Translate

sabato, marzo 17, 2012

"un folle t'accese..." elogio della follia

Pur citandolo spesso e aver indicato alcuni passi biografici, non ho mai compiutamente descritto il maestro Antonietti. Siccome lo sport di cercare di mettere in difficoltà l'interlocutore citando qualche frase o avvenimento imbarazzante è sempre vivo, ritengo sia la volta buona di parlare di questo personaggio straordinario, sicuramente, ma secondo un certo modo di vedere e pensare, "folle".
Partirò però da me stesso. Nel 1983, già corista al Teatro Regio di Torino, ebbi indicazione dell'esistenza di uno straordinario insegnante nei pressi di Arezzo. Questa notizia non mi entusiasmò più di tanto perché avendo frequentato alcuni insegnanti di canto, oltre al mio, e avendo conosciuto molti aspiranti cantanti e quindi relative scuole, anche piuttosto celebri, come quella di Elio Battaglia, mi ero fatto la convinzione che un maestro come mi figuravo io, un grande maestro, fosse inesistente, un puro ideale, e capitava che sognassi un simile personaggio. Quindi, nonostante la notizia mi fosse stata fornita a Settembre, io andai per una prima lezione, sfruttando una visita ai miei parenti fiorentini, solo a Dicembre, tra Natale e Capodanno. Il giorno prima della visita, gli feci una telefonata per annunciarmi, e le poche parole mi lasciarono un po' perplesso. Non so esattamente il motivo, ma mi ero già fatto l'idea che quell'uomo fosse un po' matto. Quando arrivai ad Arezzo e fui introdotto al cospetto del maestro, egli non mi degnò di molta attenzione, mi fece sedere e proseguì la sua lezione alla presenza di un baritono che non conoscevo ancora. Gli esercizi che sentii fare (più che altro sul parlato o parlato intonato), mi riempirono di perplessità, perché mi pareva che non venisse fuori la voce, e non capivo assolutamente l'utilità di quel modo di cantare, se così si può dire, per me che avevo sempre e solo fatto vocalizzi o frasi di una certa complessità. Dopo un po' feci la lezione, che andò molto bene, superai i limiti della mia estensione fino ad allora coperta, ma non avevo cambiato idea. Dopo la lezione andammo a cena, e durante il pasto vennero fuori alcune cose molto importanti: io, un po' timidamente, dissi che secondo me la tecnica "andava superata". Il maestro fece un salto sulla sedia e si rivolse agli altri due chiedendo se avevano ben sentito: mi guardarono sorridendo e dissero: il maestro chiama questo: senso fonico. Poco dopo dissi, sempre un po' imbarazzato, che secondo me il miglior cantante era Schipa. Nuovo salto sulla sedia. Il maestro alla fine volle darmi tutti i suoi appunti. Tornai a casa e nonostante tutto non ero convinto. Cominciai a leggere, e con la superficialità e la poca convinzione che ancora avevo, mi pareva che dicesse le stesse cose di tutti, in particolare sulla respirazione. Ma a un certo punto venne fuori un foglio dove parlava di filosofia (o meglio gnoseologia). Fu una botta tremenda, perché mi bastarono poche righe per catalogare quell'uomo tra i folli, e quindi assurdo pensare di seguirlo. Chiusi la cartella e la riposi. Tutto avrebbe potuto finire lì, e io forse avrei vissuto anche più tranquillamente, ma certo avrei avuto dei vuoti esistenziali non indifferenti. Sicuramente, nonostante riconosca di avere capacità di ricerca, di analisi, di comparazione, ecc., non sarei arrivato neanche lontanamente a intuire ciò che grazie a lui sono riuscito ad assimilare e interiorizzare. In quel periodo al Regio si preparava un'opera nuova, il Gargantua di A. Corghi. La parte del coro non era tanto difficile quanto molto "disordinata", si declamava, si rideva, e si copriva, bassi e baritoni, una estensione ragguardevole, dal mib grave al sol acuto. Quando avevamo tre ore di prova io uscivo sempre col mal di gola (senza contare che avevo sempre raffreddore, sinusite, ecc. e andavo incontro molto spesso a spoggio della voce, di cui mi rendevo pienamente conto). Un giorno, prima dell'inizio della prova, la collega che mi aveva segnalato il m° mi vide e mi chiese se volevo fare qualche minuto di esercizi con lei. Solo per cortesia accettai, e per la prima volta (perché dal maestro non si fece una lezione vera e propria) anch'io feci quegli "strani" esercizi sul parlato. Al termine delle tre ore non avevo affatto mal di gola. La cosa mi lasciò dubbioso. Solo il giorno dopo ci fu un'altra prova di tre ore; feci i miei "normali" vocalizzi, e al termine di nuovo uscii col mal di gola. Allora la prova successiva cercai io la collega cui chiesi di fare i "suoi" esercizi. E nuovamente uscii senza mal di gola. Feci ancora un paio di prove, dopodiché mi fu palese che se anche con pochi esercizi, nemmeno fatti sotto la sua supervisione, riuscivo a migliorare la situazione vocale, qualcosa di interessante c'era. E così decisi di andare a fare un'altra lezione, ed era già passato oltre un mese. Per non fare una figuraccia, ripresi in mano la cartellina con gli appunti e ripresi a leggere, cercando di evitare i preconcetti, anche se quelle frasi mi riapparivano davanti e mi lasciavano molto titubante circa l'opportunità o meno di frequentare un personaggio così poco "normale". Comunque la lezione, la prima vera lezione, ebbe un risultato addirittura straordinario, molto al di là di quanto mi sarei potuto aspettare, e questo segnò un altro punto a suo favore. E successe un altro fatto, molto importante. Siccome ogni giorno, e talvolta persino due volte al giorno, facevo la tratta Asti - Torino in treno, presi a leggere con molta calma e attenzione gli appunti del maestro. Siccome lessi che era importante non leggere fluidamente, ma cercare di approfondire ogni frase, considerando che il tempo lo avevo, feci così, e piano piano mi accorsi che tutto cambiava volto, che le parole "si animavano", che il paesaggio mutava, che improvvisamente molte parole e concetti che avevo letto come "normali", assumevano una valenza ben più profonda e intrigante. In particolare entrai finalmente nel concetto di respirazione, che non mi appariva più così semplice e comune, ma assumeva un ruolo del tutto diverso e finalmente chiaro. Con questo non posso dire di aver capito subito tutto. Perché tutto mi apparisse completamente chiaro, non mi vergogno a dire che ci sono voluti circa 20 anni! Certo, tutto era imbastito già dopo 3 o 4 anni, la terminologia, le implicazioni, le relazioni, erano tutte ben chiare nella mia mente, ma non avevo la piena coscienza. Cantavo bene ma non sempre, e soprattutto in pubblico mi rendevo conto di rendere a un livello assai minore di quanto le mie conoscenze mi avrebbero dovuto permettere. E posso dire che è stato grazie in parte alla volontà di insegnare, quindi di dover rispondere a ogni domanda e esemplificare ogni cosa, in parte allo scrivere, che necessita di una chiarezza mentale sempre lucida, e al rileggere e al risentire lezioni su cassetta, che sono arrivato alla conquista completa e cosciente di quest'Arte. Qualcuno chiederà: "ma chi lo dice?" e io rispondo: chi può dirlo, se non io? (comunque il maestro me lo disse che avevo già conquistato gran parte del suo pensiero, e che sapevo elaborarlo, e che quindi sarei stato il suo continuatore). --- pausa ---

Nessun commento:

Posta un commento