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giovedì, gennaio 20, 2011

La fenomenologia musicale

A questo punto dovremmo entrare in questioni più specificatamente musicali; ritengo che questo argomento sia difficilmente generalizzabile, specie in questo ambito, quindi penso che il sistema migliore sia quello dell'esemplificazione, per cui nei prossimi post (con calma) prenderò in esame alcune arie.
Una premessa. Per affrontare questo argomento faccio riferimento a una disciplina che ho avuto la fortuna di studiare e applicare e che discende dalla scuola fenomenologica di Sergiu Celibidache. Nulla di trascendentale, ma, così come la scuola di canto di cui sono portatore, anche questa scuola null'altro è che la presa di coscienza dei fenomeni che determinano quest'Arte. Per chi è interessato a un approfondimento potrò fornire ulteriori dettagli.

Un brano musicale, così come un'aria, nel nostro caso, è un percorso. Un percorso nasce nelle prime battute che determinano i "semi", su cui si svilupperà l'intera composizione. Occorre prendere coscienza degli sviluppi che dai primi passi porteranno alla conclusione del brano; in breve: la fine è contenuta nell'inizio. Nessun fenomeno può essere considerato inutile, ma non sempre è così facile comprendere le azioni che hanno mosso il compositore, ma è indispensabile se si vuole eseguire il brano con oggettiva purezza. L'inizio, poi, non punta direttamente alla conclusione, ma ad un punto massimo (detto anche climax), che è il culmine delle tensioni. In effetti il compositore altro non fa nel suo percorso compositivo, che gestire delle tensioni. Se chi esegue il brano non è consapevole di questo, c'è il forte rischio che crei un percorso errato, cioè esalti eccessivamente le tensioni quando sono già evidenti, e le lasci cadere quando hanno invece necessità di essere sostenute. Ecco perché, ad es., è importante capire come "orientare" le ripetizioni. Un brano, specie di epoca antica, classica e anche romantica, è costellato di ripetizioni, le quali, se non sapute orientare, fanno cadere l'interesse verso il brano o parte di esso.
Potremmo definire lo spartito una cartina geografica, e la fenomenologia musicale la "bussola" che ci orienta verso la mèta. Molti esecutori, infatti, fanno già fatica e spesso confondono le valli e le montagne!
Come nella costituzione umana, anche la musica si basa su un "respiro" binario (come la respirazione, appunto, o come la camminata), e distinguiamo l'impatto dalla risoluzione. Occorre dunque individuare le frasi o semifrasi di impatto, di proposta, da quelle di risoluzione, di risposta, perché la loro esecuzione non può essere identica, così come nel parlare quotidiano diamo un carattere, un'intonazione, diversa a una domanda, a un'affermazione, a una risposta. Il fine di tutto ciò è UNIFICARE il brano, cioè far sì che la coscienza possa assimilare il brano come un'unità, e non come un insieme di cose (note, parole, frasi, accenti, ecc.) più o meno slegate. Questo è il concetto di libertà, il concetto di gioia, ma anche quello che permette alla nostra coscienza di riconoscere sé stessa, il proprio presente, passato e futuro.

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