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mercoledì, marzo 14, 2012

"La fatal gola sopra me si chiuse" (di Napata le gole)

Uno dei problemi cardine nel canto consiste nella sensazione o nella reale constatazione che in determinati momenti la gola si chiude o stringe. Quando si ha percezione di ciò, si prende anche atto di un maggior sforzo nell'emissione, di un peggioramento della qualità del suono e in minori possibilità di espansione e intensità. Dunque è logico che la gola debba stare aperta. Ma come, e come impedire che avvenga questo restringimento, e perché avviene? Credo che più o meno tutti sappiano, si rendano conto, che questo avviene in modo sempre più evidente man mano che si sale nella tessitura, vuoi in vocalizzo che su frasi. La maggior parte delle scuole per opporsi a questa situazione fa la cosa più ovvia, cioè cerca di tenerla aperta facendo forza sulla muscolatura ipofaringea. Questa soluzione, pur semplice e apparentemente logica, è la più sbagliata che si possa attuare e porta solo a gravi difetti e perdita di qualità. Allora: perché avviene? Quando si sale nell'estensione, le corde si fanno sempre più tese e la pressione del fiato aumenta. La pressione del fiato aumenta in parte per poter vincere la resistenza delle corde, in parte per la spinta diaframmatica incontrollata reagente al peso che si trova a sostenere. Questa spinta si manifesta con la pressione sottoglottica, cioè una forza sotto la laringe che tende a sollevarla verso l'alto. Sollevandosi la laringe anche il faringe tende a stringersi (e infatti c'è chi allarga la gola, chi preme sulla laringe e chi fa entrambe le cose). Sappiamo che la laringe non sta e non deve stare immobile, ed è sbagliatissimo ritenere che la si debba bloccare con i muscoli, proprio perché è uno strumento "mobile", che necessita di piccoli ma essenziali movimenti che consentano alle cartilagini e alle stesse corde vocali di trovare le condizioni più idonee ai loro movimenti e alla loro estensione (ricordiamo che il faringe ha una forma a "imbuto", e dunque nella parte alta c'è più spazio che in basso). Come già annotava Garcia, nei suoni acuti e in alcune vocali chiare, la laringe DEVE alzarsi; impedirglielo equivale a forzare e distorcere gli apparati. Dunque esiste una relazione tra il tipo di vocale che si intende emettere, il fiato che deve produrre il suono corrispondente all'altezza e alla intensità e la posizione della laringe (indirettamente anche il diaframma). L'imperfezione di uno o più di questi elementi produrrà il restringimento della gola e una emissione scadente. Quindi se la pronuncia non è valida, non è pura (si veda la questione della "candela" davanti alle labbra degli antichi maestri), non avrò il fiato corrispondente, per cui ci sarà quasi certamente anche un'imperfetta intonazione, e un gola aperta in modo non idoneo. Il problema più importante da superare è la spinta istintiva, perché se non si evita questo, ogni altro contributo è inutile. Non posso entrare adesso troppo nel merito, se no viene un altro post lunghissimo, comunque le strategie per migliorare le condizioni sono quelle più volte rammentate: canto sussurrato, falsettino, parola sempre pronunciata con grande precisione, senza aria insonora, senza "inquinamenti", una nota alla volta, tornando indietro a ogni traccia di difetto, tornando poi sulla nota precedente, con adeguati riposi. In questo modo si aggira la reazione istintiva, che non consiste, come qualcuno scioccamente vorrebbe supporre, nello smontare la voce e rimontarla al contrario, che proprio non ha riferimenti in tutto quanto è stato detto e scritto fin ora in questa scuola, ma nel disciplinarla al fine di permetterle di funzionare a un livello superiore. Quando la pronuncia sarà bella, chiara, vera, il fiato "domato", noi avremo una stabilità assoluta della laringe, che non sarà più portata a compiere movimenti indotti dall'azione valvolare, ma solo dalla pronuncia stessa, a ogni altezza. Naturalmente tutto ciò è provato da chi scrive e dagli allievi più avanti negli studi, non sono parole al vento.

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