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giovedì, febbraio 23, 2012

La bocca "naturale"

Il tema è già stato trattato, ma lo riprendo. Qualcuno dice, o può dire: ma quando io parlo la bocca si muove naturalmente e assume con morbidezza le varie posizioni delle vocali o delle sillabe. E' senz'altro vero. Dunque, la domanda che consegue può essere: perché devo o dovrei mettermi a studiare le posizioni che assume la bocca nelle varie vocali? A parte che non è così, cioè non c'è bisogno di fare questo studio particolareggiato, però c'è un fatto incontrovertibile: quando noi rallentiamo il parlato e lo vogliamo prolungare, che è un po' una semplificazione rozza del canto, noi ci accorgiamo di non saper più come atteggiare la bocca, perché veniamo investiti da difficoltà sconosciute provenienti dai muscoli della bocca stessa, e del collo, che ci fanno prendere coscienza che la bocca esiste, mentre durante il parlato fluido ciò non avviene. E' come camminare; chi si accorge di avere le gambe? Ma provate, senza tanto allenamento, a fare una lunga scala, ad esempio! Non solo vi mancherà il fiato, ma a un certo punto sentirete le gambe che si induriscono fino al punto di farvi fermare. Lo stesso avverrebbe se invece di camminare normalmente vi metteste a farlo in punta di piedi, oppure col "passo dell'oca", come capitava ai militari nelle dittature. Tutto ciò che esorbita dal nostro minimo consumo, appena intercettato dal nostro istinto, viene combattuto da dentro, cioè mediante forze, resistenze, disagi che ci costringono a fermarci e a "allenarci" se vogliamo superarlo. Quindi, a parte che nel parlato normale noi non usiamo realmente le condizioni più esemplari di forma, però anche ammettendolo, nel momento in cui vogliamo passare a un livello più elevato di utilizzo del parlato o cantato, noi ci troviamo in questa difficoltà. Lo studio, l'apprendimento, la disciplina, ci dovrà portare a RIACQUISTARE la stessa mobilità, elasticità, serenità e apparente noncuranza del parlato anche nel canto. Se poi, come di rado avviene, ci troviamo con un allievo che riesce, per doti sue, a cantare un testo a piena voce conservando la completa naturalezza del parlato ordinario, buon per lui, noi avremo una fase già risolta, e non dovremo far altro che far prendere coscienza l'allievo di questa sua fortuna e metterlo nelle condizioni di conservarla per sempre, il che significa non sottovalutare (MAI) l'istinto e dargli quel bagaglio indispensabile di cognizioni che possa applicare onde tener sotto controllo quella reazione che senza dubbio prima o poi si manifesterà.

4 commenti:

  1. Salvo5:39 PM

    Sto cercando di insegnare a mio figlio le basi per la corretta guida dell'auto. Quindi gli sto facendo un pò di pratica. Mi sono reso conto effettivamente di quanto sia difficile apprendere ,per chi sta alle prime armi, l'utilizzo dei meccanismi di guida che per noi "esperti" ormai sono automatici, naturali perchè fatti ogni giorno. L'istinto anche in questo caso la fa da padrone: la prima cosa che si fa alla guida è schiacciare il piede sull'acceleratore o meglio non riuscire a dosare il filo di gas che ti porta ad accelerare gradatamente risparmiando carburante. Ricordo mio padre che a sua volta mi diceva: "quando accelleri pensa di avere un uovo sotto il piede... fa in modo di non romperlo, usa moderazione,garbo e decisione".

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  2. Giustissimo. Faccio però una precisazione: spesso indichiamo come naturale ciò che è "meccanico, abituale, ripetitivo, mnemonico". Non è proprio esatto, anche se non così fondamentale, ma è bene saperlo. Nel canto sono in molti a pensare che si "memorizzino" le posizioni, si "abituino" gli atteggiamenti, si ripetano i meccanismi che diventano naturali, ma non è così. Il canto ha realmente una naturalezza di fondo, e cioè una "programmazione" da parte della nostra mente che adatta i nostri apparati a una richiesta/esigenza, quindi ciò che si fa nel canto non è abituare muscoli e apparati a porsi in determinati atteggiamenti che poi diventano naturali, ma recuperare una naturalità già esistente (vedi parlato) ma che scompare o si limita nel momento che noi diventiamo esigenti e chiediamo un livello di prestazione che è INNATURALE, non nel senso che non è previsto, ma nel senso che va oltre le esigenze di vita comune, per cui si crea una resistenza corporea. Se noi facciamo forza, in parte vinciamo la resistenza (a patto di esercitarci sempre), ma in parte ne stimoliamo l'ulteriore reazione, che appena "ci giriamo, ci frega". Le abitudini in genere non sono avversate dall'istinto, perché non vanno a minare le nostre funzioni fisiologiche, non chiedono particolari impegni fisici (anzi...) e non chiedono la commutazione di parti del nostro corpo a fini non previsti e inutili alla sopravvivenza, mentre addirittura stimola e favorisce atteggiamenti e situazioni che possono prevedere minor fatica, riposo, adagiamento.

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  3. Salvo8:37 AM

    Ecco allora la buona abitudine, io lo faccio ogni giorno, di pronunciare bene le parole, scandirle con chiarezza nei vari livelli, esercitarsi con filastrocche tipo quella del M° Antonietti (ma l'amore va...)oppure un giornale o un libro, nei vari gradi, fare ginnastica con le labbra ed i muscoli del viso (boccacce), ridere... e sentire la risposta del tuo corpo. E' giusto? Cioè abituare i meccanismi dell'istinto ad assecondare mano a mano attraverso questi esercizi l'impegno che ci vuole. E' così? Un caro saluto.

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  4. Sono tutti ottimi esercizi, da non abbandonare mai. Consiglio anche di eseguirli con voce sospirata e in falsettino.

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