Tornando rapidamente su quanto scritto, annoto che la maggior parte dei tenori dice "gélida manina, cioè con la é stretta"; alcuni dicono: "cheggelida". Il raddoppio della consonante iniziale è una pratica ammessa anche dalla lingua italiana, ma a patto che ci sia una sillaba atona, cioè priva di accento, prima. A casa, può trasformarsi in "accasa" (Cavalleria rusticana), sempre che non si enfatizzi troppo. Quello degli accenti corretti è sempre stato un capitolo sottovalutato, ma oltre al fatto che comunque è un modo corretto di pronunciare l'italiano (così come è impensabile che un attore non reciti con gli accenti giusti), l'accento corretto migliora anche la posizione e l'intonazione del suono. In questa sede, almeno per ora, non tocchiamo i problemi legati a testi in altre lingue.
Il capitolo successivo riguarda il legato. Non mi riferisco, per ora, al fraseggio, che è capitolo molto più complesso cui giungerò più avanti, e che comunque è somma di diverse componenti, tra le quali appunto il legato.
Il legato è anch'esso, come l'accento, un elemento che può influire positivamente sulla correttezza di emissione. Spezzare una parola in tante sillabe non è solo un delitto verso la recitazione, ma anche un pessimo sistema di canto, perché il fiato non può uscire con la dovuta fluidità. C'è da osservare, inoltre, che un ottimo legato migliora anche la qualità del suono. Ribadisco, e lo farò fino alla consunzione mia, che chi in nome del legato sacrifica la pronuncia è fuori dall'Arte, non sa cosa fa, cosa dice, cosa insegna. Quando si raggiunge la capacità di sostenere adeguatamente la perfetta pronuncia, si accorgerà che il legato diventa altrettanto facile, non essendo altro che la libertà di proiezione del fiato, non ostacolato; quando le singole vocali non si riescono a pronunciare perfettamente significa che il sistema vocale è ancora acerbo. Banalmente occorre osservare in primo luogo le legature espressive poste dal compositore. Sembra dire una banalità persino offensiva, ma voi provate ad ascoltare un'aria qualsiasi del grande repertorio seguendo lo spartito, e guardate in che misura vengono osservate! Ricordo che quando uscì la Boheme diretta da Karajan si gridò al miracolo perché la Harwood, che impersonava Musetta, aveva seguito alla lettera tutte le indicazioni pucciniane. Puccini, come già parecchio Verdi, costellano le partiture di indicazioni, seguirle non è così facile, ma è indispensabile che questo lavoro venga eseguito scrupolosamente, come fa ogni buon musicista. Purtroppo già dall'800 emerse un pessimo concetto di "interpretazione", secondo il quale ognuno doveva fare "ciò che sentiva", il che si traduceva nel cambiare sistematicamente tempi, note, dinamiche, agogiche e ogni tanto pure le parole (oltre a tagli ogni dove).
Legamento e portamento non sono la stessa cosa. Un tempo si faceva abuso di portamenti, oggi si è persino esagerato nell'eliminarli. Il portamento è un legato estremo, che in alcuni momento può essere un buon sistema espressivo. Certo, occorre saperlo fare, come tutto del resto. I punti più difficili ove svolgere il legato sono i salti lunghi, come le ottave. Lì si sentono delle cadute, anche di stile, imbarazzanti. Ecco che le consonanti, di cui al post precedente, diventano indispensabili. Appoggiando convenientemente la consonante di salto, si riuscirà a collegare i due suoni apprezzabilmente, con omogeneità di timbro e senza scalini di registro. Gli allievi sono portati, quando il salto è verso il basso, a "tirare indietro" il suono, mentre l'idea, che poi è la realtà, deve sempre essere quella di emettere fiato, quindi di mandare avanti il suono.
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