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lunedì, marzo 12, 2012

Un salto... nella luce! - terzo step

Giustamente qualcuno rimane stupito e scettico sulla possibilità che si possa superare l'istinto, posto che ammetta che sia questo la causa delle difficoltà che si incontrano nell'elevare artisticamente la voce umana. Ripartiamo da dove eravamo rimasti. Prendiamo in esame delle tecniche note: tutti gli insegnanti esercitano la voce mediante vocalizzi; durante i vocalizzi esortano: "apri la gola; alza il velopendolo; gonfia la pancia e anche la schiena; metti la voce verso gli occhi, in maschera..." questi credo siano i consigli più diffusi. Più concretamente cosa succede? Che l'allievo canterà forte, perché le voci liriche, comunemente, devono tirar fuori più voce possibile; questo genera "peso", ovvero pressione del fiato. La pressione del fiato preme anche sul diaframma, il quale nei primi tempi "reagisce", cioè tende a sollevarsi con forza, ma col tempo, a seconda della "tolleranza" dell'istinto, CEDERA', cioè diminuirà la sua energia reattiva. Fin qui la questione istinto non è di grande importanza. Sennonché qualcosa capita, il più delle volte. Ad esempio: la laringe tende a salire quando si va verso l'acuto. Perché? E come si evita? e... è davvero da evitare? Cosa c'è dietro il movimento ascensionale della laringe? Andiamo avanti. A un certo punto i suoni diventano urlati, brutti, fissi. Quasi tutti ci diranno di "coprire" i suoni, ovvero oscurarli. Ognuno spiega in modo personale questo momento, ma in ogni modo quasi tutti agiscono così. Perché? Poi abbiamo consigli solo un po' meno diffusi: "fai girare il suono dietro la nuca, buttalo verso il centro del cranio; alzalo; punta al fondo della schiena; appoggia sui muscoli inguinali; sorridi; porta il mento indietro; non aprire la bocca; fai rientrare la pancia;...". Questi consigli guardati sotto una certa luce risultano quasi pazzeschi, incomprensibili nella loro arbitrarierà rispetto a un qualunque percorso logico. A cosa mai può far riferimento un "giro dietro la testa"? Il suono, il fiato, non escono certo dalla nuca, quindi spiegare la validità di un simile consiglio è quasi impossibile. I risultati non potranno essere validi, però non è impossibile che ci siano comunque dei miglioramenti dal punto di vista del colore, che si andrà ad oscurare, e del volume intrinseco, che aumenterà. Tutta questa attività, in un modo o nell'altro, attiene ad una forte attività muscolare che non migliorerà, invece, la qualità del fiato, che è da sempre ritenuta la vera e unica fonte del belcanto. Da qualche anno stanno emergendo anche le scuole di canto "naturale", un po' come i prodotti alimentari biologici; giustamente si vuol tornare alla Natura. Da quanto leggiamo, però, a un certo punto qualcosa di naturale impedisce una regolare e omogenea ascesa verso l'acuto. Perché? Si sa, da sempre, avvalorato e specificato dagli studi fisio-anatomici, che esistono due meccaniche, popolarmente definite petto e falsetto. Perché? Cioè, se il canto fosse naturale, come alcuni vorrebbero, dovrebbe esistere una sola e unica "corda" o meccanica, che in questo modo assicurerebbe omogeneità e gradualità. Invece così non è: come mai? Come spiegano costoro l'esistenza di questi "scalini"? E come mettono in pratica la necessità di omogeneizzazione? Cioè questo passaggio esiste o non esiste? e se sì, come viene superato? Ci sono coloro che negano l'esistenza dei registri, e imperterriti negano la necessità dell'oscuramento. I cultori della trattatistica del passato, poi, dovrebbero riferirsi a questa per superare l'ostacolo dei registri, ma non si sente in giro parlare dell'uso alternato di falsetto e petto, come si faceva generalmente prima della metà dell'800... Insomma, potremmo andare avanti a lungo a porre domande sul perché e il percome tutte le scuole di canto, con un sistema o l'altro, suggeriscono questo o quel modo di superare delle difficoltà che sempre e necessariamente si frappongono a un utilizzo completo ed efficace della voce artisticamente intesa. Non se ne viene a capo, da quanto leggo su libri, siti, atti di convegni. Alcuni sono più grossolani e pratici nel lavoro di insegnamento, alcuni, forse la maggior parte, pieni di attenzioni, ma alla fine della fiera non molto diversi nella incapacità di fornire spiegazioni realmente convincenti; anzi i primi manco ci provano! Gli affondisti, ad esempio, partono dal principio che fare determinate, semplici "manovre", porta ad acquisire molto timbro e volume, e seguono quella strada senza tante "paranoie". Sulla qualità artistica del risultato, sul "quanti" possono usufruire di simile tecnica efficacemente non si discorre, ma è poi anche vero che non tutti possono davvero arrivare a cantare a un certo livello...
Allora, per chi riesce ancora a seguirci, veniamo al punto forte, cioè il superamento dell'istinto. L'istinto è una sorta di "programma" che risiede in alcune parti del nostro cervello, comanda alcuni impulsi nervosi e le emozioni. Le emozioni non sono che pulsioni rimaste in una memoria fissa, che si tramandano col dna: la paura (con le sue numerose sfumature), la necessità di scappare, di aggredire, la sensazione di rimanere esclusi, la gioia, ecc., sono tutti aspetti legati alla nostra infanzia di esseri viventi (milioni di anni), di uomini (centinaia di migliaia di anni), e di soggetti concreti (pochi anni). Questo "programma" risiedendo nel cervello ed essendo molto "veloce", più della neocorteccia, la parte più attuale ed elaborante, riesce a bloccare e aggirare alcune azioni e alcuni pensieri che ritiene "pericolosi" per sé stesso e per la nostra esistenza. Come ho già spiegato, il nostro istinto ci induce a sprecare meno risorse possibili, per cui noi siamo già portati naturalmente a ritenere che c'è un limite insuperabile a ogni nostra azione. E' poi vero che popolarmente si dice che con la volontà ogni limite è superabile, ma in genere non ci si crede, perché superare l'istinto può rappresentare un pericolo, e inoltre richiede e implica un impegno mentale e fisico che esso non tollera. Per cui è più facile pensare che alcuni riescono perché sono fenomeni e stop. Difficile pensare di imitarli (o li si imita "pedestremente", senza poter sondare le cause che permettono di esibirsi a quel livello) o che sia possibile raggiungere quello stesso livello. Veramente i bambini questo limite non lo avvertono, e credono di poter far qualunque cosa (questo fino verso i 12/13 anni). Non per nulla i più grandi artisti, in genere, hanno iniziato assai presto la loro attività, come musicisti, ballerini, pittori, scultori, ecc. Nell'ambito del canto, i castrati. Il cantante "moderno", cioè dell'era attuale, inizia lo studio dopo i 16 anni, cioè già in piena adolescenza, se non dopo ancora, e quindi è già entrato nella fase in cui ritiene difficile superare il limite. Noi non possiamo immaginare come sarà la nostra voce "esemplare", perché è una sensazione sconosciuta. Grazie a una guida, o, eccezionalmente, seguendo un esempio eccezionale (ammesso che siamo in condizione di riconoscerlo), noi possiamo fornire alla mente nuovi dati ottenendo, con la nostra voce, un risultato inaspettato. Quando noi riusciamo a ottenere un risultato migliore di quanto ci aspettiamo, proiettiamo la mente oltre l'intenzione, oltre quanto ci è dato sapere, per cui spostiamo il limite. Se ci fidiamo della nostra guida o delle nostre intuizioni, questo limite si può spostare fino al limite estremo, cioè quel "non oltre" che ci permette il miglior risultato ottenibile con i nostri mezzi umani. Questo limite però non è più assoggettato all'istinto, è solo più un limite fisio-anatomico, un nuovo senso, che non necessita più di continuo allenamento, perché non esiste più la causa che crea tutte quelle difficoltà e che i cantanti devono tenere sotto controllo, perché altrimenti l'istinto si "riprende" in quanto non necessario. L'istinto, per essere superato, deve essere ingannato e aggirato, non assecondato! Se io canto perennemente forte, sì che ne mitigo la reazione, ma intanto faccio assegnamento sul fisico, che non potrà essere tonico per tutta la carriera, salvo eccezioni, per cui nella fase di apprendimento dovrò far leva sul canto piano e pianissimo, sussurrato, sull'agilità (avete notato che le voci molto agili e che mantengono l'agilità per tutta la carriera, durano più a lungo?), sulla parola. La sola parola è già in grado di educare una voce a livelli straordinari, perché il nostro istinto tollera il parlato come una necessità, e dunque estendendolo il fiato si educherà di conseguenza. E' però un tipo di disciplina troppo univoca e impegnativa per la mente e il corpo, quindi è più prudente e saggio passare anche attraverso altri tipi di esercizio, che diano anche più soddisfazione all'apprendista cantante. Quando, un bel giorno, ci si accorge che il suono si forma pressoché autonomamente fuori della bocca praticamente senza volontà, senza impegno, ci si porrà anche l'interrogativo: ma come è possibile? cioè, nonostante tutto quanto sappiamo, appare quasi un miracolo che un suono bello, ricco, fluido, rotondo, possa scaturire con una semplicità paragonabile al parlato, almeno per oltre metà della propria gamma, e appena poco di più nella zona acuta. Quando ciò avviene, e sappiamo che non è un caso, ecco che nasce una gioia e una consolazione straordinarie, che non ha prezzo. Si vorrebbe portare tutti con sé in questo regno sconosciuto, ma non è possibile, perché, come nel labirinto, la maggior parte non vuole, non ci crede, non si fida, e questo, ancora una volta, è dovuto al nostro istinto, che ci crediate o no!
Suol dirsi che chi segue una strada sconosciuta fa un salto nel buio, ma l'Arte è esattamente l'opposto: un salto nella luce:
E l'onda di luce infinita m'invade
Mi prende e mi porta
Al di fuori del tempo.
Dall'onda contemplo l'immenso
Che chiaro m'appare.

[M. Antonietti]

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