avvenga orizzontalmente, cioè tra le due ascelle. Questo comporta una dilatazione del polmone (e del suo involucro), che subito dopo vorrà riprendere le dimensioni iniziali, fornendo una modesta pressione sull'aria, senza le forze squilibrate dell'intera cassa toracica. Quanto al diaframma, come ho spiegato più volte, è importante che non abbia movimenti istintivi repentini. Esso ha un moto regolare che permette ai polmoni, appoggiati su di esso, di mantenere un ampio contatto e di fondare su di esso un efficace appoggio, che non deve essere aumentato, a costo di reazioni molto controproducenti.