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domenica, ottobre 30, 2011

Le canne d'organo e il legato

Lo strumento vocale umano non è direttamente riconducibile ad altri strumenti costruiti dall'uomo; possiede le corde, come violino, chitarra, pianoforte, ma funziona ad aria, come un clarinetto, un organo o una tromba. Questo è motivo di tanta confusione in chi lo utilizza e in chi lo insegna, perché non sa bene a che tipologia tecnica o meccanica far riferimento, per cui spesso si taglia corto dicendo: lo strumento umano non si vede, ed è per questo che è difficile da imparare ad usarlo. Come ho già espresso in passato, il fatto di non vedere lo strumento è del tutto ininfluente, non ha alcuna importanza. Anche dell'organo si vedono solo la tastiera, la pedaliera, gli strumenti di registrazione e qualche canna, e non è così indispensabile conoscere tutto il complesso meccanismo che ne governa il funzionamento, perché non è compito dell'organista andare a manipolarlo: ciò che deve imparare a fare è la musica, cioè produrre le giuste note con i giusti registri avendo presente i criteri che permetteranno a quei suoni di sublimarsi in arte musicale (ammesso che sia possibile con un organo, ma questo è un dilemma che non investe queste pagine). Orbene l'organo ci serve per una analogia. A ogni tasto corrisponde una canna di un determinato registro, che avrà altezza, diametro (calibro) e caratteristiche proprie e dovrà ricevere una determinata quantità e qualità d'aria (ognuno si renderà conto che l'organo è di una rozzezza infinita, se paragonato al funzionamento automatico del nostro organo vocale). Ora, facendo ad esempio una scala di cinque note su un organo, noi andremo a mettere in risonanza cinque canne diverse, ognuna con proprie caratteristiche, ma tali che, se abbiamo usato uno stesso registro, questi suoni saranno contraddistinti da omogeneità timbrica (se l'organo è valido, ovviamente). Siccome la voce è automatica e non è di per sé suddivisa in note e registri, il più delle volte si tende ad affidarsi al caso, ovvero alle capacità automatiche della mente, per mantenere omogeneità e validità ai vari suoni eseguiti. Questo potrebbe anche funzionare, ma, senza necessità di affidarsi a tecniche meccanicistiche o cervellotiche, noi possiamo fare qualche ragionamento utile e semplice (che non significa facile). Nell'eseguire la scaletta con la voce, noi rischiamo di avere suoni non perfettamente intonati e non perfettamente omogenei. Come possiamo fare a raggiungere questo obiettivo? Il consiglio è proprio quello di riferirsi all'organo, con una precisazione peculiare della voce. Così come ogni suono dell'organo richiede una canna, anche ogni suono richiede una propria "canna", cioè una conformazione precisa degli apparati vocali. Questa conformazione non può e non deve essere studiata e indotta volontariamente, è già insita nella nostra natura, che sa "sintonizzare" gli apparati, cioè armonizzarli. Questo a patto di non aver creato tensioni e difetti tali da aver compromesso questo automatismo. In ogni caso, noi dobbiamo considerare che per passare al suono successivo, come l'organo cambia canna (e il chitarrista e il violinista e il pianista cambiano dito) anche nella fisiologia vocale umana gli apparati dovranno modificarsi di quel poco che sarà necessario all'adattamento. Ma questo cambiamento il più delle volte è frenato o condizionato dall'istinto e dalle sensazioni soggettive, per cui non si lascia avvenire fluidamente il passaggio ma: o lo si trattiene o lo si spinge, spesso anche a causa del blocco laringeo che ognuno tende un po' a fare. Come si può ottenere questo "cambio di canna" (o di corda, o di dito, o come meglio preferite) nella voce umana senza far leva su muscoli o cartilagini, ecc? Con la peculiarità della voce, cioè la pronuncia (che io definisco "art.1 comma 1", cioè il motore fondamentale della nostra educazione vocale). Se vogliamo emettere una scaletta ad es. di tre U (do-re-mi-re-do), noi dovremo emettere assolutamente e "maniacalmente" 5 U, vale a dire che dovremo ARTICOLARE le vocali badando innanzitutto che si tratti realmente di quelle vocali, e non false o simili tipo O strette, e in secondo luogo che ognuna sia pronunciata con sicurezza e precisione al momento giusto; in altre parole, dobbiamo badare che tra la prima e la seconda vocale non ci siano "buchi", ma non ci sia nemmeno una "spinta" del primo suono verso o dentro il secondo. Così come il chitarrista per fare un fa sulla prima corda deve mettere il dito sul primo tasto e non girare il pirolo per tirare la corda, o il pianista cambiare il dito e portare il peso sul secondo dito liberando il primo, e l'aria dell'organo della prima canna passare alla seconda, l'uomo può compiere questo "prodigio" semplicemente (ma non facilmente) pronunciando ogni vocale con determinazione e correttezza. Al resto pensa il nostro organismo che è già predisposto per realizzare il giusto (anche l'intonazione magicamente risulterà perfetta). Contrariamente a quanto si può pensare a prima vista, questa iperarticolazione non produrrà un effetto di suoni separati, ma il più bel legato possibile.

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