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giovedì, marzo 01, 2012

Saper ascoltare.

Lo si dice a gran voce ormai da molti anni, che la gente non sa più ascoltare, ma non il canto: il prossimo! Ognuno vuole affermare sé stesso, il proprio ruolo, e quindi non si fa altro che interrompere l'interlocutore o, peggio, mentre qualcuno risponde o esprime il proprio pensiero, si continua a seguire il proprio, e quando si riprende la parola non si fa alcun riferimento a quanto l'altro ha detto. A Firenze c'è un modo di dire: due sordi che si incontrano: "O indò 'ttu vai? - Le son cipolle! - E icché 'ttu porti? Vo a Firenze!". Ecco, e sempre riprendendo Celibidache: "sordi siete". Se non siamo capaci di ascoltare cosa ci dicono le persone (perché poi gli esempi sopra sono plateali, ma il "non ascolto" può andare in direzioni molto più complesse e inquietanti), figuriamoci come siamo messi con la musica e il canto! Saper ascoltare significa avere, in primo luogo, una coscienza libera, un'anima serena e trasparente. Non sono parole senza significato, "voli pindarici". Significa non avere pregiudizi, non basarsi su preconcetti, su idee radicate senza confronto e senza disponibilità di critica. A me può piacere molto un cantante anche se la critica lo tartassa. E' un "mi piace", cui nessuno ha il diritto di porre veti. Questo da un lato, che può anche essere e rimanere l'unico, nessuno è obbligato a render conto degli interessi, dei piaceri, delle idee di un altro. Se però intende esprimere una valutazione o un giudizio, o se è tenuto a farlo per lavoro o attività che assume un rilievo pubblico (e ormai con internet è quasi tutto pubblico!), le cose vanno un po' diversamente, perché allora le espressioni necessiterebbero di competenza. Ma chi, come, garantisce? Allora, soprattutto nei forum e nei siti dove si possono fare discussioni aperte, ognuno manifesta la propria autorevolezza nell'unico modo possibile nelle discussioni, cioè autoreferenziadosi! Oggi non usa più molto dire: lei non sa chi sono io, ma di fatto è ciò che avviene, e provati a dire: ma forse non hai coltivato l'orecchio, se non sai cantare a un livello analogo. Apriti cielo; la frase, su cui avevo già dissertato in passato, è: le orecchie le ho anch'io. Bene, ma come lo dimostri? Dicendolo? Comunque questo livello di discussione è inutile da rivangare, bisogna solo saperlo gestire. Ciò che si vorrebbe adesso è dare consigli su come ascoltare. Al di là del conoscere o meno un brano musicale, ogni ascolto dovrebbe essere puro, cioè non teso a "ri"ascoltare un brano, ma a fruirne come se fosse la prima volta che lo sentiamo. E non fare, subitamente, confronti e graduatorie. Quando si ascoltano registrazioni o performances amplificate, limitare le valutazioni e mettere sempre degli "ammortizzatori" dovuti al filtro elettronico. Vorrei anche consigliare di porsi in ascolto positivo, cioè non partire dall'idea che si sentirà una schifezza, ma pronti ad accogliere con gioia e piacere qualsivoglia produzione. Celibidache raccontava nelle sue interviste di aver sentito una banda, un duo di violinisti da strada o altre situazioni casuali e amatoriali fare grande musica, il che, apparentemente, farebbe a cazzotti con la sua proverbiale pignoleria e severità nel dichiarare pessime alcune sue stesse esecuzioni. In ognuno ci può essere del bello, del grande, del vero, e può scaturire nelle situazioni più inimmaginabili. Dunque essere pronti a cogliere e valorizzare tutto ciò che di bello e di virtuoso può esserci. Molti pensano che dando giudizi o valutazioni, positive o negative che sia, si sia non umili, presuntuosi, ecc. Purtroppo è la loro posizione la prima a denunciare presunzione, perché nel dare del presuntuosi ci si pone automaticamente su un piano più elevato. In ogni modo la cosa più utile è rivelare il motivo di un giudizio; dire che un tizio canta male giusto per insultarlo può essere foriero di polemiche e sostanzialmente inutile. Se lo si pone come esempio positivo, allora può essere corretto discuterne perché c'è un potenziale scopo educativo, anche se difficilmente si giunge a una condivisione di giudizio, perché ognuno ritiene sempre di aver ragione. E questa è la logica della vita, è l'energia che fa andare avanti il mondo, e non ci possiamo far niente, qualcuno alza la voce, qualcuno agita i pugni, qualcuno tacitamente manda a quel paese ("tanto ho ragione io"), qualcuno ha ragione davvero ma non può dimostrarlo, e quindi non resta che prendere atto di tutto ciò, nel bene e nel male.

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